DOPO LA CADUTA. IL CINEMA E LA CRISI DEL 1929

Quando nel 1929 il crollo di Wall Street sconvolse il mondo, il cinema registrò quel terremoto in vari modi. Le reazioni più immediate e dirette non furono necessariamente le più interessanti (ancor meno lo furono i film didattici). L’assioma era molto semplice: la gente non voleva vedere la crisi sullo schermo. Meno la si mostrava e meglio era, e il cinema reagì evadendo dalla realtà o rifugiandosi in storie che riflettevano di contrabbando le amare verità del presente. Questa sezione rende omaggio a ciò che i registi riuscirono a fare in circostanze spesso difficili e complesse, evitando di restare imprigionati nella disperazione e anzi trovando il modo di intravedere un futuro migliore senza falsi sentimentalismi.

Le conseguenze della crisi furono drammatiche: la Grande Depressione, la disoccupazione, il crescente e osceno divario tra ricchi e poveri – un mondo che ballava sull’orlo del baratro mentre si avvicinava la Seconda guerra mondiale. I primi anni della crisi produssero film che andavano dritti al punto, come quelli diretti da Slatan Dudow (Zeitprobleme: wie der Berliner Arbeiter wohnt; Seifenblasen), regista bulgaro attivo in Germania prima del 1933, e dall’olandese Joris Ivens (Nieuwe gronden), già autore di respiro internazionale.

Le sofferenze della vita quotidiana furono toccate in maniera più indiretta ma con notevole intuito dai migliori talenti dell’epoca: gli americani Frank Borzage (la travolgente visione romantica di Vicino alla stelle) e Mervyn LeRoy (L’affare si complica), l’ungherese Pál Fejös (che dopo l’esperienza a Hollywood girò in Austria Sonnenstrahl, dolce ricordo della Mitteleuropa), e l’italiano Mario Camerini (Rotaie). Oppure da Max Ophuls, regista nato in una città di confine come Saarbrücken e che in Olanda girò Komedie om geld, strano capolavoro degli anni Trenta dall’estetica assai originale, vicino al musical ma non riconducibile ad alcun genere.

Lo svedese Pettersson & Bendel di Per-Axel Branner è invece passato alla storia per un primato agghiacciante: è infatti considerato il primo film apertamente antisemita, ‘cattivo’ al di là dei cliché della cultura popolare. A risparmiarci questo finale troppo triste, il film che ha ispirato il programma: il primo sonoro di Duvivier, David Golder, capolavoro interpretato magistralmente da Harry Baur, ardente verità impressa su celluloide nel 1930.

(Peter von Bagh)

Programma a cura di Peter von Bagh