PASSAGGIO IN INDIA. BREVE OMAGGIO DI CINEFILI A CINEFILI
Questa breve incursione nel cinema indiano è il frutto di una serie fortunata di incontri che hanno come comune denominatore la cinefilia. Il primo dei cinefili è Martin Scorsese, che nel 2008, lavorando al documentario su George Harrison e attraverso Ravi Shankar, scopre il film musicale Kalpana, scritto, diretto e coreografato dal fratello di Ravi, Uday Shankar.
Scoperto da Anna Pavlova negli anni Venti e osannato dalle platee prima europee, poi indiane, Uday Shankar – di cui James Joyce scrisse: “Si muove sul palcoscenico come una semi-divinità” – realizzòKalpana verso la fine della sua carriera. Il film, visionario e tecnicamente e artisticamente innovativo, riscosse uno straordinario successo per poi scomparire del tutto dagli schermi. Nel 1967 Uday Shankar inviò al National Film Archive of India di Pune un internegativo di Kalpana, al fine di conservare il film e di permettere la stampa di nuove copie da proiezione.
Per moltissimi anni una causa giudiziaria ha impedito al film di essere proiettato e solo nel 2012, grazie all’impagabile sostegno di un altro cinefilo, Shivendra Singh, la World Cinema Foundation è riuscita a restaurarlo e a garantirgli nuova vita sul grande schermo.
Shivendra Singh è anche l’autore e il produttore di Celluloid Man, storia del cinema indiano attraverso il ritratto di Paramesh Krishnan Nair, storico e cinéphile di fama internazionale, allievo e amico di Ritwik Ghatak, fondatore del National Film Archive of India (di cui è stato direttore per oltre tre decadi), curatore delle prime retrospettive in India dedicate a Bergman, Kurosawa, Wajda, Jancsó, Zanussi, De Sica, Fellini, Antonioni.
Completa il nostro omaggio un restauro a lungo atteso, il capolavoro di Ghatak Meghe Dhaka Tara (La stella nascosta), definito da Serge Daney “uno dei cinque o sei più bei melodrammi della storia del cinema”.
(Cecilia Cenciarelli)