The Idea of Preserving Cinema
Edizione 2016 |
Sabato 25 giugno, sarà Charlie Chaplin a inaugurare la trentesima edizione del Cinema Ritrovato, sarà Tempi moderni, “il film del ventesimo secolo, film minimalista dagli enormi orizzonti” (Peter von Bagh), a illuminare la prima serata della Piazza, con le musiche originali eseguite dall’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna diretta da Timothy Brock. Mercoledì 29 giugno, protagonisti delle altre due serate di cineconcerto, ancora Chaplin con Il monello, con la partitura chapliniana del 1971 restaurata e rivista da Timothy Brock, e il Buster Keaton di The High Sign e Cops, con partiture rispettivamente composte da Donald Sosin e Timothy Brock. E poi, sera dopo sera, nuovi restauri, nuove esperienze di film indimenticabili: veder sfrecciare Vittorio Gassman e Jean-Louis Trintignant a bordo dell’Aurelia decappottabile, verso il più cinico e baro dei destini, nel Sorpasso di Dino Risi, o Dustin Hoffmann sul suo Duetto, verso il destino più liberatorio (ma chissà), nel Laureato di Mike Nichols… Mentre in Piazzetta Pasolini, anche quest’anno, risplenderà di nuovo l’esperienza perduta delle proiezioni a carbone, in tre serate speciali.
Anche quest’anno trova ampio spazio la sezione dedicata alle meraviglie tecniche del colore, una delle più amate e attese dal pubblico del Cinema Ritrovato. Il Technicolor è come sempre una parata di tentazioni irresistibili: ricercati e ritrovati negli archivi del mondo, i preziosi 35mm vintage riaccenderanno sullo schermo dell’Arlecchino passioni, sorrisi, lacrime, costumi, baci, make-up, passi danzanti, tutto quel che è la vita, ovvero tutto quel che la vita non è. Technicolor resta parola magica, promessa d’avventura dello sguardo, mappa d’un tesoro perduto: una visione del cinema, una visione del mondo. Novità di questa edizione, l’eccitante ritorno agli esordi del colore: il Kinemacolor, primo processo compiuto di film a colori. Brevettato in Inghilterra, ebbe vita breve (1908-1914), ma produsse una serie di film assolutamente spettacolari: una meraviglia delle origini che il restauro rende oggi finalmente disponibile.
Programma a cura di Gian Luca Farinelli
Una selezione dei migliori restauri eseguiti in tutto il mondo, in 35mm e in digitale. La più classica sezione del Cinema Ritrovato continua a offrire un punto di vista privilegiato su entrambe le modalità di restauro e visione. Fritz Lang e Borzage, Carné e Huston, Resnais e Bellocchio, Pietro Germi e Robert Altman, Paul Meyer e Thomas White: più che mai, i Ritrovati e Restaurati 2016 compongono un mosaico di classico e moderno, fuori e dentro il ‘canone’ della storia del cinema, tra capolavori acclamati e scoperte.
“Il nostro eroe viene dal nulla, non sta andando da nessuna parte ma si è fermato da qualche parte” – recita il cartello iniziale di The High Sign, prima commedia indipendente realizzata da Keaton dopo il periodo formativo con Arbuckle. Ricca di gag geniali e surreali, come l’inseguimento filmato in sezione, The High Sign fu distribuito solo nel 1921. Primo anche dei nuovi restauri del Progetto Keaton che quest’anno, grazie alla collaborazione di molte cineteche e a un lungo lavoro di comparazione, ricostruzione e restauro ci caleranno nel cuore dell’universo keatoniano con Cops (1922), forse il più classico dei suoi two-reelers; la leggerezza e la destrezza fisica di The Paleface (1922) e infine Seven Chances, esempio perfetto di come Keaton trasformò una farsa impostagli da Schenck in un film pieno di straordinarie trovate comiche. Il Progetto Keaton, nato nel 2015, è promosso dalla Cineteca di Bologna e da Cohen Film Collection.
Programma a cura di Cecilia Cenciarelli
Un monumento del cinema americano. Entra nel mito dalle porte dell’Actors Studio, è il più virile e sfrontato dei tre ragazzi d’oro della sua generazione. Si impone per dismisura di talento, cui farà eco la dismisura biografica: “L’attore che più si avvicina al genio” (Elia Kazan, padre-mentore, adorato e ripudiato). Negli anni adora, sfrutta e ripudia Hollywood, entrando e uscendo dai ruoli con abilità di “scaltra salamandra” (Truman Capote): è l’indelebile Kowalski di Un tram che si chiama desiderio, è biker e Selvaggio, è attore e regista nel western ante-leoniano One-Eyed Jacks, per Chaplin affronta le onde della commedia sofisticata splendidamente fuoritempo. Accade che quest’anno diversi archivi abbiano portato a termine restauri dei film di Marlon Brando: un’offerta che non si poteva rifiutare.
