#2012

06/10/2016

Alma Reville, la moglie di Alfred Hitchcock, non solo esercitò notevole influenza sull’opera del marito, ma coltivò una sua propria carriera cinematografica, prima e dopo il loro matrimonio nel 1926. Alma cominciò come assistente al montaggio e segretaria di edizione, e aveva una maggior esperienza professionale rispetto al futuro marito quando i due si incontrarono, nei primi anni Venti. Fu assistente alla regia nel primo film firmato da Hitchcock, The Pleasure Garden, e proprio sulla nave che dalla Germania li riportava in Inghilterra, alla fine delle riprese, Hitchcock le chiese di sposarlo. Da lì in poi Alma lavorò a quasi tutti i film del marito, talora accreditata talora in modo più informale. Il talento di Mrs Hitchcock risulta evidente tanto dai film a cui lavorò insieme al marito, come Murder!, quanto da quelli che scrisse per altri registi, come The Constant Nymph, The First Born e After the Verdict.

Programma a cura di Bryony Dixon

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06/10/2016

Negli Stati Uniti e nell’Europa occidentale, il passaggio dal muto al sonoro fu rapido e di fatto completo intorno al 1930. In Giappone il processo fu più lento e graduale: i primi esperimenti datano agli anni Venti ma i film parlati si imposero veramente solo nel 1936, mentre un certo numero di film muti continuò a essere prodotto fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale. La retrospettiva esplora questo momento di passaggio, con particolare attenzione all’uso creativo che i cineasti giapponesi seppero fare della nascente tecnologia del suono. Dai maestri riconosciuti come Kenji Mizoguchi ad artisti dimenticati come Yasujiro Shimazu e Sotoji Kimura, i registi risposero con slancio inventivo alle sfide del sonoro, dando vita a un suggestivo panorama di film semiparlati, documentari, musical e melodrammi capaci di sfruttare in molti modi diversi le opportunità offerte dalla nuova tecnologia.

Programma a cura di Alexander Jacoby e Johan Nordstrom

In coproduzione con National Film Center – The National Museum of Modern Art, Tokyo

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06/10/2016

Questa breve incursione nel cinema indiano è il frutto di una serie fortunata di incontri che hanno come comune denominatore la cinefilia. Il primo dei cinefili è Martin Scorsese, che nel 2008, lavorando al documentario su George Harrison e attraverso Ravi Shankar, scopre il film musicale Kalpana, scritto, diretto e coreo­grafato dal fratello di Ravi, Uday Shankar.Scoperto da Anna Pavlova negli anni Venti e osannato dalle pla­tee prima europee, poi indiane, Uday Shankar – di cui James Joy­ce scrisse: “Si muove sul palcoscenico come una semi-divinità” – realizzòKalpana verso la fine della sua carriera. Il film, visio­nario e tecnicamente e artisticamente innovativo, riscosse uno straordinario successo per poi scomparire del tutto dagli schermi. Nel 1967 Uday Shankar inviò al National Film Archive of India di Pune un internegativo di Kalpana, al fine di conservare il film e di permettere la stampa di nuove copie da proiezione.Per moltissimi anni una causa giudiziaria ha impedito al film di essere proiettato e solo nel 2012, grazie all’impagabile sostegno di un altro cinefilo, Shivendra Singh, la World Cinema Founda­tion è riuscita a restaurarlo e a garantirgli nuova vita sul grande schermo.Shivendra Singh è anche l’autore e il produttore di Celluloid Man, storia del cinema indiano attraverso il ritratto di Paramesh Kri­shnan Nair, storico e cinéphile di fama internazionale, allievo e amico di Ritwik Ghatak, fondatore del National Film Archive of India (di cui è stato direttore per oltre tre decadi), curatore delle prime retrospettive in India dedicate a Bergman, Kurosawa, Wajda, Jancsó, Zanussi, De Sica, Fellini, Antonioni.Completa il nostro omaggio un restauro a lungo atteso, il capo­lavoro di Ghatak Meghe Dhaka Tara (La stella nascosta), definito da Serge Daney “uno dei cinque o sei più bei melodrammi della storia del cinema”.

