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Anche quest’anno i Cinefili di tutto il mondo potranno divertirsi a scoprire il loro film preferito, navigando tra le certezze del canone cinematografico, l’ebbrezza della scoperta e i guilty pleasures del Pratello POP. Tra i classici molte opere giovanili di Maestri, come The Scarlet Drop, ritrovato in Cile e realizzato da John Ford nel 1918, gli esordi di von Sternberg, Ophüls, Truffaut, Roeg, Tavernier, Burnett, Mann. Ma anche classici della maturità di Lubitsch, Hitchcock, Wilder, Naruse, Kubrick, Cronenberg. Vicino ai grandi autori troverete molte sublimi prove d’attrici e attori, come l’esordio di Jean Seberg in Santa Giovanna di Preminger, l’ineguagliabile Danielle Darrieux di La verità su Bébé Donge, il magistrale Jack Nicholson di Qualcuno volò sul nido del cuculo e Cinque pezzi facili, un’inedita Simone Signoret di Les Mauvais Coups… Ritrovati e restaurati è la sezione che più di ogni altra canta la gloria del lavoro degli archivi e del restauro, che consente di vedere film sconosciuti, come il sovietico Moi syn (My Son) di Evgenii Cherviakov, il delizioso thriller inglese Strongroom di Vernon Sewell o i film di Franciszka e Stefan Themerson, coppia di artisti di visionaria modernità, o i film messicani riportati alla luce dalla Filmoteca Unam. Il colore è una delle chimere che Il Cinema Ritrovato insegue da trentanove anni, e quest’anno non mancheranno le grandi emozioni: da esempi assoluti della sperimentazione in Technicolor come Duello al sole di King Vidor e Artisti e modelle di Frank Tashlin, ai colori di Sholay di Ramesh Sippy, uno dei più grandi successi del cinema indiano, a quell’impossibile viaggio nelle sbiadite tonalità della memoria che è La clessidra di Wojciech Has. I confini del canone scricchiolano, e i guilty pleasures del Pratello POP lo confermeranno, da Arrapaho a Non si sevizia un paperino, forse uno dei migliori film sul meridione italiano, da Café Flesh di Rinse Dream, geniale film di fantascienza post-atomico pornografico, ai cult della Hammer sontuosamente restaurati in digitale. La selezione di quest’edizione conferma che la storia del cinema è materia viva, ma anche che non è la stessa cosa vedere un film sul cellulare o in una sala, proiettato perfettamente sul grande schermo, visto assieme a un vero pubblico. Le proiezioni del festival sono tutte da 5 stelle lusso, ed è facile prevedere che saremo tutti in Piazza Maggiore a godere la proiezione 70mm, offerta da Sony Columbia, della versione restaurata di Incontri ravvicinati del terzo tipo.
A cura di Gian Luca Farinelli
Milestone – émigré ebreo-russo – ha fatto da ponte tra il cinema muto e gli spettacoli in 70mm degli anni Sessanta. Noto per possedere uno stile tra i più distintivi ed eclettici della sua generazione, con le sue opere popolari e originalissime spaziò dal capolavoro pacifista All Quiet on the Western Front al musical progressista Hallelujah, I’m a Bum. Per quanto densi, cupi e impegnativi, i suoi film erano spesso intrisi di arguzia, cameratismo e coraggio, anche quando si confrontavano con le atrocità collettive del Novecento. Nonostante la sua fama, Milestone sopravvisse con difficoltà alla lista nera di Hollywood, in seguito alla quale fu costretto ad accettare incarichi mediocri. Questa rassegna, che presenta nuovi restauri e copie d’archivio e attraversa la sua produzione dal muto al maccartismo, ha l’obiettivo di recuperare l’arte di un uomo che combatté molte delle battaglie affrontate dall’umanità nel Ventesimo secolo, dando prova di una saggezza e di una sensibilità poetica capaci ancora oggi di scuoterci.