Fondata nel 1912 da Carl Laemmle, la Universal Pictures è ancora oggi un caposaldo dell’industria dello spettacolo americana. La rassegna si concentra su un segmento della ricchissima storia degli studios, quello compreso tra il 1928 e il 1936, quando a guidarla fu Carl Laemmle Junior, figlio del fondatore. Bersaglio di infiniti scherzi e battute nell’ambiente di Hollywood, il giovane Laemmle era in realtà un produttore sofisticato, ambizioso e intraprendente, che decise di puntare su una serie di progetti audaci, e perse. Nel 1936 Show Boat sforò il budget e gli studios finirono nelle mani dei creditori. Eppure quel breve periodo fruttò film importanti come Dracula, Frankenstein e All Quiet on the Western Front. La rassegna si incentra però su opere meno conosciute, spesso contraddistinte da un deciso gusto europeo grazie al contributo di registi emigrati come James Whale, Paul Fejos e William Wyler. Tra le proposte, la prima europea per il restaurato King of Jazz, con il Technicolor restituito al suo strabiliante splendore.
Programma a cura di Dave Kehr, in collaborazione con The Museum of Modern Art, New York e Universal Pictures
Innamorato del cinema americano, del jazz, della giovinezza, Jacques Becker (1906-1960) fu il regista più amato e rispettato della ‘tradizione della qualità’, benché rinnegasse quel genere di cinema. “Detesto la mia generazione”, ebbe a dire. “È la generazione dei falsi pretesti”. Mai “uno di loro”, si sentiva più vicino ad anticonformisti come Bresson, Ophüls e la nascente generazione della Nouvelle Vague. Come regista, sapeva passare da un ambiente all’altro con suprema eleganza, e diede al cinema del suo paese il più grande film sulla Francia rurale con Goupi Mains Rouges, il manifesto di una gioventù negletta con Rendez-vous de juillet, il volto nudo dell’amore con la Simone Signoret di Casque d’or, il più grande film noir con Grisbi (eguagliato solo da La Nuit du carrefour di Renoir, del quale Becker fu aiuto regista); e con il suo capolavoro, Le Trou, fu – per citare Serge Daney – “l’unico che sapesse filmare l’idea stessa di libertà”. Programma a cura di Bernard Eisenschitz
Scrittore geniale e multiforme, regista, pioniere della televisione, reporter, cultore di cibi e vini, Mario Soldati è una delle figure più vulcaniche del Novecento italiano. Per lungo tempo la critica si è limitata agli adattamenti letterari dei primi anni Quaranta, come Piccolo mondo antico (1940) o Malombra (1942). Ma l’originalità del Soldati cinematografico emerge nell’intero suo percorso. Dalla commedia anni Trenta a una personale versione del neorealismo (Fuga in Francia, 1948, noir che ricorda atmosfere di Welles o di Sternberg), dal cinema di genere degli anni Cinquanta alla sorprendente modernità di La provinciale (1953) il suo cinema si confronta con il grande modello americano innestandolo su un gusto letterario che non prende mai il sopravvento. Grande narratore di figure femminili, scopritore di attori e valorizzatore di caratteristi e di luoghi, dalle Alpi alla pianura padana, Soldati è una figura d’autore inafferrabile, ancor oggi da riscoprire.
Programma a cura di Emiliano Morreale, in collaborazione con CSC – Cineteca Nazionale
Il cinema che racconta il cinema, indaga il suo passato e i personaggi che ne hanno fatto la storia: da un pioniere del film a trucchi come Segundo de Chomón a un autore visionario come Nicolas Roeg, passando per il ritratto-intervista che negli anni Settanta Volker Schlöndorff dedica alla ballerina, cabarettista e attrice Valeska Gert. Direttamente dal festival di Cannes, il viaggio nel cinema francese firmato da un regista cinéphile come Bertrand Tavernier. Il documentario come riflessione sul passato e sul presente: Letters from Baghdad ci riporta, attraverso rari materiali d’archivio, nel Medio Oriente d’inizio Novecento. La famiglia Coppola sotto la lente di ingrandimento. E per finire, un ritratto del migliore amico del festival, Peter von Bagh.
