21/06/2022

Le dive del festival (una per sezione)

“In un’Italia che rotolava verso la Prima guerra mondiale e poi il fascismo, e di diritti delle donne a malapena si parlava (ancora lontanissimo da noi il suffragio universale), alcune figure femminili invasero e dominarono gli schermi, respinsero le loro controparti maschili verso i margini, divennero protagoniste assolute della cultura dell’immagine. Divine, certo, e infatti il termine “diva” nacque con loro e per loro. Ma anche così concrete e, diremmo oggi, ispirazionali nella loro forza e determinazione, da diventare immediatamente modelli, produrre schiere di emule, nella storia del costume come nella storia dello spettacolo internazionale”.
Gian Luca Farinelli

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Divine e inaccessibili, sublimi ed eteree, volitive e carnali, italiane e non… Le dive del cinema colpiscono da sempre, capaci come sono di creare un universo gravitazionale che attrae il pubblico, imprimendosi nell’immaginario collettivo. Abbiamo selezionato alcuni dei volti femminili più rappresentativi di questa edizione del Cinema Ritrovato:

  • Sophia Loren, ovvero… l’Italia!
    Simbolo dell’Italia, anzi di un’Italia mediterranea, esotica, e internazionale: Sophia Loren, in una carriera lunghissima, è stata tutto questo. Talmente italiana da risultare esotica anche per l’Italia stessa. A lei è dedicata un’intera sezione del festival, “Forever Sophia“.

  • Stefania Sandrelli, “noi la conosciamo bene”
    Sarà Stefania Sandrelli a inaugurare sabato 25 giugno in Piazza Maggiore a Bologna la 36ª edizione del festival: in programma il nuovo restauro del Conformista di Bernardo Bertolucci, che nel 1970 volle proprio Stefania Sandrelli assieme a Dominique Sanda e Jean-Louis Trintignant in uno dei suoi film visivamente più belli.

  • Francesca Bertini: insieme alla Borelli, la diva (muta) del cinema italiano
    Eterna femme fatale protagonista di Tu m’appartiens!, all’interno della sezione “Ritrovati e Restaurati”. Il prototipo di un genere di donna che seppe non solo inventare, ma anche far resistere al tempo ben al di là della sua carriera cinematografica.

  • Liz Taylor, “corpo di donna ed emozioni di fanciulla”
    Considerata l’ultima grande diva di Hollywood, contraltare femminile dagli occhi viola del divo maledetto James Dean, in Giant (“Ritrovati e Restaurati”).

  • Barbara Stanwyck, “l’attrice più eternamente moderna dell’Età d’Oro di Hollywood”
    La troviamo in un triangolo “selvaggio” con Gary Cooper e Anthony Quinn in Blowing Wild di Hugo Fregonese.
  • Evelyn Keyes, “a star noir”
    Nella sezione “Peter Lorre, straniero in terra straniera”, nei suoi 68 minuti The Face Behind the Mask, esemplare film di serie B, mette insieme violenti gangster, un’angelica ragazza cieca e una pungente parodia del sogno americano.

  • Gunilla Palmstierna, un diamante svedese
    Unico lungometraggio di Peter Weiss, straordinario film sulle ventiquattr’ore di un giovane nella città di Stoccolma, Hägringen incorpora elementi di precedenti corti sperimentali e non-fiction del regista.

  • Ève Francis, “l’étoile rêvée”
    Attrice e regista francese (musa/moglie di Louis Delluc), protagonista di Antoinette Sabrier dell’amica Germaine Dulac (nella sezione “Super 8, 9,5mm & 16mm – Piccolo grande passo”).

  • Märta Torén, la diva svedese che ispirò il nome d’arte di Sophia Loren
    Attrice svedese, poi hollywoodiana e infine italiana, prematuramente scomparsa; la troviamo in One way street di Hugo Fregonese.

  • Maria Jacobini, “l’eterno fatale tormento della camminante senza pace”
    Protagonista, insieme alla terra di Sardegna, di Cainà ovvero l’isola e il continente, “opera densa, tesa, compatta, disperata, talvolta incomprensibile” (nella sezione “Cento anni fa: 1922”).

