Scary Nights at Il Cinema Ritrovato
“Non c’è ragione di temere i morti. Dormono molto profondamente”.
(La maschera del demonio)
Anche quest’anno il programma del Cinema Ritrovato si tinge di nero, con un filone horror in tutte le sue nuance, dal deep black al grayish. Il piatto è ricco e variegato: dai primi incubi d’autore di La maschera del demonio e Il tram (alle origini del terrore firmato, rispettivamente, da Mario Bava e Dario Argento) ai cult del genere, come The Wicker Man – The Final Cut e La casa dalle finestre che ridono, fino alle visioni acquatiche di Revenge of the Creature e alla commedia nera dei Gremlins (atto 1 e 2, firmati da Joe Dante), al noir-crime di I, The Jury.
Ci abbandoneremo poi a un sogno/incubo della durata di cinque ore, con l’opera giovanile di Joe Dante (à la Ghezzi) The Movie Orgy, che intercala immagini di commedie a spot pubblicitari e scene del terrore.
Il filone horror del festival attraversa le sezioni in programma e diverse location, da Piazza Maggiore al Cinema Europa (dove Il Cinema Ritrovato è nato trentasette anni fa), concentrandosi nella sezione “Pratello Pop” e “Ritrovati e Restaurati”.
THE MOVIE ORGY (USA/1966-2009) di Joe Dante
Alle origini della tecnica del mash-up, “l’idea di realizzare The Movie Orgy risale all’inizio del 1966, quando Joe Dante frequentava il secondo anno presso il Philadelphia College of Art and Design. […] Dante decise di realizzare una “Camp Movie Night”. Riuscendo a ottenere a noleggio la pellicola di un altro serial cinematografico d’epoca, The Phantom Creeps (1939, con Bela Lugosi), Dante realizzò uno spettacolo di sette ore inframmezzando bobine dei dodici episodi della serie con qualunque altro tipo di film disponibile che avesse colpito la sua immaginazione: spezzoni di lungometraggi, vecchi show e pubblicità televisive, film industriali, cartoni animati, ecc. Nacque in questo modo The Movie Orgy, che ebbe un successo straordinario” (Howard Prouty).
Il film sarà introdotto da Joe Dante al Cinema Europa.
LA CASA DALLE FINESTRE CHE RIDONO (Italia/1976) di Pupi Avati.
Cult internazionale dalle inquietanti atmosfere squisitamente emiliane, emblema del cinema noir-giallo-gotico. “L’idea affondava le radici in una delle storie che Pupi Avati bambino sentiva evocare davanti al fuoco del camino che gettava frammenti di luce sugli ambienti oscuri delle case di campagna percorse da scricchiolii e fantasmi” (Andrea Maioli).
Il film sarà presentato in Piazza Maggiore da Avati.
DR. JEKYLL AND MR. HYDE (USA/1931) by Rouben Mamoulian
Andiamo alle origine del gotico con la traduzione cinematografica di un caposaldo della letteratura mondiale, Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, in programma nella versione firmata da Rouben Mamoulian, in un nuovo – splendente – restauro digitale. “È uno dei film più belli di Mamoulian, nonché il migliore adattamento cinematografico del romanzo breve di Robert Louis Stevenson: nessuno dei tanti film tratti dal libro è riuscito a eguagliare la sinistra verosimiglianza della visione di Mamoulian. […]Proiettato come film d’apertura alla prima edizione della Mostra di Venezia, questo tormentato ritratto di un uomo frustrato da una società che nega i suoi desideri sessuali e intellettuali fu censurato dopo la prima uscita, e quando la MGM acquistò i diritti per il remake del 1941 di Victor Fleming scomparve completamente dalla circolazione per almeno sessant’anni, durante i quali acquisì un’aura leggendaria” (Ehsan Khoshbakht).
THE WICKER MAN (THE FINAL CUT) (GB/1973) di Robin Hardy
Per tutti gli appassionati di horror che hanno apprezzato titoli come Midsommar di Ari Aster e The Witch di Robert Eggers. In The Wicker Man c’è già tutto: l’estremismo religioso, lo sguardo spaesato dell’occidentale fuori dalla sua comfort zone, le società rurali, un rapporto carnale con la terra e i suoi dei/demoni.
“The Wicker Man brucia più intensamente che mai sul terreno coperto di cicatrici del cinema britannico. Notoriamente celebrato negli Stati Uniti da Cinefantastique nel lontano 1977 come ‘il Quarto potere dell’orrore’, in patria ci ha messo un po’ di più per accendersi ma oggi occupa ormai regolarmente i primi posti delle classifiche dei migliori titoli, e la sua star, Christopher Lee, ha dichiarato di aver offerto in quel film la sua interpretazione migliore” (Vic Pratt ).