(Cecilia Cenciarelli)

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06/10/2016

Accanto ai film muti come sempre accompagnati dal vivo, quest’anno una speciale sezione, tra eventi musicali e inediti percorsi di ricerca, esplorerà le multiformi interazioni tra immagini e suoni, dagli esperimenti sonori del primo Novecento alle nuove partiture musicali per i classici di sempre. Due i cineconcerti di Piazza Maggiore. Sabato 23 giugno Prix de Beauté di Augusto Genina, ultimo film europeo interpretato da Louise Brooks, risplenderà in Piazza Maggiore accompagnato dalla nuova partitura di Timothy Brock eseguita dall’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna. Secondo appuntamento all’insegna della comicità, con le avventure e le disavventure del vagabondo Charlot: tre cortometraggi di Chaplin (The Immigrant, The Rink e Easy Street) saranno accompagnati dal vivo, ancora dall’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, con le nuove partiture di Timothy Brock, Neil Brand e Antonio Coppola.

Programma a cura di Mariann Lewinsky

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06/10/2016

Jean Grémillon (1901-1959) è forse il meno conosciuto dei grandi registi francesi, un artista che ha saputo indagare come pochi altri il senso delle relazioni umane e la loro connessione con la natura e i suoi elementi (l’acqua, le rocce, le onde, l’argilla). Era già un maestro al tempo del cinema muto (periodo di cui proporremo opere come Maldone, interpretato dal grande attore teatrale Charles Dullin, o Gardiens de phare, dramma della lotta dell’uomo contro la potenza dell’oceano), prima di firmare capolavori come Gueule d’amour, Remorques, Lumière d’été, Le Ciel est à vous (tutti presenti in programma). Tra i volti più espressivi del suo cinema, l’icona per eccellenza del cinema francese tra le due guerre, l’immenso Jean Gabin.

Programma a cura di Peter von Bagh

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06/10/2016

Dal 2003 il festival ricerca in tutto il mondo e mostra, ogni anno, i film realizzati esattamente cent’anni prima. Un progetto sperimentale che si propone di costruire una nuova storia delle origini del cinema, il periodo più dinamico e sconosciuto. Dell’anno 1912 proporremo alcuni dei più preziosi tesori ‘ritrovati’, dalla straordinaria produzione italiana dell’anno all’effervescente leggerezza delle commedie americane Vitagraph. Mariann Lewinsky ci accompagnerà in un percorso che intende mostrare i film meno conosciuti, seguendo percorsi tematici (il doppio, lo specchio), storico-politici (il colonialismo) o tecnici (il Pathé Kok, primissimo sistema di cinema domestico), ricostruendo storie produttive (la Vitagraph) o d’autore (Max Mack).

Programma a cura di Mariann Lewinsky

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06/10/2016

Dopo le belle sorprese che ci ha riservato lo scorso anno la retrospettiva su Boris Barnet, scopriamo un altro maestro sovietico del musical, della commedia e del dramma. Non c’è dubbio che molti dei film di Pyr’ev, come La carta del Partito o I cosacchi del Kuban, siano storicamente ambigui, nel loro affiancamento del regime – ma sarà difficile non restare ammirati di fronte a un cineasta capace di rappresentare quel gigantesco inganno con tanta musicalità e umorismo. Conosciuto soprattutto per i musical che hanno come interprete la moglie Marina Ladynina, Pyr’ev ha diretto Alle sei di sera dopo la guerra, uno dei migliori film sulla Seconda guerra mondiale; conoscitore sensibile del patrimonio di tradizione e folclore russo, in altri film, come La canzone della terra siberiana, è riuscito a essere un poeta.

Programma a cura di Olaf Möller

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06/10/2016

Dopo von Sternberg, Capra, Ford e Hawks, aspettatevi nuovi brividi: questa volta tocca a Raoul Walsh (1887-1980), cineasta dell’avventura e del cinema puro, del grande spettacolo e dei profondi silenzi. I film di Walsh sono un’avventura interiore, i suoi personaggi sono tormentati da un passato oscuro eppure instancabili nella ricerca del proprio posto nel mondo, il suo cinema virile è abitato da memorabili figure di donna: pochi registi hanno saputo scavare, dentro il solco della formula hollywoodiana, un così personale percorso. Il programma si compone di una selezione di film muti e di alcuni tesori del periodo sonoro (tra gli uni e gli altri, il magnifico formato panoramico di Il grande sentiero del 1930, con un John Wayne poco più che ventenne). Walsh ha diretto Robert Mitchum, Gary Cooper, Clark Gable in alcuni dei loro ruoli definitivi, in film come Notte senza fine, Tamburi lontani, La banda degli angeli: tutti in programma nelle migliori copie oggi disponibili.

Programma a cura di Peter von Bagh

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06/10/2016

Quando la prima catastrofe dell’economia americana sconvolse il mondo nel 1929, il cinema reagì a quel terremoto in vari modi – e i più immediati non furono necessariamente i più interessanti. Gli anni che seguirono il crollo di Wall Street significarono Grande Depressione, disoccupazione, il baratro tra poveri e ricchi sempre più oscenamente spalancato – un mondo che ballava ai bordi d’un vulcano e la crisi che dilagava, mentre la Seconda guerra mondiale si faceva più vicina. In questi anni appaiono film come Seifenblasen di Slatan Dudow, New Earth di Joris Ivens, storico documentario anni Trenta sulle nuove terre strappate al mare e sulle controverse conseguenze economiche della conquista, Man’s Castle di Frank Borzage, capolavoro di romanticismo disperato all’ombra della crisi,Hard to Handle di Mervin LeRoy, Sonnenstrahl di Paul Fejos, Darò un milione di Mario Camerini, Komödie om Geld di Max Ophuls e lo svedese Petterson och Bendel di Per-Axel Brenner, probabilmente il primo film antisemita europeo. A fare da apripista, il capolavoro di Julien Duvivier David Golder, del 1933, tratto dal romanzo di Irène Némirowsky e interpretato dal grande Harry Baur.

Programma a cura di Peter von Bagh

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06/10/2016

Lois Weber (1879-1939) è stata una delle più importanti registe e sceneggiatrici del cinema muto americano. Il festival presenta la prima rassegna d’ampio respiro dedicata al suo lavoro: tra gli oltre quaranta lungometraggi e il centinaio di shorts che Weber ha scritto, diretto e spesso interpretato verranno selezionati i film più recentemente riscoperti e restaurati. Lois Weber fece il suo ingresso nell’industria del cinema in un’epoca, gli anni Dieci, in cui alla presenza delle donne veniva attribuito un valore specifico e un ruolo cruciale: anche per questo, lungo una carriera trentennale, qualsiasi tema affrontassero (la povertà, la dipendenza dalla droga o la pena capitale, ma anche contraccezione, sessualità e matrimonio), i suoi film hanno sempre avuto al centro intensi e complessi personaggi femminili.

Programma a cura di Shelley Stamp

 

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06/10/2016

Tra gli ospiti di quest’anno, grande attesa per l’arrivo di John Boorman, regista visionario celebre per titoli come Un tranquillo week-end di paura, Duello nel Pacifico, Excalibur, Anni ‘40. Il regista, nato a Londra nel 1933 e cresciuto alla scuola della New Hollywood, presenterà in Piazza Maggiore il suo lungometraggio del 1967 Point Blank e incontrerà il pubblico del Cinema Ritrovato dopo la proiezione del documentario Me and Me Dad (2012), a lui dedicato dalla figlia Katrine.

