PINK FLAMINGOS

John Waters

Sog., Scen., F., M.: John Waters. Scgf.: Vincent Peranio. Int.: Divine (Divine/Babs Johnson), David Lochary (Raymond Marble), Mary Vivian Pearce (Cotton), Mink Stole (Connie Marble), Danny Mills (Crackers), Edith Massey (Edie), Channing Wilroy, (Channing), Cookie Mueller (Cookie), Susan Walsh (Suzie), Paul Swift (l’uomo delle uova). Prod.: John Waters per Dreamland Productions. DCP. D.: 93’. Col. 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Posso dirlo? Per i nord-americani John Waters è forse quanto di più simile ci sia a un moderno erede di Mark Twain, soprattutto se vediamo quest’ultimo più come un poliedrico intrattenitore che come un artista (ed è così che i suoi contemporanei tendevano a percepirlo): detto altrimenti, soprattutto come un ospite simpatico, e non esattamente come un poeta. Questo ci aiuta a spiegare come mai Pink Flamingos, il film consapevolmente trash del 1972 che rese celebre Waters, debba buona parte della sua fama al finale, in cui una paffuta drag queen di nome Divine (che prendeva il nome dall’ero[ina] di Notre-Dame-des-Fleurs di Jean Genet) ingurgita escrementi di cane. E dato che i talenti di scrittore e umorista di Waters hanno sempre avuto la tendenza a superare e sommergere il suo talento di regista cinematografico, ricordiamo i suoi primi film più per l’eccentricità del cast e per le premesse strampalate che per lo stile della messa in scena. Si potrebbe dire che Waters possiede in effetti un certo senso dello stile, soprattutto per quanto riguarda l’esibizionismo e il cattolicesimo non praticante associati al suo spirito di ribellione. Ma è comunque apprezzato principalmente come fornitore di contenuti scandalosi. Questo sicuramente spiega come e perché i suoi primi film abbiano prosperato all’inizio degli anni Settanta come film della mezzanotte. Come osservava Jim Hoberman nel libro del 1983 che abbiamo scritto insieme, “i film di Waters non hanno obiettivi: esistono in un eterno presente, senza alcuna progressione. Sono spettacoli di varietà… Pink Flamingos ruota attorno a una specie di gara, ma non c’è progressione”. Aggiungerei che anche se Pink Flamingos si conclude con la scena culminante di Divine che mangia escrementi di cane, quel che abbiamo di fronte è più il finale di un numero di varietà che una risoluzione narrativa. La “gara” cui alludeva Hoberman è fondamentalmente ciò che Dave Kehr ha definito “una competizione tra Divine e i Marble [Mink Stole e David Lochary] – una coppia di schizzoidi in ascesa che procura neonati di contrabbando a coppie lesbiche – per assicurarsi il titolo di ‘persone più disgustose del mondo’”. Tra gli altri personaggi figurano la corpulenta madre di Divine (Edith Massey), ossessionata dalle uova, e il pazzo figlio hippy (Danny Mills), insieme ad altri attori cari a Waters in quel periodo (come Mary Vivian Pearce, Cookie Mueller, Susan Walsh). L’immagine chiave del film, per i miei gusti, non è la Divine che mangia escrementi ma quella che sfila risoluta e orgogliosa per strada sulle note di Little Richard urlando “The Girl Can’t Help It”, ovvio omaggio all’incedere impettito di Jayne Mansfield nell’omonimo film di Frank Tashlin.

Jonathan Rosenbaum

Copia proveniente da

Per concessione di Park Circus.
Restaurato in 4K nel 2022 da The Criterion Collection presso il laboratorio Metropolis Post con la supervisione di John Waters, a partire dalla sua copia 16mm Ektachrome positiva. La colonna sonora originale monofonica è stata rimasterizzata a partire dalla traccia magnetica 16mm e dall’edizione del 25° anniversario