Lola

Jacques Demy

 

T. it.: Lola, donna di vita. Scen.: Jacques Demy. F.: Raoul Coutard. Mo.: Anne-Marie Cotret. Scgf.: Bernard Evein. Mu.: Michel Legrand. Int.: Anouk Aimée (Lola), Marc Michel (Roland), Elina Labourdette (Madame Desnoyers), Jacques Harden (Michel), Alan Scott (Frankie), Margo Lion (Jeanne), Annie Duperoux (Cécile Desnoyers), Catherine Lutz (Claire). Prod.: Rome-Paris Films, EIA – Euro International Film. Pri. pro.: 3 marzo 1961 DCP. D.: 85’. Bn. 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Andato distrutto in un incendio il negativo originale, nel 2000 è stato realizzato un nuovo internegativo di Lola, con l’aiuto di Archives Françaises du Film, a partire da un copia ritrovata al British Film Institute. La realizzazione di questo nuovo internegativo è stata supervisionata da Agnès Varda con il contributo, per la posa del fi lm, di Raoul Coutard, direttore della fo­tografia di Lola. Nel 2012 un restauro completo del film è stato realizzato da Ciné Tamaris, Fon­dation Technicolor pour le Patrimoine du Cinéma e Fondation Groupama Gan pour le Cinéma. Il film ha inoltre potuto bene­fi ciare di un restauro digitale dell’immagi­ne e del suono che gli ha restituito tutto il suo splendore originale. In un film che si svolge interamente in tre giorni, sembra impossibile sviluppare i personaggi nel tempo del racconto se il regista si nega la comodità di flashback o di lunghe spiegazioni biografiche. Questo problema Demy lo risolve – e con quale eleganza! – proponendoci una visione plurima, frammentata, un ritratto visto da numerose prospettive diverse. Frankie per esempio è il doppio di Michel, ma di Michel com’era otto anni prima, nel mo­mento in cui Lola l’ha incontrato a una festa. E la stessa Lola ci è mostrata come in uno specchio a tre volti: da una parte Cécile, i suoi quattordici anni, i suoi sogni d’adolescente, la sua passione per la danza e le sue fughe nei luna park; dall’altra Madame Desnoyers, ex ballerina, vittima di un marito giocatore che l’ha lasciata senza risorse con un figlio […], piena di rimpianti per quello che non ha potuto realizzare, incapace di affrontare la pro­pria solitudine e il deserto degli affetti. Al centro Lola – Lola per Richard, ma Cécile per Michel – trionfante e fragile, piena di fiducia in un avvenire che non sa ancora la travolgerà. […] Questo gioco di specchi su cui è costru­ito il film genera una serie affascinante di doppie prospettive di cui Demy sfrut­ta quasi ogni possibilità: gli avvenimen­ti, come i sentimenti, passano il tempo a riprodursi, in un universo chiuso in se stesso la cui legge fondamentale sembra essere quella della ripetizione. […] Que­sto universo chiuso di situazioni che si ri­petono, è anche uno spazio magico in cui tutti sembrano invitati a un misterioso ap­puntamento: quando Michel, nelle prime inquadrature, arriva a Nantes, Lola vi è ri­tornata da soli tre giorni, Frankie è lì solo di passaggio con il suo battello, Roland sta decidendo di partire. Questo mondo in cui tutti si incrociano è un mondo da cui tutti aspirano a fuggire, e ciò che anima il film è un vasto movimento centrifugo che spinge tutti i personaggi a uscire dal cer­chio che li trattiene per vivere il proprio destino. […] Ma il caso onnipotente che li ha riuniti per lo spazio di qualche ora, in questo tempo si sarà divertito delle loro corse cieche, avrà moltiplicato gli incontri improbabili, li avrà fatti danzare il ballet­to delle occasioni perdute, delle collisioni mancate: Nantes diviene la foresta del Sogno di una notte di mezza estate dove ognuno vaga all’inseguimento dell’altro, dove le coppie si disfano e si cercano. […] Questo intreccio di vagabondaggi si traduce materialmente nella fluidità dei lunghi movimenti della macchina da pre­sa, nell’importanza assegnata soprattutto alla città, alle sue strade, ai luoghi di pas­saggio dove ci si incrocia talvolta senza vedersi. È là che il Destino attende alla svolta di una strada, all’alto di una scala. Gli interni sono rari e non ci si sofferma troppo, trascinati dalla frenesia di immer­gersi nuovamente in quel movimento per­petuo che anima il mondo.

Jean-Pierre Berthomé, Jacques Demy et les racines du rêve, L’Atalante, Nantes 1982

 

Restaurato nel 2012 da Ciné Tamaris, Fondation Technicolor pour le Patrimoine du Cinéma e Fondation Groupama Gan pour le Cinéma