Se il 2015 è stato l’anniversario dei 120 anni dell’invenzione dei fratelli lionesi, il 2016 è la ricorrenza dell’Anno Uno del cinema: l’anno in cui il cinematografo invade il mondo (anche l’Italia e anche Bologna, il 27 agosto 1896), lo conquista, lo moltiplica, lo reinventa. “Ci fu un tempo in cui il cinema sbucava dagli alberi e sorgeva dal mare, in cui l’uomo con la macchina magica si fermava sulle piazze, entrava nei caffè, in cui tutti gli schermi aprivano una finestra sull’infinito. Quello fu il tempo di Louis Lumière” (Henri Langlois). Il Cinema Ritrovato presenterà una selezione della ‘stagione Lumière’ 1896, in collaborazione con l’Institut Lumière di Lione.
Un anno di grandi nomi e grandi produzioni: i film russi zaristi, la ‘storia ufficiale’ nell’ultimo anno prima della rivoluzione, nei nuovi restauri di copie imbibite (Bauer, Protazanov); i film americani Triangle-Fine Arts, tra splendore delle star (Douglas Fairbanks, Norma Talmadge) e monumentalità travolgente (Intolerance). All’ombra della guerra e della sua retorica vuota e trionfante nascono film e commedie dedicati alla leggerezza dell’attimo fuggente, si affaccia l’esprit dada: film-parodia, film come collage e objets trouvés. Anno di grandi autori e di scoperte: Borzage, Genina, Rodolfi, Stiller, Perret, accanto a personaggi come Fabienne Fabrèges o Heinie and Louie. Anno di sceneggiatrici: dalla brillantezza leggendaria di Anita Loos al talento poliedrico di attrici-scritttrici come Bianca Virginia Camagni, Zoja Barantsevich e Diane Karenne.
Programma a cura di Mariann Lewinsky
Marie Epstein è stata sceneggiatrice e co-regista di quattro (o forse più) dei film muti del fratello Jean Epstein (da Coeur fidèle, 1923, dove appare come attrice, in poi). Nel 1928 passa alla regia e gira assieme a Jean Benoît-Lévy opere di impegno sociale e stile poetico, mettendo in rilievo la forza espressiva di attori non professionisti e di giovani protagoniste. In capolavori come Peau de Pêche, La Maternelle e La Mort du cygne, l’oggettività del documentario si combina alle emozioni profonde evocate dalle sceneggiature scritte da Epstein. Dal 1950 al 1977 Marie Epstein ha lavorato per la Cinémathèque française, sviluppando pionieristicamente i mestieri della conservazione e del restauro cinematografico (con film come il Napoléon di Gance).
Programma a cura di Mariann Lewinsky ed Emilie Cauquy, in collaborazione con la Cinémathèque française
Per il nono anno consecutivo Il Cinema Ritrovato dedica uno spazio importante alle cinematografie del mondo grazie ai restauri del World Cinema Project, un progetto speciale di Martin Scorsese nato in seno a The Film Foundation. Due i restauri promossi e sostenuti insieme alla Cinémathèque Royale de Belgique: I ragazzi di Feng Kuei e Taipei Story, opere fondanti della nouvelle vague taiwanese e frutto della collaborazione/contaminazione artistica tra Hou Hsiao-hsien ed Edward Yang. Attraverso stili diversi e personali, i due registi offrono un punto di vista nuovo e originale sulle complessità e i paradossi di un paese in transizione tra valori tradizionali e materialismo moderno. Altrettanto lucida l’opera di Tomás Gutiérrez Alea, che a nove anni dal rovesciamento di Batista porta sullo schermo Memorie del sottosviluppo, una conversazione sulla rivoluzione cubana che dall’interno del regime riesce ad essere polemica e antimanichea. Forse il primo film che sia riuscito a raccogliere e interpretare attraverso una visione finalmente ‘cubana’ tutte le particolarità della storia e della cultura nazionali. Infine, Raid into Tibet dell’attivista britannico Adrian Cowell, unica testimonianza documentaria conosciuta della resistenza tibetana contro le milizie cinesi.
Programma a cura di Cecilia Cenciarelli
Ogni storia dell’arte presuppone una nuova luce più che un nuovo taglio. Questa storia ‘altra’ del cinema argentino non vuole presentare una volta ancora i film consacrati, di cui pure non contestiamo le qualità, ma vuole porre una luce obliqua su alcune opere sconosciute al di fuori del loro paese di origine, a volte anche dai propri più pigri cronisti. Il folclore è assente da questa scelta, così come l’onnipotente politica; abbiamo voluto invece mettere in luce l’immaginario di una società combattuta tra cosmopolitismo e marginalità.
