Ritrovati e Restaurati 2021

A cura di Gian Luca Farinelli con la collaborazione di Janice Simpson

Da Ponte dei sospiri (1904), film sulla star del cinema degli anni zero, la città di Venezia, di cui ignoriamo il regista, a Mulholland Drive (2001), di cui nessuno ignora l’autore, gli oltre settanta film della selezione di quest’anno coprono un arco temporale di novantasette anni. Dentro c’è la storia del cinema, ma anche l’enorme e generoso lavoro, che la pandemia non ha fermato, delle cineteche pubbliche e private di tutto il mondo. Alcuni titoli li inseguivamo da diverse edizioni. Les Bas-fonds, Kuhle Wampe, Bélphegor, The Loves of Carmen non sono mai stati film perduti, ma non li abbiamo mai visti in copie così perfettamente ricostruite. Da oltre due anni attendevamo il risultato del lavoro dei colleghi restauratori della Universal sulle matrici Technicolor di Frenchman’s Creek, di un maestro del colore come Mitchell Leisen, o della Disney su uno dei più begli insuccessi della storia del cinema, Nightmare Alley, o dell’Academy sull’immenso The Best Years of Our Lives. La selezione di quest’anno riserva molti capolavori di maestri riconosciuti, come Preminger, Ford, Wilder, Lynch, Kawashima, Stiller, Buñuel, Truffaut, ma altrettante opere di autori molto meno noti, come Kwan, Humblestone, Frank, Badger, Maurice Ravel, Mai Zetterlig.
Non solo capolavori: ad esempio, ho scelto È arrivato l’accordatore perché è un film brutto, ma la sua bruttezza ci chiarisce quanto dobbiamo essere grati a Fellini, che pochi mesi dopo il film diretto da Coletti riuscì a trasformare completamente Alberto Sordi da attore scialbo e antipatico in uno dei più geniali ed empatici interpreti del cinema italiano.
Particolarmente significativa la selezione degli anni Sessanta, che si apre con il nuovo restauro dei 400 coups (1959), prosegue con il testamento di John Ford (The Man Who Shot Liberty Valance) e con due opere realizzate da Yuzo Kawashima l’anno prima di morire. Poi un blocco di film dove gli autori si misurano con la libertà della sperimentazione (Il servo di Losey, l’esplosivo Nattlek di Mai Zetterling, De man die zijn haar kort liet knippen/L’Homme au crâne rasé, prodigioso esordio di André Delvaux, il sorprendente documento della scena beat newyorchese Me and My Brother. E poi la geniale e ancora troppo poco nota commedia del maestro del cinema afroamericano Melvin van Peebles, Watermelon Man. Concludo con due film che mi hanno profondamente commosso: Il mulino del Po di Alberto Lattuada e Les Oliviers de la justice di James Blue. Entrambi raccontano la fine di un’epoca. Il primo il tramonto della civiltà contadina nella pianura padana alla fine dell’Ottocento, l’altro la campagna algerina nel momento di sospensione tra il colonialismo francese ormai al tramonto e una lotta per l’indipendenza non ancora compiuta. L’uno ricostruisce la campagna di cinquant’anni prima, l’altro fotografa la verità del particolare momento che precede il cambiamento. Due film che sembrano introdurci a due grandi opere successive, Novecento di Bertolucci e La battaglia di Algeri di Pontecorvo. Ecco Il Cinema Ritrovato!

Gian Luca Farinelli

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