VIVE LA BALEINE

Mario Ruspoli, Chris Marker

Mo.: Chris Marker. Su.: Chris Marker. Mu.: Lalan. Voci: Casamayor, Valerie Mayoux. Prod.: Argos Films HD Cam. D.: 17’. 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Sotto questo semplice titolo, gli autori propongono un elogio della balena e un monito contro la sua imminente estinzione in caso di prosecuzione del suo massacro su scala industriale. Attraverso questo simbolo simpatico, si può evidentemente leggere il destino del pianeta stesso, a cui la balena somiglia per la sua densità, la sua rotondità e le minacce che su di essa pesano. All’equilibrio di una caccia condotta a misura d’uomo, giustificata dalle necessità di un’economia di sussistenza e svolta nei limiti di una sorta di artigianato (e inoltre lasciando – è un punto di vista morale, ma la morale è talvolta l’ombra portata dalla necessità – una qualche chance alla balena stessa) hanno fatto seguito la caccia industriale, con il cannone lancia-arpioni, “bomba atomica delle balene” e le enormi navi-fabbriche giapponesi e sovietiche. Il risultato è, per esempio, l’ecatombe delle balene azzurre. Il commento di Chris Marker, tinto d’ironia e lirismo, ci mette in guardia contro la follia espansionista della nostra società industriale, denunciando la minaccia rappresentata dall’industria della caccia alla balena che ha perduto le sue giustificazioni economiche, e la cui finalità consiste nel perpetuare se stessa.

Avversari complementari dalla notte dei tempi, l’uomo e la balena, passata una certa soglia, si ritrovano solidali, e uccidere l’una comincia a mettere l’altro in pericolo, così “ogni balena che muore ci trasmette, come una profezia, l’immagine della nostra propria morte” (Chris Marker).

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