CAINÀ OVVERO L’ISOLA E IL CONTINENTE

Gennaro Righelli

Sog: Maria Jacobini, Adriano Piacitelli. Scen.: Gennaro Righelli. F.: Tullio Chiarini. Int.: Maria Jacobini (Cainà), Carlo Benetti (Pietro), Ida Carloni Talli (la madre), Eugenio Duse. Prod.: Fert Film. 35mm. L.: 1282 m (l. or.: 1295 m). 18 f/s. Bn

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Chi è Cainà? “Degenerata”, la definisce la sua stessa madre. “Strega”, la apostrofano i vegliardi del villaggio. È una che “se l’è andata a cercare”? O è l’ennesimo spirito libero destinato a ritrovarsi triturato dagli atavici ingranaggi di una società che si alimenta del proprio immobilismo?
Per spezzare l’immobilismo possiamo immaginare due strategie: ribellarsi in casa, oppure darsi alla fuga. Cainà sceglie la seconda. O forse, più che una scelta, è un impulso. “Il suo desiderio appartiene solo al mare e a terre sconosciute”, ci spiega una didascalia. L’isola la asfissia. Le riempiono invece testa e polmoni i racconti dei marinai accampati attorno al fuoco, che lei ascolta di nascosto. Cainà, più che una figlia di Iorio di dannunzianza memoria, forse anche più che un’eroina alla maniera di Grazia Deledda, sembra una Bovary analfabeta. Si infila clandestinamente nel veliero, per andare. La distanza non è tanta, ma anche in un breve tratto di mare le onde possono diventare cattive. E Righelli è un regista marittimo spettacolare. Cosa cerca Cainà con questa fuga? Uno spiraglio di felicità? Non ci è chiaro, e forse neanche a lei.
Tra i tanti meriti di quest’opera densa, tesa, compatta, disperata, talvolta incomprensibile, c’è la Sardegna. Nelle ricerche pluriennali che abbiamo dedicato al paesaggio italiano nei primi anni del Novecento, spicca l’assenza di immagini cinematografiche dedicate al territorio sardo. Cainà è il film che più si avvicina a quei ‘dal vero’ perduti. Nei panorami fantasticamente aspri della Gallura, nei villaggi che sembrano tutt’uno con la pietra, nei nuraghi ineffabili, nel folklore delle feste di paese, nei lamenti funebri… Gianni Olla, tra i maggiori conoscitori del cinema sardo, capace di individuare con precisione chirurgica le location del film (“tra Aggius e Bortigiadas”, prevalentemente), arriva a dire che pure gli interni sono arredati “con scrupolo quasi etnografico”.
Su questa tela pennellata con il piglio del documentarista, Maria Jacobini (per noi amanti del gossip: lei e Gennaro Righelli si sposeranno nel 1925) porta uno scompiglio spasmodico e irruente. Non saprei scriverlo meglio del recensore della “Rivista Cinematografica”, il signor P. Amerio, che sul numero del dicembre 1923 si lascia così trascinare dall’esaltazione: “Maria Jacobini diede il fuoco della sua viva interpretazione alla figura proterva, maliosa e sognatrice di Cainà, esprimendo col gioco mirabile della maschera incisiva e prodigiosa, l’eterno fatale tormento della camminante senza pace”.

Andrea Meneghelli

 

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