SAILOR’S LUCK
T. it.: Marinai a terra. Sog.: Bert Hanlon. Scen.: Charlotte Miller, Marguerite Roberts. F.: Arthur C. Miller. Mo.: Jack Murray. Scgf.: Joseph C. Wright. Mu.: Samuel Kaylin. Su.: George Leverett. Int.: James Dunn (Jimmy Harrigan), Sally Eilers (Sally Brent), Victor Jory (barone Potrillo), Sammy Cohen (Barnacle Benny), Frank Moran (Bilge), Esther Muir (Minnie Broadhurst), Will Stanton (J. Felix Hemingway), Armand ‘Curley’ Wright (Angelo), Jerry Mandy (Rico), Lucien Littlefield (Elmer Brown), Buster Phelps (Elmer Brown Jr.). Prod.: Fox Film Corporation. Pri. pro.: 17 marzo 1933 35mm. D.: 79’. Bn.
Scheda Film
Dopo Me and My Gal, un film girato a ruota libera, Walsh diresse questa commedia più compatta ma non meno chiassosa, un esercizio di caos controllato in cui il tono d’improvvisazione maschera un attento sviluppo del nucleo romantico e un uso sottilmente calibrato della profondità di campo. Il film riprende alcuni caratteristi del film precedente – come Frank Moran, che con la sua faccia da pugile interpreta ancora una volta un marinaio dalle sorprendenti inclinazioni intellettuali – e li affianca ai protagonisti, James Dunn e Sally Eilers, che dopo Bad Girl (1931) di Frank Borzage (premio Oscar per la regia) erano diventati la coppia più celebre della Fox (una versione più prosaica, in sintonia con il clima della Depressione, dell’altra coppia mondana formata da Janet Gaynor e Charles Farrell). Lui è un marinaio in libera uscita in un porto della California meridionale, lei è una bella ragazza disoccupata che grazie al proprio fisico trova subito lavoro come bagnina in una piscina, pur non sapendo nuotare. L’attrazione fisica tra i due è immediata e reciproca (c’è mai stato un regista meno timido con le faccende di sesso?), ma prima di diventare una coppia devono superare una serie di comici guai e di malintesi, escogitati soprattutto dal viscido padrone di casa della ragazza (Victor Jory), che la vuole per sé. In 50 ans de cinéma Americain Tavernier e Coursodon manifestano un certo grado di moralismo lamentandosi di “gag discutibili che prendono di mira le minoranze e riescono a offenderle tutte, dagli italiani agli ebrei passando per gli omosessuali”. Il lato umoristico del film è pieno degli espliciti stereotipi etnici che caratterizzavano il vaudeville americano (ed erano ben noti a Walsh), e che storicamente permisero di sfogare e disinnescare le tensioni etniche nell’America degli immigrati. (L’unico cattivo del film, il barone Potrillo interpretato da Jory, si cela provocatoriamente dietro un’origine etnica inventata e un falso titolo aristocratico). Il film culmina in una sala da ballo con una rissa non meno epica delle sequenze di battaglia in What Price Glory (1926), orchestrando con pari maestria le ondate di forza che entrano in collisione.
Dave Kehr