  • Leila Diniz, “il simbolo di un Brasile che voleva cambiare”
    “Autentica e spontanea, Leila Diniz fu la portavoce di una generazione censurata. Conquistò cuori e menti nel segno dell’amore e allo stesso tempo si attirò l’ostilità dei difensori della morale e dei conservatori”. All’attrice brasiliana è dedicato il documentario Já que ninguém me tira para dançar.
  • Fujiko Yamamoto, “un nuovo tipo di donna di Kyoto”
    Diva di prima grandezza della Daiei – in soli dieci anni (1953 – 1963) apparve in oltre cento film – e più nota in Occidente per Fiori d’equinozio di Ozu, qui la troviamo protagonista di una tragica storia d’amore ambientata nel medio periodo Edo (1603-1867) in Shirokoya Komako.
  • Divine (Harris Glenn Milstead), “the girl can’t help it”
    Famosa drag queen che prendeva il nome dall’eroe (declinato al femminile) di Notre-Dame-des-Fleurs di Jean Genet, sfila risoluta e orgogliosa in Pink Flamingos di John Waters.

  • Alla Nazimova, diva anacronistica e protagonista dimenticata
    In Salomè (al festival, nella sezione “Cento anni fa: 1922), la recitazione sfrutta ogni parte del corpo, quasi come fosse una danza: gesti e movimenti sono più importanti delle espressioni facciali.
  • Constance Smith, la versione irlandese di Hedy Lamarr
    Diva dalla vita tormentatissima (fu protagonista – recidiva – di varie aggressioni a quello che sarebbe diventato il marito, il regista di documentari Paul Rotha). Nella sezione dedicata a Hugo Fregonese, la troviamo accanto a Jack Palance in Man in the Attic.

  • Josette Andriot, un’eroina nata dal cinema e per il cinema
    Pioniera del travestimento, regina del trasformismo di fredda bellezza, sportiva completa, capace di nuotare, montare a cavallo e andare in bicicletta, è protagonista al festival di Protéa di Victorin-Hippolyte Jasset, a cui quest’anno dedichiamo una sezione.

  • Yoná Magalhães, “a estrela do Rio”
    Sessant’anni di carriera tra televisione, cinema e teatro, la troviamo in Deus e o Diabo na terra do sol di Glauber Rocha.

  • Milena Dravić,  la diva serba dallo sguardo malinconico
    Per anni ha descritto i vizi e le grandi virtù del popolo jugoslavo in genere e serbo in particolare. La troviamo in Čovek nije tica, un “film d’amore” che crede nella potenza dell’amore pur vedendo in esso la contiguità con la morte, nella sezione “Uno sguardo al cinema jugoslavo”.

  • Renate Müller, una stella caduta (perseguitata da Hitler e la Gestapo)
    Nella sezione “L’ultima risata: commedie musicali tedesche, 1930-32”, Die Privatsekretärin: fu il film di svolta e il più grande successo della giovane attrice, poi caduta in disgrazia presso Hitler e pedinata dalla Gestapo. Dopo la sua tragica morte (appena sei anni dopo l’uscita del film), tutte le copie dell’opera furono ritirate dalla circolazione e il negativo fu dato per distrutto.

  • Maggie Nujarlutuk, the star of the North
    Volto del cinema documentario delle origini, è interprete femminile di Nanook of the North (nella sezione “Cento anni fa: 1922”), film muto ancora considerato con grande orgoglio e rispetto dalla cultura Inuit, e soprattutto dai discendenti di Allakarialak (Nanook).

  • Senza nome, la ragazza delle stelle
    La Fée aux étoiles: è il 1902, siamo nell’anno di Voyage dans la Lune. Una ragazza danza tra le stelle.Non conosciamo il suo nome, ma la sua iconica immagine ci accompagnerà durante il festival stampata sulle tote bag del Cinema Ritrovato.