Aspettando Il Cinema Ritrovato: musiche, musicisti e musical
Il cinema, fin dalle sue origini, quando ancora gli mancava la parola, ha sempre cercato la sua musicalità, che è intreccio di ritmi, armonie e passioni, come sanno bene i musicisti, improvvisatori e compositori del Cinema Ritrovato: quegli artisti che macinano ore al pianoforte, cercando i ritmi, le armonie e le emozioni che vengono dalle immagini mute.
Matti Bye, Neil Brand, Antonio Coppola, Daniele Furlati, Stephen Horne, Maud Nelissen, Donald Sosin, Gabriel Thibaudeau: questa è la formazione di campioni internazionali che Il Cinema Ritrovato riunisce per dare musica al cinema.
Al pianoforte, e non solo, perché molte saranno anche quest’anno le occasioni speciali: prima con la Filarmonica del Teatro Comunale di Bologna per la Corazzata Potëmkin, con le musiche di Edmund Meisel, dirette da Helmut Imig, e per La Roue, scritte da Arthur Honegger per il monumentale film di Abel Gance, del quale vedremo, in anteprima assoluta, grazie allo straordinario lavoro della Fondation Jérôme Seydoux-Pathé, il prologo del nuovo restauro; poi con l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, per Steamboat Bill, Jr. di Buster Keaton, con la partitura di Timothy Brock; con ensemble costituiti ad hoc, come quello di Daniele Furlati e Frank Bockius per Addio giovinezza, tornato alle musiche originali dell’operetta di Giuseppe Pietri, per dar loro una nuova veste cinematografica; o il duo composto da Stephen Horne e Frank Bockius per À propos de Nice nel nuovo restauro di Gaumont; o con formazioni collaudate, come The Sprockets, guidata da Maud Nelissen per The Patsy.
Successe poi che il cinema trovò la voce, quella umana, ma anche quella di una fisarmonica, indimenticabile protagonista sonora dell’Atalante, capace, lei sola, di accompagnare ritmi, armonie e passioni, di una storia d’amore. Genialmente composta da Maurice Jaubert, la colonna sonora dell’Atalante che fu violata da una seconda versione rimontata e censurata del film, di un tocco napoletano: quello di Cesare Andrea Bixio, che per l’occasione adattò la sua Parlami d’amore Mariù in Le Chaland qui passe.
Ma c’è anche chi ribalta il tempo, come il regista statunitense Bill Morrison, artista-archeologo sulle tracce del passato (del cinema e dell’America), che alle immagini ha di nuovo tolto la voce, per dar loro i suoni di sperimentatori come Bill Frisell o Alex Somers.
E le immagini? Cosa hanno dato alla musica? Hanno incredibilmente espanso il fascino della performance, hanno creato miti che i soli suoni non avrebbero mai potuto inventare, hanno fatto sapere al mondo che Otis Redding non aveva solo una delle voci più belle di sempre, ma era anche un leone da palcoscenico, che Jimi Hendrix non suonava solo la chitarra in modo funambolico, ma era anche l’incarnazione della follia e della libertà. Perché Otis Redding e Jimi Hendrix? Perché, assieme a loro, sullo schermo di Piazza Maggiore vedremo in tutta la loro grandezza – e in versione restaurata – i giganti immortalati da D.A. Pennebaker a Monterey nel 1967: Ravi Shankar, The Who, Simon & Garfunkel (che ritroveremo anche con la loro Mrs. Robinson, entrata nelle orecchie di tutti con Il laureato).
Sarebbero poi entrate nel mito le hit dance dei Bee Gees senza il volteggiare di John Travolta? Si ballerà, al Cinema Ritro vato, con La febbre del sabato sera (sempre in Piazza Maggiore, sempre un nuovo restauro), o con la rumba della star messicana anni Cinquanta Ninón Sevilla (quando Edith Piaf giunse in Messico, così rispose ai giornalisti che le chiedevano cosa volesse vedere del Messico: “Ninón Sevilla!”). Ma si canterà, anche: con Marylin Monroe (suadentissima, quando intona River of No Return nell’omonimo film di Otto Preminger), con Peggy Lee (che regala la sua voce all’epica di Johnny Guitar), con Chet Baker (trombettista la cui voce ha fatto innamorare intere generazioni) ritratto da uno dei fotografi più importanti del mondo. Bruce Weber sarà ospite a Bologna in veste di regista, per il suo commovente omaggio a Chet Baker, Let’s Get Lost, e per presentare l’ultima versione del suo work in progress dedicato a Robert Mitchum (che, a sua volta, cantava, eccome se cantava! Avremo modo di scoprirlo, proprio nel documentario di Weber, al fianco di Rickie Lee Jones in una splendida interpretazione di Cheek to Cheek, o di Marianne Faithfull nel brano che dà il titolo al film, Nice Girls Don’t Stay for Breakfast).