Pillars Of Society

Raoul Walsh

T. it.: Le colonne della società. Sog.: dal dramma omonimo di Henrik Ibsen. Scen.: Frank E. Woods. Int.: Henry B. Walthall (Karsten Bernick), Mary Alden (Lona Tonnesen), George Beranger (Johan Tonnesen), Josephine Crowell (madre di Karsten), Juanita Archer (Betty), Olga Grey (Madame Dorf). Prod.: Triangle Film Corporation. Pri. pro.: 27 agosto 1916 35mm. L.: 1088 m. D.: 52’ a 18 f/s. Imbibito / Tinted. 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Le colonne della società è tratto da un dramma di Henrik Ibsen, “probably il mi­glior drammaturgo del mondo” secondo l’istruttiva didascalia iniziale, che prose­gue anticipando il succo della storia: l’ipo­crisia è il peggior vizio borghese e solo Ve­rità e Libertà sono i veri pilastri dell’ordine sociale. In realtà quando scrive Le colon­ne della società, nel 1877, Ibsen non è ancora il miglior drammaturgo del mondo (Casa di bambola, Gli spettri, La donna del mare arriveranno uno dopo l’altro negli anni successivi), e questo suo esordio nel ‘dramma sociale’ non è propriamente un capolavoro. Il cinema tuttavia ne apprez­zerà il contorto viluppo mélo di relazioni parentali, colpe e improbabili redenzioni: una prima trasposizione sullo schermo è del 1911, seguiranno nel 1920 un vehicle per la regina delle scene inglesi Ellen Terry (e infatti l’intreccio viene qui rimodellato sulla figura di Mrs Bernick, madre del pro­tagonista) e nel 1935, in Germania, uno dei primi film firmati Detlef Sierck, futuro Douglas Sirk. E Walsh? Walsh, nel 1916, è nel pieno del suo rodaggio hollywoodiano. Pillars of Society non può vantare la “po­tente drammaticità di Regeneration” (Pa­olo Cherchi Usai), tragica storia di reden­zione impossibile con Anna Q. Nilsson che Walsh aveva diretto l’anno prima, ma esi­bisce sicurezza compositiva e anche una certa cultura internazionale nell’allestire un set dettagliato, sovraccarico e piuttosto cupo che fa davvero somigliare il film a un melodramma nordeuropeo (con un tocco forse di lieve parodia?). La sceneggiatura di Frank E. Woods, storico collaboratore di Griffith da A Corner in Wheat a Nascita di una nazione, riallinea nel tempo quel che in Ibsen è un incastro di flashback, e ci fa più agevolmente seguire l’avventura di un protagonista senza qualità, più in­fingardo che veramente corrotto, e, cosa che emergerà ancora nel cinema maturo, virile e ‘autoriale’ di Walsh, dominato da svariate e interessanti figure femminili: segretamente fidanzato con una vicina di casa, il nostro va a far la bella vita a Parigi dove si lascia sedurre da un’attrice che lo sovrasta in statura e temperamento, poi torna e, costretto dalla madre e da motivi di opportunità economica e sociale, sposa la sorella della fidanzata promessa, che giustamente lo prende a sberle e d’ora in poi incomberà su di lui come severo ange­lo custode della sua discutibile morale… Più fonti indicano il film come ‘supervisio­nato’ da David W. Griffith. Volendo, si può anche pensare che per certi versi anticipi, o partecipi allo stesso clima, di certe dra­medies morali di DeMille (le prime datano al 1918), che parlando di matrimonio, adulterio e denaro ugualmente sottopor­ranno ad acuta analisi le strutture sociali – certo con altra ironia e altra modernità.
(Paola Cristalli)

 

Copia proveniente da

Restauro eseguito da Library of Congress presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata a partire da un positivo nitrato imbibito