La Romana

Luigi Zampa

Sog.: Alberto Moravia. Scen.: Giorgio Bassani, Ennio Flaiano, Alberto Moravia, Luigi Zampa. F.: Enzo Serafin. Mo.: Eraldo Da Roma. Scgf.: Flavio Mogherini. Mu.: Franco Mannino, Enzo Masetti. Su: Roy Mangano, Bruno Moreal. Int.: Gina Lollobrigida (Adriana), Daniel Gélin (Mino), Franco Fabrizi (Gino), Raymond Pellegrin (Astarita), Pina Piovani (madre di Adriana), Xenia Valderi. Prod.: Dino De Laurentiis, Carlo Ponti. Pri. pro.: 27 ottobre 1954 35mm. D.: 94’. 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Roma, 1935: la diciannovenne e povera Adriana è indotta dall’ambiziosa madre a fare la modella per un pittore. Contro la volontà materna, inizia una relazione con l’autista Gino, con cui ha il primo rappor­to sessuale, e che le promette di sposarla. La collega Gisella, cinica mantenuta, la butta tra le braccia di Astarita, un pezzo grosso della polizia politica. Dopo avere saputo da quest’ultimo che anche Gino in realtà è sposato, Adriana comincia a prostituirsi. In seguito si innamora di Giacomo detto Mino, educato studente antifascista. Ma Gino le presenta il bruta­le Sonzogno, un ex pugile assassino, ed è l’inizio dei suoi guai. Zampa è sempre stato considerato un ar­tigiano indifferente a questioni di stile. La romana è uno dei film che mostrano quan­to certe tradizioni critiche siano infonda­te. Anzi, è forse il film più esplicitamente calligrafico di Zampa, dove la ricerca di uno stile alto e complesso è profusa in ogni inquadratura. In parte dipende dal soggetto: è un film in costume, ambienta­to nella Roma fascista. In parte dipende dalle esigenze dei produttori: girare un su­perspettacolo d’autore (anche se nel 1954 non si diceva ancora così), con una star (Gina Lollobrigida), un marchio di qualità letteraria (il romanzo di Alberto Moravia) e una confezione all’altezza. Zampa viene chiamato alla regìa dopo il successo di Processo alla città e di Anni facili. Una prima versione della sceneggia­tura è già stata presentata da Ponti e De Laurentiis in censura, ma è stata bocciata. Forte della lunga lotta intrapresa per Anni facili, Zampa riesce a realizzare il film sen­za troppi compromessi. Due cose danno fastidio ai censori: il fatto che uno dei per­sonaggi, Astarita, appartenga all’Ovra, la polizia politica fascista; e la rappresenta­zione diretta della sessualità. I riferimenti al fascismo passano in secondo piano, ma la protagonista Adriana, avviata alla pro­stituzione dalla necessità, dall’ambiente e dalla madre avida e cinica, rimane: ed è un personaggio che stride nell’Italia di Don Camillo e del nascente neorealismo rosa. Zampa racconta la realtà senza ipocrisie e con durezza, sulla scia di Moravia mostra la pochezza di un certo antifascismo, e tra le righe mostra come l’Italia del 1935 non sia molto diversa da quella democristiana. E intanto gira un grande film, con una ri­costruzione scenografica mirabile, ombre espressioniste, sequenze hitchcockiane, e la consapevolezza che dietro gli ideali e la morale gli uomini sono mossi da altri im­pulsi. Non è poco: il cinema italiano degli anni Cinquanta post-neorealista non era tutto omologato all’insegna del centrismo e del rappel à l’ordre.

Alberto Pezzotta

Copia proveniente da

Restaurato nel 2009 presso Studiocine, con il contributo di Sky Italia, da un controtipo scena e un negativo colonna, su autorizzazione di Compass Film