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06/10/2016

In anni, come i nostri, in cui il documentario vive una stagione di straordinaria vitalità (nonostante l’indifferenza della televisione), proponiamo una nuova sezione che farà scoprire alcuni maestri dimenticati. Partiamo con il francese di origine italiana Mario Ruspoli, che nel 1962 coniò l’espressione ‘cinema diretto’ e la cui camera a spalla è sempre stata alla ricerca di uno sguardo autentico sulla realtà. I documentari di Ruspoli furono prodotti da Anatole Dauman, un nome storico per il cinema francese ‘moderno’(Hiroshima non amour, L’anno scorso a Marienbad): sua figlia Florence ha riportato oggi alla luce un’opera unica, attenta ai contesti meno scontati e visibili: la caccia alle balene nelle Azzorre, la povertà dei contadini, gli ospedali psichiatrici. Anche il documentario italiano del passato costituisce uno dei grandi buchi neri della storiografia del cinema. La Cineteca di Bologna conserva una delle collezioni più ricche: dal nostro archivio proviene gran parte dei materiali che saranno presentati al festival, documentari poco noti o sconosciuti di registi come Florestano Vancini, Giuseppe Ferrara, Gian Vittorio Baldi, Cecilia Mangini, Raffaele Andreassi, Elio Piccon, Luigi Di Gianni. La collaborazione con Rogosin Heritage prosegue con il restauro di Black Roots (1970).

Programma a cura dell’Archivio Film della Cineteca di Bologna,in collaborazione con Doc/it

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13/09/2016

In anni, come i nostri, in cui il documentario vive una stagione di straordinaria vitalità (nonostante l’indifferenza della televisione), proponiamo una nuova sezione che farà scoprire alcuni maestri dimenticati. Partiamo con il francese di origine italiana Mario Ruspoli, che nel 1962 coniò l’espressione ‘cinema diretto’ e la cui camera a spalla è sempre stata alla ricerca di uno sguardo autentico sulla realtà. I documentari di Ruspoli furono prodotti da Anatole Dauman, un nome storico per il cinema francese ‘moderno’(Hiroshima non amour, L’anno scorso a Marienbad): sua figlia Florence ha riportato oggi alla luce un’opera unica, attenta ai contesti meno scontati e visibili: la caccia alle balene nelle Azzorre, la povertà dei contadini, gli ospedali psichiatrici. Anche il documentario italiano del passato costituisce uno dei grandi buchi neri della storiografia del cinema. La Cineteca di Bologna conserva una delle collezioni più ricche: dal nostro archivio proviene gran parte dei materiali che saranno presentati al festival, documentari poco noti o sconosciuti di registi come Florestano Vancini, Giuseppe Ferrara, Gian Vittorio Baldi, Cecilia Mangini, Raffaele Andreassi, Elio Piccon, Luigi Di Gianni. La collaborazione con Rogosin Heritage prosegue con il restauro di Black Roots (1970).

Programma a cura dell’Archivio Film della Cineteca di Bologna,in collaborazione con Doc/it

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13/09/2016

In anni, come i nostri, in cui il documentario vive una stagione di straordinaria vitalità (nonostante l’indifferenza della televisione), proponiamo una nuova sezione che farà scoprire alcuni maestri dimenticati. Partiamo con il francese di origine italiana Mario Ruspoli, che nel 1962 coniò l’espressione ‘cinema diretto’ e la cui camera a spalla è sempre stata alla ricerca di uno sguardo autentico sulla realtà. I documentari di Ruspoli furono prodotti da Anatole Dauman, un nome storico per il cinema francese ‘moderno’(Hiroshima non amour, L’anno scorso a Marienbad): sua figlia Florence ha riportato oggi alla luce un’opera unica, attenta ai contesti meno scontati e visibili: la caccia alle balene nelle Azzorre, la povertà dei contadini, gli ospedali psichiatrici. Anche il documentario italiano del passato costituisce uno dei grandi buchi neri della storiografia del cinema. La Cineteca di Bologna conserva una delle collezioni più ricche: dal nostro archivio proviene gran parte dei materiali che saranno presentati al festival, documentari poco noti o sconosciuti di registi come Florestano Vancini, Giuseppe Ferrara, Gian Vittorio Baldi, Cecilia Mangini, Raffaele Andreassi, Elio Piccon, Luigi Di Gianni. La collaborazione con Rogosin Heritage prosegue con il restauro di Black Roots (1970).

