28/06/2019

Lezioni di cinema: Il cinema di Eduardo De Filippo

“Il cinema di Eduardo della prima metà degli anni Cinquanta è interessantissimo perché si trova in un momento di passaggio stranissimo del nostro cinema: il neorealismo è finito, il cinema si sta ri-definendo ed è in un rapporto molto conflittuale con la politica”: è questo l’incipit che offre Emiliano Morreale in occasione della lezione su Eduardo De Filippo durante il quinto giorno del Cinema Ritrovato.

Quando si parla del cinema di Eduardo si raccontano storie costantemente in bilico tra un’Italia pre- e post-bellica e lo sanno bene Anna Masecchia, docente di storia del cinema dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, e Roberto De Gaetano, docente di filmologia dell’Università della Calabria. Può sembrare alquanto peculiare che a discutere di Eduardo De Filippo si ritrovino tre studiosi di cinema, ma la rassegna di quest’anno devia consapevolmente da uno stile squisitamente drammaturgico per presentare un volto troppe volte ignorato – e ancora più spesso sottovalutato –  del più algido e rigoroso dei fratelli De Filippo.

“La cattiveria e l’acrimonia della Cantata dei giorni dispari dell’immediato dopoguerra”, così come vengono definite da Morreale, vengono portate al cinema da Eduardo in un misto di cinismo e insofferenza. Da Napoli milionaria (1950) a Marito e moglie (1952) passando per Ragazze da marito (1952) e Napoletani a Milano (1953): Eduardo De Filippo mette in scena il desiderio di riscatto sociale, la perdita dei propri valori e la crisi della famiglia in modo del tutto unico, personale. “Si capisce che siamo in guerra, in guerra con la miseria” recita la sorella Titina in Ragazze da marito e sarà proprio il personaggio da lei interpretato ad ambire spasmodicamente che le figlie abbiano un buon matrimonio, con giovani benestanti e con una buona posizione sociale. “Per riscattare il proprio matrimonio infelice”, come ribadisce Roberto De Gaetano, il personaggio di Agnese costringe il marito a compiere acrobazie e investimenti bizzarri per promettere un’ascesa sociale alle proprie figlie, trascinandolo in modo tragicomico verso la corruzione. “Il dispositivo matrimoniale non viene più presentato dal punto di vista dei giovani, ma dei vecchi”, vecchi che sequestrano il desiderio delle nuove generazioni facendo precipitare i loro destini nel disastro. Una commedia nera, cupa, un ribaltamento dell’intreccio in favore della manipolazione da parte di una società che soccombe ineluttabilmente alle ansie e alle delusioni. Crollano le illusioni e manca la forza per credere in un nuovo mondo: il cinema di Eduardo ri-pensa la commedia in modo forse ancora più cinico e spietato rispetto al suo grande teatro. 

Anna Masecchia ricorda come il punto più prezioso delle commedie cinematografiche di De Filippo si celi proprio nel trovarsi a cavallo del neorealismo e della commedia all’italiana dolce-amara, consentendo al regista-attore “di uscire dal recinto della tradizione proprio restando dentro la tradizione” e di porre le basi per la scrittura del suo teatro più ricercato. Una “semi-maschera”, come la definisce ancora una volta la docente, che fa i conti con una fase di transizione creativa personale, ma anche –  e soprattutto – storica e collettiva. 

La difficoltà di trovare in Eduardo De Filippo anche un protagonista del suo cinema coincide con una certa disattenzione critica nei confronti della sua filmografia, eppure riscoprire Eduardo De Filippo cineasta significa necessariamente ricercarne e analizzarne gli aspetti che valicano “Eduardo come istituzione”, esplorando le sperimentazioni feroci e meravigliosamente poco indulgenti di una colonna portante della cultura italiana.

Report di Alessandro Criscitiello
Nell’ambito del corso di Alta Formazione per redattore multimediale e crossmediale, nel progetto di formazione della Cineteca di Bologna.

Gallery di Margherita Caprilli