Jean Gabin, dagli occhi azzurri

Programma a cura di Edouard Waintrop

Rendere omaggio a Jean Gabin, stella gigante del cinema francese, in nove film, un decimo della sua filmografia, significa fare scelte laceranti. Abbiamo deciso di escludere film splendidi ma ben noti e di esplorare i momenti della sua carriera considerati (a torto) ‘minori’: l’inizio degli anni Trenta, l’immediato dopoguerra e il periodo successivo a Grisbì che ha ancora una cattiva reputazione presso alcuni cinefili. In cima alla selezione abbiamo comunque inserito uno dei suoi più grandi trionfi, Pépé le Moko.
Figlio di artisti di varietà, Jean Alexis Moncorgé, detto Gabin, lasciò agli inizi degli anni Trenta il palcoscenico del music-hall, e i suoi trionfi, per il cinema. Cœur de lilas, girato da un giovane Anatole Litvak, è la prova che ebbe ragione. E fu con Du haut en bas di Georg W. Pabst che iniziò a prendere da solo le redini di una storia.
Grazie a Duvivier e a La Bandera, La bella brigata e Pépé le Moko, il cui successo fu tale da spingere Hollywood meno di un anno dopo ad affidarne un remake a John Cromwell (Un’americana nella Casbah), Gabin divenne una star. Passò da un capolavoro all’altro, interpretando alcuni dei migliori film di Renoir, Carné e Grémillon, prima dello scoppio della guerra.
Trascorse i primi anni del conflitto a Hollywood, al braccio di Marlène Dietrich e in film in cui lottava con il suo inglese stentato. Lasciò poi gli Stati Uniti per arruolarsi nelle Forze francesi libere, dove prestò servizio in particolare come capocarro, e fu con questa mansione che partecipò alla liberazione della Francia.
Il suo ritorno sugli schermi fu problematico. I capelli ormai bianchi, aveva perduto il fascino del giovane ribelle. Ebbe tuttavia qualche successo, come Au-delà des grilles, film franco-italiano diretto da René Clément, e La Marie du port di Marcel Carné, a fianco di Nicole Courcel e Julien Carette. In quegli stessi anni illuminò con il suo franco sorriso Le Plaisir, capolavoro del maestro Max Ophüls.
Nel 1958, grazie a Grisbì, da tre anni Gabin era tornato a essere il grande nome del cinema francese quando Jean Delannoy gli propose di interpretare il famoso commissario creato da Simenon in Maigret tend un piège. Con il suo accento parigino e l’andatura bonaria divenne il perfetto prototipo del celebre ‘poliziotto umano’. Lo stesso anno, in En cas de malheur, Claude Autant-Lara gli offrì l’occasione di prestare il suo sguardo chiaro al personaggio di cinquantenne dell’alta borghesia travolto dalla passione.
Cinque anni prima di morire, Jean Gabin impersonò un pensionato rancoroso in Le Chat di Pierre Granier-Deferre a fianco di Simone Signoret: questa coppia imprigionata nell’incomunicabilità dei sentimenti commosse il festival di Berlino e i francesi. E arricchì di un nuovo capitolo la leggenda di Gabin, la cui vita si concluse nel 1976.

Edouard Waintrop

Programma