Programma a cura dell’Archivio Film della Cineteca di Bologna,in collaborazione con Doc/it

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13/09/2016

In anni, come i nostri, in cui il documentario vive una stagione di straordinaria vitalità (nonostante l’indifferenza della televisione), proponiamo una nuova sezione che farà scoprire alcuni maestri dimenticati. Partiamo con il francese di origine italiana Mario Ruspoli, che nel 1962 coniò l’espressione ‘cinema diretto’ e la cui camera a spalla è sempre stata alla ricerca di uno sguardo autentico sulla realtà. I documentari di Ruspoli furono prodotti da Anatole Dauman, un nome storico per il cinema francese ‘moderno’(Hiroshima non amour, L’anno scorso a Marienbad): sua figlia Florence ha riportato oggi alla luce un’opera unica, attenta ai contesti meno scontati e visibili: la caccia alle balene nelle Azzorre, la povertà dei contadini, gli ospedali psichiatrici. Anche il documentario italiano del passato costituisce uno dei grandi buchi neri della storiografia del cinema. La Cineteca di Bologna conserva una delle collezioni più ricche: dal nostro archivio proviene gran parte dei materiali che saranno presentati al festival, documentari poco noti o sconosciuti di registi come Florestano Vancini, Giuseppe Ferrara, Gian Vittorio Baldi, Cecilia Mangini, Raffaele Andreassi, Elio Piccon, Luigi Di Gianni. La collaborazione con Rogosin Heritage prosegue con il restauro di Black Roots (1970).

Programma a cura dell’Archivio Film della Cineteca di Bologna,in collaborazione con Doc/it

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13/09/2016

In anni, come i nostri, in cui il documentario vive una stagione di straordinaria vitalità (nonostante l’indifferenza della televisione), proponiamo una nuova sezione che farà scoprire alcuni maestri dimenticati. Partiamo con il francese di origine italiana Mario Ruspoli, che nel 1962 coniò l’espressione ‘cinema diretto’ e la cui camera a spalla è sempre stata alla ricerca di uno sguardo autentico sulla realtà. I documentari di Ruspoli furono prodotti da Anatole Dauman, un nome storico per il cinema francese ‘moderno’(Hiroshima non amour, L’anno scorso a Marienbad): sua figlia Florence ha riportato oggi alla luce un’opera unica, attenta ai contesti meno scontati e visibili: la caccia alle balene nelle Azzorre, la povertà dei contadini, gli ospedali psichiatrici. Anche il documentario italiano del passato costituisce uno dei grandi buchi neri della storiografia del cinema. La Cineteca di Bologna conserva una delle collezioni più ricche: dal nostro archivio proviene gran parte dei materiali che saranno presentati al festival, documentari poco noti o sconosciuti di registi come Florestano Vancini, Giuseppe Ferrara, Gian Vittorio Baldi, Cecilia Mangini, Raffaele Andreassi, Elio Piccon, Luigi Di Gianni. La collaborazione con Rogosin Heritage prosegue con il restauro di Black Roots (1970).

Programma a cura dell’Archivio Film della Cineteca di Bologna,in collaborazione con Doc/it

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13/09/2016

In anni, come i nostri, in cui il documentario vive una stagione di straordinaria vitalità (nonostante l’indifferenza della televisione), proponiamo una nuova sezione che farà scoprire alcuni maestri dimenticati. Partiamo con il francese di origine italiana Mario Ruspoli, che nel 1962 coniò l’espressione ‘cinema diretto’ e la cui camera a spalla è sempre stata alla ricerca di uno sguardo autentico sulla realtà. I documentari di Ruspoli furono prodotti da Anatole Dauman, un nome storico per il cinema francese ‘moderno’(Hiroshima non amour, L’anno scorso a Marienbad): sua figlia Florence ha riportato oggi alla luce un’opera unica, attenta ai contesti meno scontati e visibili: la caccia alle balene nelle Azzorre, la povertà dei contadini, gli ospedali psichiatrici. Anche il documentario italiano del passato costituisce uno dei grandi buchi neri della storiografia del cinema. La Cineteca di Bologna conserva una delle collezioni più ricche: dal nostro archivio proviene gran parte dei materiali che saranno presentati al festival, documentari poco noti o sconosciuti di registi come Florestano Vancini, Giuseppe Ferrara, Gian Vittorio Baldi, Cecilia Mangini, Raffaele Andreassi, Elio Piccon, Luigi Di Gianni. La collaborazione con Rogosin Heritage prosegue con il restauro di Black Roots (1970).

