Sab

24/06

Piazza Maggiore > 21:45

SPELLBOUND

Alfred Hitchcock
Introduce

Costa-Gavras

Original score re-recorded on vinyl for Ceux qui ne s’en font pas

Precede: Ceux qui ne s’en font pas
con musiche originali reincise su vinili suonati dal vivo

Introduce Sophie Seydoux (Fondation Jérôme Seydoux- Pathé)

 

(In caso di pioggia, la proiezione si sposterà al Cinema Arlecchino, al Cinema Jolly e in Sala Scorsese)

Serata promossa da DoDo

Info sulla
Proiezione

Sabato 24/06/2023
21:45

Sottotitoli

Versione originale con sottotitoli

Modalità di ingresso

Tariffe del Festival

SPELLBOUND

Scheda Film

“Tutto ciò che è incantevole produce una specie di perpetuo scintillio”, scrive Emanuele Trevi nell’auto-fiction romanzesca che tre anni fa gli guadagnò il Premio Strega, e questo  è esattamente quel che accade a Ingrid Bergman in Spellbound, fin dalla scena in cui la dottoressa Petersen rientra affannata e siede al tavolo dove l’attendono per la cena i colleghi, sette nani non tutti benevoli, stretti intorno a una Biancaneve che ha appena avuto il suo bacio. Qualcosa le scintillerà sempre intorno, filtrando tra i capelli appena scarmigliati, accendendosi nelle guance che immaginiamo arrossate; questa natura incantevole, questo incantamento è la legge d’attrazione che dà al film il suo equilibrio. Fu accolto male Spellbound, e dal “surprisingly disappointing” di James Agee si arrivò al “disaster” di Pauline Kael; poi in questi ultimi decenni, nel clima di universale adorazione riservata a Hitchcock, i pochi che ne hanno parlato lo hanno fatto con più rispetto e clemenza. Tuttavia il film rimane una sinuosa danza di stereotipi, lo psichiatra ammattito, lo smemorato ingiustamente accusato, la dottoressa che si toglie gli occhiali e diventa “toute femme”, come scrissero Rohmer e Chabrol, scivolando fino al paterno Freud del New England.
Ma tra un passo e l’altro d’una psicanalisi illustrata come una favola, quali squarci formidabili sa aprirsi questa cinepresa: il povero Gregory Peck, che per antico trauma odia il bianco e le righe, s’inoltra nel candore d’un bagno piastrellato, e in un attimo comprendiamo “l’illimitato, criptico terrore che può emanare dagli oggetti” (ancora Agee); poi, il ritorno del rimosso, in due sole inquadrature silenziate, è il più conciso e agghiacciante che potremo mai ricordare. La resa dei conti, col suo finale fiotto di rosso, è scritta sul filo tra pathos e sudore freddo,  e sia onore a Ben Hecht. E Salvador Dalí? Dalí venne chiamato a bordo da Selznick, e Selznick è uno dei motivi per cui gli storici hanno trattato il film con distacco, opinando che la mano del produttore si facesse sentire troppo (Hitchcock non ha mai suffragato l’opinione). La lunga scena del sogno rivelatore è un’arruffata stravaganza, ma la singola languida fuga delle porte che si aprono una dopo l’altra ancora ci turba (molto di più, su uno schermo molto più grande) per la sua simbolica, erotica eleganza.

Paola Cristalli

Cast and Credits

Sog.: dal racconto The House of Dr. Edwardes (1927) di Francis Beeding. Scen.: Ben Hecht. F.: George Barnes. M.: William Ziegler, Hal C. Kern. Scgf.: James Basevi. Mus.: Miklós Rózsa. Int.: Ingrid Bergman (dottoressa Costanza Petersen), Gregory Peck (John Ballantyne/dottor Antonio Edwardes), Rhonda Fleming (Mary Carmichael), Michail Čechov (dottor Alessio Brulov), Leo G. Carroll (dottor Murchison), John Emery (dottor Fleurot), Steven Geray (dottor Graff), Norman Lloyd (Mr. Garmes). Prod.: David O. Selznick per United Artists. DCP. Bn.

CEUX QUI NE S’EN FONT PAS

Regia: Germaine Dulac
Anno: 1930
Paese: Francia
Durata: 6'
Versione del film

Didascalie francesi con sottotitoli inglesi

Audio
Muto
Edizione
2023