Tokyo No Onna
T. int.: A Woman of Tokyo. T. it.: Una donna di Tokyo. Sog.: Ernest Schwartz [Yasujiro Ozu]. Scen.: Kogo Noda, Tadao Ikeda. F.: Hideo Mohara. Mo.: Kazuo Ishikawa. Int.: Yoshiko Okada (Chikako), Ureo Egawa (Ryoichi), Kinuyo Tanaka (Harue), Shinyo Nara (Kinoshita), Chishu Ryu (il reporter). Prod.: Shochiku (Kamata) 35mm. D.: 46’ a 24 f/s. Bn.
Scheda Film
Benché interamente muto, questo melodramma di Ozu è un esempio affascinante delle intersezioni tra cinema muto e sonoro durante il periodo di transizione. Nel 1933 quasi il 40% delle sale giapponesi era ormai attrezzato per il sonoro, il numero di film parlati era in costante aumento e sin dal 1930 venivano regolarmente importati film sonori stranieri. Ma fu solo nel 1935 che i sonori giunsero a costituire la maggior parte della produzione nazionale. Di conseguenza, gli ultimi film muti giapponesi costituiscono un caso pressoché unico di cinema muto profondamente influenzato dalle tecniche e dagli stili del sonoro.
Ozu passò tardivamente al sonoro, ma i suoi ultimi muti rivelano chiaramente l’influenza del nuovo mezzo, soprattutto nell’impiego di didascalie che contengono battute di dialogo pronunciate da personaggi fuori campo, alludendo così alle nuove potenzialità del suono off. Pur essendo muto, Una donna di Tokyo sembra pensato come un film sonoro. Fu però girato su nastrino magnetico e per questo motivo il formato è più stretto di quello standard, tanto che l’immagine è stata ritagliata nel passaggio su DVD o video. Peccato, anche perché Una donna di Tokyo è il primo film di Ozu a mostrare le sue tipiche inquadrature dal basso. Naturalmente la proiezione del Cinema Ritrovato conserverà il formato originale.
Il film è un desolato melodramma su un giovane che viene mantenuto agli studi dalla sorella e scopre che la ragazza si prostituisce per procurarsi il denaro. La trama riecheggia i melodrammi di Mizoguchi, Taki no Shiraito [Il filo bianco della cascata, 1933] e Orizuru Osen [La caduta degli Osen, 1934], ma i suoi aspetti struggenti sono compensati da una giocosa e brillante consapevolezza stilistica, evidente soprattutto quando Ozu inserisce una sequenza comica diretta da Ernst Lubitsch e tratta dal film a episodi Se avessi un milione (1932) prodotto dalla Paramount. David Bordwell osserva che “Ozu cita il canone nel momento stesso in cui lo supera; per la prima volta però, in un’opera a noi nota, non lo fa usando manifesti e fotografie di film, ma ricorrendo a una sequenza filmata […] La giocosità di Ozu riemerge quando si rifiuta di mostrare il momento in cui Charles Laughton fa una pernacchia al suo principale. Dobbiamo essere abbastanza cinefili da arrivare da soli alla conclusione della gag”. Bordwell avrebbe potuto aggiungere che lo humour di quella gag dipende proprio dal suono, e la sua assenza può dunque essere un esplicito riferimento del film alla propria natura di muto in un cinema sempre più dominato dal sonoro.