Programma a cura di Edgardo Cozarinsky e Fernando Martín Peña, in collaborazione con INCAA
Crepuscolo, seconda parte della rassegna dedicata ai tesori meno conosciuti del cinema sovietico del Disgelo, disegna un quadro più tetro e austero rispetto ad Alba, la selezione dello scorso anno: torna di moda il bianco e nero (Dom, v kotorom ja živu, Lev Kulidžanov e Jakov Segel’, 1957), il cinema di genere vira verso tematiche più taglienti trattate ora con meditabondo machismo (Ognennye vërsty, Samson Samsonov, 1957), ora con cupa malinconia (Raznye sudʹby, Leonid Lukov, 1956), e persino il realismo socialista appare tormentato e percorso dal dubbio e dalla disperazione (Pavel Korčagin, Aleksandr Alov e Vladimir Naumov, 1956). I primi capolavori di registi promettenti come Vasilij Ordynskij incontrano le ultime opere di registi della vecchia guardia quali Vladimir Petrov, restituendo il ritratto di un cinema sovietico fatto di torbida gioia, scontrosa eleganza e tanta inattesa sperimentazione.
Programma a cura di Olaf Möller e Peter Bagrov, in collaborazione con Gosfilmofond of Russia
Verso la fine degli anni Cinquanta il cinema giapponese ampliò rapidamente la produzione a colori. Nel 1958, quando Yasujiro Ozu diresse Fiori d’equinozio, con il suo incantevole bollitore rosso, quasi tutti i registi più importanti del paese avevano ormai firmato almeno un film a colori con la sola eccezione di Akira Kurosawa, che rimase legato al bianco e nero fino al 1970. In quegli anni registi e operatori esplorarono non solo le potenzialità pittoresche del colore, ma anche la sua carica espressiva e ideologica. Questa seconda parte della rassegna dedicata agli esordi della cinematografia a colori giapponese proporrà alcuni dei migliori film del dopoguerra, celebrandone la bellezza e documentando come il nuovo mezzo si prestasse a illustrare la turbolenta esperienza di un Giappone in rapida trasformazione.
Programma a cura di Alexander Jacoby e Johan Nordström, in collaborazione con il National Film Center di Tokyo
È tempo di celebrare il primo studio cinematografico indipendente iraniano, che nei suoi dieci anni di attività produsse alcuni dei documentari e film di finzione più interessanti della storia del cinema nazionale, come Brick and Mirror (1964) e The House Is Black (1962), primo documentario iraniano diretto da una donna. Tutto ciò fu possibile grazie a una figura di importanza cruciale nel panorama culturale iraniano: il regista, produttore, scrittore e traduttore Ebrahim Golestan, senza il quale una cinematografia d’autore sarebbe stata sostanzialmente impensabile. Questa è la prima importante retrospettiva europea dedicata a film diretti o prodotti da Ebrahim Golestan, un cinema poetico, simbolico e profondamente partecipe del passato storico. I film di Golestan sono, per citare il titolo di uno dei suoi documentari, i “gioielli della corona” del cinema iraniano.
Programma a cura di Ehsan Khoshbakht
Sedici studenti di diverse scuole bolognesi parteciperanno al Festival in veste di ‘ambasciatori’ della storia del cinema: vedranno i film in programma, intervisteranno i protagonisti del festival e il pubblico. Inoltre, accoglieranno ragazzi e insegnanti provenienti da Francia, Belgio, Olanda e Germania che, nell’ambito del progetto ABCinema Plus, verranno a Bologna. Il gruppo promuoverà, attraverso il web e i canali social, le proiezioni e gli eventi speciali in programma. Gli appassionati di critica cinematografica tra i 16 e i 19 anni avranno la possibilità di partecipare a Parole e voci dal festival: una redazione coordinata da Roy Menarini seguirà il Festival tramite il blog CinefiliaRitrovata.it e consiglierà alcuni titoli adatti anche a un pubblico di ragazzi.
Il Progetto Schermi e Lavagne dedicherà una speciale programmazione ai piccoli cinefili presso la Sala Cervi della Cineteca. Ogni pomeriggio i bambini potranno assistere a una serie di proiezioni articolate in rassegne: dai pionieri del cinema alla magia delle fiabe, alla scoperta di film di ieri e di oggi, provenienti da tutta Europa e non solo. Inoltre, a seguire, i piccoli spettatori potranno partecipare a laboratori e giochi ispirati ai film visti in sala.