13/07/2021

Aspettando Il Cinema Ritrovato… Il cinema al femminile

Da molti anni il programma scava per far emergere una storia del cinema al femminile, che quest’anno attraversa tutte le sezioni, con conferme e moltissime scoperte di attrici, cineaste, sceneggiatrici e anche critiche donne.

Primo appuntamento con la sezione Cinemalibero: martedì 20 luglio, ore 18.30, al Cinema Arlecchino, la proiezione di Araya (Venezuela- Francia/1959) di Margot Benacerraf.

Nel documentario Lotte Eisner – Un lieu nul part, la protagonista dice: “Volevo fare l’archeologa, ma in Italia tutti gli archeologhi tedeschi erano terribilmente noiosi”. Anche per questo la giovane Eisner, ebrea berlinese, divenne la prima critica del cinema culturale, capace di sostenere con i suoi scritti acutissimi varie generazioni di cineasti, da Fritz Lang a Werner Herzog.

Da anni eravamo affascinati da un volto del cinema delle origini, e finalmente, dedicandole un programma, possiamo far uscire dall’anonimato la deliziosa Renée Doux, moglie di Ferdinand Zecca e interprete, a Parigi, di cinquanta film tra il 1903 e il 1910. È evidente che la ricchezza e la modernità di molti capolavori sia dovuta all’apporto di sceneggiatrici che erano già consapevoli del futuro, come June Mathis (di cui mostriamo Camille), Clara Beranger (Miss Lulu Bett), Elinor Glyn (It) o, spostandoci nell’Italia del dopoguerra, Suso Cecchi d’Amico (Il lavoro, episodio di Boccaccio ’70).

Undici film d’esordio al femminile sono al centro della rassegna Cinemalibero, undici film unici, undici mondi che arrivano a noi a testimoniare la forza, il valore l’intensità  dello sguardo delle cineaste. Basta scorrere i nomi delle registe per accorgersi dell’importanza di questa rassegna e di quanto è necessario che si continui a scavare per portare alla luce un altro sguardo.

Una delle scoperte di Ritrovati e Restaurati sarà Nattlek di Mai Zetterling, importante interprete del cinema svedese ed europeo, che qui passa dietro la mdp per dirigere Ingrid Thulin e realizzare un film che ha la profondità e la libertà dei Sessanta, un andare e venire della memoria che scaturisce dai luoghi, in equilibrio tra Proust e Fellini, un film così liberatorio che, alla Mostra di Venezia, lo poté vedere solo
la giuria e, a San Francisco, Shirley Temple per non vederlo si ritirò dalla giuria.