Cinemalibero: Femminile, Plurale

A cura di Cecilia Cenciarelli e Elena Correra

Questo programma è una ramificazione spontanea del lungo processo che ha accompagnato il restauro di Sambizanga. Imbrigliato in una rete di dispute legali che lo hanno reso inaccessibile per oltre un decennio, questo film ritrova oggi finalmente la luce. Addentrandoci nella storia della sua autrice Sarah Maldoror, poetessa militante di origine antillana, abbiamo scoperto la sua opera – una preziosa costellazione di oltre trenta cortometraggi documentari –, di cui oggi viene finalmente riconosciuto il valore. Da qui sono affiorate altre voci, altre artiste che per conquistarsi un posto dietro la macchina da presa hanno dovuto superare pregiudizi e ostacoli di ogni natura.
Ci siamo concentrate sull’esordio – sull’urgenza di quel primo gesto creativo che ha trasformato l’aspirazione in riscatto – scoprendo opere libere, resistenti e caparbie, a volte imperfette ma comunque sempre potenti, realizzate da cineaste che sono riuscite a ‘creare un precedente’, passando alla storia come le prime del loro paese.
La selezione proposta, necessariamente parziale, si muove in un arco di tempo che va dal secondo dopoguerra alla fine degli anni Settanta, quando la lotta femminista ha popolato le arti di nuove voci. Lo spazio geografico è quello che tradizionalmente ha segnato i confini di Cinemalibero: esterno o marginale al ‘sistema Occidente’, o che su questo getta uno sguardo implacabile o talvolta alieno – come accade in La Passante, introvabile saggio d’esordio della maestra del cinema subsahariano Safi Faye.
Abbiamo così scoperto l’esistenza di meteore come Bárbara Virgínia, la cui carriera cinematografica è stata soffocata dal patriarcato dell’Estado Novo in Portogallo, o ritrovato opere fondative di carriere luminose, come nel caso di Eltávozott nap di Márta Mészáros, di cui il restauro viene qui presentato in prima assoluta. Appena restaurati anche lo sperimentale Ali au pays des merveilles di Djouhra Abouda e Alain Bonnamy, introvabile nella storiografia ufficiale, e il classico ‘hollywoodiano-stalinista’ Ostatni etap di Wanda Jakubowska, uno dei primissimi sguardi sui campi di concentramento. La grande storia percorre anche l’autobiografico A byahme mladi della bulgara Binka Zhelyazkova e De cierta manera, veduta sull’utopia rivoluzionaria cubana della giovanissima Sara Gómez. Spesso lo sguardo femminile trova forma nel documentario, appropriandosi di un mezzo considerato marginale e trasformandolo in magistrale prova autoriale, come in Araya di Margot Benacerraf o in Ignoti alla città, esordio della ‘socialista eretica’ Cecilia Mangini, da Ragazzi di vita di Pasolini. “Mi scuserete se ho ucciso l’Angelo del Focolare – scrisse Virginia Woolf – è stata legittima difesa”.

Cecilia Cenciarelli ed Elena Correra