LA MASCHERA DEL DEMONIO (Black Sunday Italia/1960) di Mario Bava
Opera fondativa dell’horror nostrano e film d’esordio di Mario Bava. “La maschera del demonio è anche un film che rappresenta il fantastico e l’orrore con la massima concretezza corporea: superando anzi i confini del rappresentabile vigenti all’epoca, tanto da avere problemi di censura in alcuni paesi” (Alberto Pezzotta).
IL TRAM – Ep. di La porta sul buio (Italia/1973) di Sirio Bernadotte (Dario Argento)
“Negli anni Settanta, quando realizza per la Rai la miniserie composta da quattro episodi La porta sul buio, Dario Argento è attratto dalla possibilità (soprattutto tecnica) del mezzo, nonché dalla chance di arrivare, con le sue creazioni e i suoi incubi, a un pubblico molto più vasto e popolare” (Roberto Pugliese).
«C’è anche il criminale intelligente, magari ha belle macchine, ville, lusso, può anche sembrare una persona perbene, compie delitti anche lui, eccome, solo che quando andiamo a vedere ci mostra le mani e sono sempre bianche, pulite, immacolate». C’è tutto l’Argento classico in nuce.
INLAND EMPIRE (USA/2006) di David Lynch
Il primo film di Lynch, girato interamente in digitale. “C’è un po’ di questo nell’approccio di Lynch, che ha rinunciato alle riprese in 35mm (e alle luci sublimi di Peter Deming) per girare in semplice DV, ben lontano dall’alta definizione. Il suo film è per questo meno spettacolare? Decisamente no, dato che la nitidezza dell’immagine ben si addice ai contorni incerti dell’universo da incubo rappresentato, e il regista ha trovato in questa modalità di ripresa una nuova libertà” (Philippe Rouyer).
I, THE JURY (3D) (USA/1953) di Harry Essex
Se si è alla ricerca di atmosfere dark ma più rarefatte, di quel gusto particolare che caratterizza i crime drama della Hollywood anni ’50, I, The Jury (adattamento cinematografico del bestseller di Mickey Sillane) non deluderà.
“La rivelazione di quella proiezione fu però il 3D. Visto ‘piatto’ alla tv, I, the Jury non ha molto del film in 3D, essendo pochi i casi in cui oggetti e persone escono dallo schermo. Ma la proiezione in 3D rivela la maestria del geniale John Alton nel creare profondità, portando lo spettatore dentro le immagini. Uno dei pochi polizieschi in 3D, I, the Jury è da questo punto di vista un gioiello misconosciuto” (Max Allan Collins).
REVENGE OF THE CREATURE (3D) (USA/1955) di Jack Arnold
E arriviamo alle creature: siamo al fanta-horror, nell’impresa impossibile di bissare il successo di Il mostro della laguna nera (1954)…
“Il Mostro, oltre a essere visivamente notevole, è molto interessante dal punto di vista psicologico. […] Ciò rende la sua avventura non solo minacciosa ma anche drammatica e financo patetica, e suscita negli spettatori una bizzarra compassione per questo precursore evolutivo dell’uomo: possiamo capirne e perfino condividerne i sentimenti pur trovandolo orrendo, violento e pericolosamente irrazionale” (Miguel Marías).
GREMLINS (USA/1984) e GREMLINS 2: THE NEW BATCH (USA/1990), il primo presentato in sala dallo stesso Joe Dante
A proposito di animalia, siamo arrivati all’angolo del cult realizzato da un cultore di film di genere, Joe Dante con i due episodi di Gremlins. Black comedy d’autore, tra i migliori titoli dell’epoca: “animato da una garbata carica di salutare e trascinante cattiveria, Gremlins è il rovescio della medaglia di quel cinema buonista che all’inizio degli anni ’80, sulla scia di E.T. – L’extraterrestre stava pericolosamente ingabbiando la fantasia degli sceneggiatori” (Giancarlo Zappoli, Mymovies.it).
“Mi hanno lasciato fare il film che volevo io, anche se in realtà non lo hanno capito. Per esempio, non riuscivano a capire perché volevo che i gremlin ‘rompessero’ la pellicola. Hanno detto: ‘Se ne andranno tutti’. Ho detto: ‘No, non se ne andranno. È uno scherzo!’. Nel corso degli anni ho scoperto che rompere la quarta parete è sempre più difficile. È diventato molto difficile essere brechtiani in modo esplicito. […] Sia come sia, l’ho fatta franca e mi hanno lasciato fare il film, che per me era un film più personale” (Joe Dante).