Programma a cura dell’Archivio Film della Cineteca di Bologna,in collaborazione con Doc/it

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22/04/2016

Quest’anno cinefilia sarà una sezione vera e propria, con incontri e proiezioni, dedicata all’amore per il cinema come fenomeno storico e movimento spontaneo che oggi sembra rinascere in forme nuove grazie alla rete (blog, siti, riviste online). Vedremo e ascolteremo autorevoli studiosi di cinema internazionali che discutono e si confrontano sulla cinefilia di passato e presente, interrogandosi su cosa stia diventando l’amour du cinéma nell’era del digitale. 

Programma a cura di Peter von Bagh, Gian Luca Farinelli, Roy Menarini e Guy Borlée

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14/04/2016

Il Cinema Ritrovato prosegue il percorso di ricerca sui colori originali dei film, che conosce oggi una seconda vita grazie alle tecnologie digitali. Rivivranno quest’anno le sfarzose scenografie del kolossal biblico Sansone e Dalila di Cecil B. DeMille, la spettacolare epopea di Lawrence d’Arabia di David Lean, i salti tra presente in bianco e nero e gli azzurri assolati di un’estate in Riviera di Bonjour tristesse di Otto Preminger, e tutte le meraviglie cromatiche di Duello a Berlino, riflessione sulla guerra della coppia Powell & Pressburger (presentato da Thelma Schoonmaker, vedova di Michael Powell nonché mitica montatrice di Scorsese). Anche quest’anno continueremo a ‘ritrovare’ le colorazioni del cinema muto, con la loro qualità perduta e meravigliosa: ogni giorno corti o lungometraggi ci faranno (ri)scoprire le tecniche antiche su grande schermo.

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13/04/2016

Come ogni anno, torna l’appuntamento con i capolavori della storia del cinema, i migliori restauri internazionali e film ritrovati ai quattro angoli del pianeta. Tra gli eventi più attesi, la ‘extended version’ di C’era una volta in America di Sergio Leone, restaurata dalla Cineteca di Bologna e presentata in anteprima al Festival di Cannes. La nuova versione è arricchita di venticinque minuti inediti, tagliati in fase di montaggio all’epoca della produzione, nel 1984. Torna così sullo schermo il maestoso affresco di Leone, epica celebrazione dell’America e del suo cinema e ultima fatica della sua carriera. E  ancora: La grande illusione di Jean Renoir, il capolavoro pacifista interpretato da Jean Gabin; uno dei film più belli e oggi più rari della Nouvelle Vague francese, Lola di Jacques Demy, con la più struggente, seducente Anouk Aimée; Les Misérables, seriale versione anni Trenta di uno dei romanzi con cui ogni età del cinema si è confrontata; nell’ambito del Progetto Rossellini verrà presentato il restauro di Viaggio in Italia, uno dei capolavori della coppia Rossellini/Bergman e uno dei film-apripista del cinema moderno. Anche quest’anno il festival accoglierà la World Cinema Foundation, creata nel 2007 da Martin Scorsese e altri cineasti contemporanei per restaurare i tesori del cinema mondiale. Quest’anno sarà la volta di due splendide, necessarie riscoperte: l’indiano Kalpana (1948) di Uday Shankar e l’indonesiano After the Curfew (1954) di Usmar Ismail. Per festeggiare i dieci anni del progetto di restauro Avant-Garde Masters della Film Foundation, saranno presentati due programmi di film sperimentali: da Andy Warhol al mitico Film con Buster Keaton, prima e unica incursione cinematografica di Samuel Beckett.

Programma a cura di Peter von Bagh, Gian Luca Farinelli e Guy Borlée

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