A cura di Ehsan Khoshbakht
Nel corso della sua carriera Katharine Hepburn ha dovuto affrontare alti e bassi: poteva passare, in rapida successione, da un premio Oscar all’etichetta di ‘veleno per il botteghino’, conseguenza della sua personalità sempre sorprendente e, a volte, controversa. Indossava i pantaloni ed emanava un’aura femminista (era figlia di una suffragetta) in un’epoca in cui il mondo non era pronto ad accettarlo. Il suo accento del New England poteva risultare irritante, ma Hepburn era audace e controcorrente come poche hanno saputo essere: esilarante, agile, androgina e femminile allo stesso tempo. Ha attraversato gli schermi per sessantasette anni, registrando un record ancora imbattuto tra candidature (12) e vittorie (4) agli Oscar come migliore attrice. La sua carriera è stata più varia di quanto le si attribuisca, ma è soprattutto nelle commedie screwball (di cui c’è un tocco in tutte le sue migliori interpretazioni) che il talento di Hepburn risplende. Oggi siamo finalmente in grado di apprezzare appieno questa donna unica, così avanti rispetto al suo tempo.
A cura di Molly Haskell
Uno dei grandi del cinema italiano, apprezzato dal pubblico e dalla critica, ma senza che il suo nome finisse davvero nella lista dei massimi, con un’attenzione critica all’altezza. Eppure, pochi registi come Luigi Comencini possono contare un numero così alto di titoli di grande rilievo in generi così vari. Etichettato a un certo punto come “regista dei bambini”, in effetti a lui si devono film memorabili sull’infanzia e su padri e figli: La finestra sul Luna Park, Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova veneziano, Incompreso, Le avventure di Pinocchio, Voltati Eugenio. Ma Comencini è stato anche autore di alcuni tra i più bei mélo degli anni ’50 e di alcune tra le più belle commedie all’italiana. Privo del cinismo di molti registi italiani, il suo sguardo sulla società si fa sempre più amaro negli anni ’70, da Delitto d’amore a Lo scopone scientifico a L’ingorgo. E forse proprio questa sua amarezza lo spinge a diventare sempre più un osservatore attento e caldo dell’infanzia.
A cura di Francesca Comencini e Emiliano Morreale
Prima di diventare attrice, regista, sceneggiatrice, drammaturga e saltimbanco, Coline Serreau studia organo, musicologia, danza e acrobazia, in particolare trapezio, alla scuola di circo di Annie Fratellini. Assidua frequentatrice della Cinémathèque française, ha probabilmente assistito alla prima retrospettiva dedicata a Lubitsch nel 1967. Dal 1969, senza esitare e senza mai lasciarsi incasellare, Coline Serreau incanta con la sua recitazione, i suoi scritti e le sue regie per il teatro, il cinema e l’opera. Impertinente e cinica come Diogene, fa della commedia la sua arma di protesta, perché nei tempi bui l’ironia di Capra e Lubitsch resta lo strumento più efficace per combattere i bassi istinti. Già nel 1978 Serreau affermava, con lungimiranza: “Mi piace che la gente rida e che si ponga delle domande. Nel cinema degli uomini ci sono molte correnti, un pensiero nuovo. Io rifiuto un certo tipo di ghetto e lo dimostrerò. La mia ambizione è pari a quella di qualsiasi uomo. È solo che noi donne osserviamo la realtà con uno sguardo da colonizzate, molto più sovversivo”.
A cura di Émilie Cauquy e Mariann Lewinsky
Quest’anno la sezione si concentra su un genere strettamente associato al formato 16mm: il documentario musicale, compreso il popolare sottogenere del rockumentary. L’avvento delle tecniche del direct cinema e il momento di massimo splendore della cultura musicale negli anni Sessanta portarono alla realizzazione di film che raccontavano le performance e gli stili di vita frenetici ed edonistici delle star della musica e dei loro entourage. Trattandosi di un’epoca di profondi cambiamenti culturali, la maggior parte dei documentari su musicisti, concerti e festival superò ben presto i confini dell’arte: la politica e la critica sociale divennero elementi integranti del genere. La selezione si muove tra diversi generi musicali, sottolineandone la varietà geografica ed estetica per esplorare le lotte e i mutamenti in atto tra gli anni Sessanta e gli Ottanta. Il programma include titoli come Festival (Murray Lerner, sul Newport Folk Festivals), Right On! (Herbert Danska, con i Last Poets), Wattstax (Mel Stuart, con Isaac Hayes, Albert King, Carla e Rufus Thomas) e The Decline of Western Civilization (Penelope Spheeris, con i Black Flag, i Circle Jerks, i Germs e gli X).
A cura di Karl Wratschk