Cinema, arte di tutt*
Contro ogni bandiera, la rassegna dedicata a Wolfgang Staudte, consente di conoscere il percorso unico di un regista che si forma professionalmente negli anni del nazismo, sceglie di lavorare nella Germania Est e poi si trasferisce nella Germania Ovest dirigendo, però, sempre film personali e scomodi. Staudte rappresenta bene l’aspetto antinazionalista del cinema che è da subito, grazie all’immediata
diffusione in tutto il mondo e alle immagini riprese nei vari continenti dagli operatori Lumière, un’arte collettiva, senza frontiere. Un’arte di tutti perché tutti se ne appropriano per rappresentarsi.
Lo abbiamo sempre detto, il nostro è il festival degli archivi. Noi, con il nostro lavoro possiamo spronare a restaurare delle opere, ma il programma è anche lo specchio delle scelte dei singoli archivi. La buona notizia è che sta emergendo il cinema afroamericano, lungamente dimenticato.
Quest’anno possiamo rendere omaggio a due leggende del cinema nero, Oscar Micheaux e Melvin Van Peebles. Al primo è dedicato il prezioso documentario di Francesco Zippel, The Superhero of Black Filmaking e il restauro di Murder in Harlem, film di denuncia su un processo che agitò l’opinione pubblica statunitense degli anni Dieci per il delitto di una giovane impiegata bianca, del quale era stato ingiustamente accusato un collega afroamericano. Del secondo mostriamo il travolgente Watermelon Man, imperdibile commedia che ribalta gli stereotipi e le certezze dei bianchi, ma anche dei neri.
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E poi il restauro di Lumumba, la mort du prophète (1991). In soli sessantanove minuti Raoul Peck, che ha vissuto la sua infanzia in Congo, seguendo l’insegnamento di Chris Marker, riesce nell’impresa di narrare la storia epica e tragica di Patrice Lumumba, di denunciare le politiche coloniali bianche, di aprire una riflessione sulle grandi questioni etiche che riguardano le immagini, il giornalismo, l’impegno, la responsabilità; un capolavoro, onesto e potente.
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Nei dodici minuti di Buried News Bill Morrison utilizza quattro cinegiornali, prodotti tra il 1917 e il 1920, rocambolescamente ritrovati a Dawson City, dai quali emerge la violenza razziale che attraversa gli Stati Uniti, gli strascichi delle rivolte di East St. Louis, Illinois, nel 1917, e ad Omaha, Nebraska nel 1919 e materiale rarissimo, considerato perduto, sull’assedio del tribunale di Lexington, Kentucky, nel 1920.
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Purtroppo il razzismo ha infinite sfumature: la star hollywoodiana di origini giapponesi Sessue Hayakawa dovette lasciare Hollywood nel 1922 per lavorare in Europa, non potendo più interpretare ruoli da protagonista al fianco di attrici bianche con il dilagare negli Stati Uniti del razzismo anti-asiatico. Nella rassegna Cento anni fa mostreremo l’unica copia nota di The Swamp conservata dall’archivio russo Gosfil’mofond.
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