Ritrovati e Restaurati

A cura di Gian Luca Farinelli

La buona notizia è che non si restauravano così tanti film da prima della pandemia; conseguentemente, questa sezione èuna sorta di festival nel festival. Quasi novanta film, più di cento anni tra il più recente, Inland Empire, e il più antico, L’Enfant des mariniers. L’altra buona notizia è che accanto ai film dei maestri, ci sono molte scoperte, come se, dopo la pandemia, fosse cresciuta l’attenzione verso i film e gli autori non già iscritti nel canone della storia del cinema. L’omaggio a Michael Roemer, tra gli autori più coraggiosi e personali della sua epoca, ne è un esempio evidente.
Per schizzare una sintetica mappa della sezione uso la scorciatoia dei decenni. Gli anni Zero e Dieci vedono ancora prevalere la produzione europea su quella statunitense e l’estrema maestria nell’uso degli esterni, che siano il porto di Nizza ripreso da Capellani, la Berlino di Mack o gli esterni marini californiani sapientemente utilizzati da Griffith.
La selezione degli anni Venti presenta opere fondative rispetto a vari generi cinematografici, l’horror (The Hunchback of Notre Dame), il melodramma (The Woman  of Paris e Stella Dallas), la commedia brillante (Lady Windermere’s Fan), il cinema sperimentale (i quattro film di Man Ray).
I restauri degli anni Trenta rendono giustizia al lavoro dei DoP e degli Art Director di quell’epoca e ci fanno capire come gli sceneggiatori lavorassero per mescolare i generi: tra i film selezionati, le storie sentimentali hanno il sopravvento sul racconto, sia esso un gangster film (Hijōsen no onna), una commedia sociale a cui Zavattini deve moltissimo (Man’s Castle), una commedia brillante da non perdere (One Way Passage), un dramma coloniale (Amok).
Negli anni Quaranta il filo che unisce i film è l’emigrazione, Hitchcock, Siodmak, Renoir sono, per ragioni diverse, europei che hanno abbandonato il vecchio continente e lavorano  a Hollywood. Negli anni Cinquanta convivono autori e idee di cinema tra loro lontane, capolavori della classicità come Rio bravo e, finalmente in versione integrale, Fear and Desire, sofferto esordio di Kubrick. Segnalo tra i tanti capolavori, una rarità, Cry, the Beloved Country di Zoltán Korda, regista nato nell’impero austro ungarico, divenuto suddito dell’impero britannico, di cui ha contribuito a celebrare il mito. Qui svela, senza infingimenti, il dramma del razzismo, la violenza dello sfruttamento in Sud Africa, la mostruosità della società dei coloni bianchi. I Sessanta si aprono con La maschera del demonio e si chiudono con Riten, film per la televisione dove Bergman sperimenta, da maestro, il cinema da camera. Appaiono nuovi autori destinati a lunghe carriere, come Skolimowski o Bogdanovich, nuove cinematografie, nuove tecnologie.
Siamo già alla fine del secolo, il cinema rilegge il suo passato con autori che rinnovano i generi e il cinema e ne celebrano con nostalgia la sua. L’invenzione dei Lumière non è mai stata uguale a sé stessa e i Ritrovati e Restaurati di quest’anno ne sono una concreta dimostrazione. Buone visioni.

Gian Luca Farinelli

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