The Immigrant

Charles Chaplin

T. it.: L’emigrante. Scen.: Charles Chaplin. F.: Roland Totheroh. Int.: Charles Chaplin (un emigrante), Edna Purviance (un’emigrante), Kitty Bradbury (madre della ragazza), Albert Austin (emigrante slavo/cliente al ristorante), Henry Bergman (donna slava/pittore), Loyal Underwood (l’emigrante piccolo piccolo), Eric Campbell (capocameriere), Stanley Sanford (giocatore d’azzardo), James T. Kelley (uomo al ristorante), John Rand (ubriaco senza soldi), Frank J. Coleman (ufficiale di bordo/ proprietario del ristorante), Tom Harrington (impiegato). Prod.: Charles Chaplin per Lone Star Mutual. Pri. pro.: 17 giugno 1917 DCP. D.: 24’ a 20 f/s. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Per il suo umanesimo, per la violenta polemica racchiusa nella sua famosa sequenza dell’arrivo degli emigranti a New York, L’emigrante costituisce uno dei momenti chiave di Chaplin e della sua opera. […] L’arrivo che descrive nel suo film non è solo simbolico dell’esperienza vissuta in prima persona – forse – ma anche di quella di centinaia di migliaia di uomini e donne che erano approdati negli Stati Uniti in trent’anni. […] La produzione chapliniana degli anni 1916-1917, della serie Mutual, comprende numerosi capolavori (Charlot usuraio, La strada della paura, L’emigrante) che sono fra i più virulenti pamphlet sociali dell’autore. […] Lui che arriva negli Stati Uniti come nella terra promessa, sinonimo di libertà e di infinite possibilità, vi trova una società chiusa e puritana che vede di cattivo occhio i nuovi arrivati e contrappone loro le armi tradizionali degli oppressori: la ricchezza egoista, l’intolleranza religiosa e politica, la violenza al servizio dei privilegiati. In altri termini, Charlot, il piccolo ebreo cacciato dall’Europa dai pogrom, trova in America una società in cui l’ebreo, il rosso e i poveri sono schedati come sospetti. E quando si pensa all’accanimento con cui quella società ha perseguitato Chaplin durante la sua permanenza, non ci si può sorprendere che abbia continuato la sua satira sarcastica anche dopo che un eccezionale successo professionale e sociale lo mise al riparo da preoccupazioni materiali, se non morali, e creò le condizioni di una sua possibile integrazione. Ma Chaplin non si integrerà mai perché è l’Ebreo errante, il luftmensch incapace di stabilizzarsi definitivamente in un luogo: resterà per tutta la vita un immigrante temporaneo.

Marcel Martin, Charlie Chaplin, Seghers, Paris 1966

Copia proveniente da

Restaurato dalla Cineteca di Bologna presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata nel 2012 in collaborazione con Lobster Films e David Shepard
Nuova partitura scritta da Timothy Brock ed eseguita dal vivo dall’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna