Premi Vittorio Boarini
In onore del fondatore della Cineteca, i premi vengono attribuiti ogni anno a personalità internazionali che si sono distinte nella salvaguardia e diffusione del patrimonio cinematografico.
Fondatore della Cineteca di Bologna dalla sua creazione al 1999, pioniere della disciplina del restauro, studioso del cinema e dell’arte contemporanea, organizzatore culturale dotato di un’adorabile e contagiosa gioia di vivere Vittorio Boarini ha creato e diretto la Cineteca di Bologna, forgiandone il DNA, fino a quando, per raggiunti limiti di età, è andato in pensione proseguendo la sua attività di docente, critico, divulgatore della cultura e dirigendo, dal 2001 al 2010 la Fondazione Fellini a Rimini.
In suo onore, durante Il Cinema Ritrovato, dal 2022 anno viene attribuito un premio a una o più personalità internazionali che si sono distinte, come lui seppe fare, nella salvaguardia e nella diffusione del patrimonio cinematografico.
La statuetta è stato ideata dallo scenografo Giancarlo Basili e realizzato dallo scultore Andrea Leanza, vincitore del premio David di Donatello 2021 per il miglior truccatore (per il film Hamamet di Gianni Amelio).
Il premio Vittorio Boarini viene attribuito per il 2024 a: Daniela Michel, Briony Dixon, Grover Crisp.
Motivazioni
Daniela María Michel Concha è fondatrice e direttrice generale del Festival Internazionale del Cinema di Morelia sin dalla sua creazione nel 2003. Nel piccolo e standardizzato mondo dei festival internazionali Daniela Michel ha portato una meravigliosa ventata d’aria fresca. E’ una donna, elegante, competente, affettuosa. Conosce profondamente il cinema messicano del presente e del passato. Come mi disse alcuni anni fa Guillermo del Toro, Daniela è la console onoraria del cinema messicano nel mondo e tutti noi cineasti messicani dobbiamo molto al suo lavoro di internazionalizzazione delle nostre opere.
Daniela ha tutte le qualità. È una donna umile, che sempre fa un passo indietro, per non apparire, per mettere in valore gli altri, prima di sé. Dotata di una grande curiosità, lavora 24 ore su 24, per realizzare i suoi obiettivi, che sono sempre progetti esigenti, colti, complessi.
Grazie a lei il Festival di Morelia è divenuto come Telluride e il Cinema Ritrovato, un festival prezioso, di ricerca, le cui scelte sono seguite da una comunità internazionale di specialisti che non si accontenta del già noto. Ad esempio, grazie al lavoro di Morelia, ora i grandi autori del melodramma messicano dei ‘50 e ‘60, da Emilio Fernandez a Julio Bracho, da Roberto Gavaldón ad Alejandro Galindo, sono conosciuti e programmati da tante cineteche. Anche perché Daniela è capace di fare l’impossibile. Grazie al suo lavoro, infatti, molti classici messicani sono stati restaurati dalle Cineteche, dalla Film Foundation di Martin Scorsese o hanno trovato sponsor importanti.
Impossibile non notarla, anche in mezzo a tante persone. Per il suo modo di vestire, Daniela sembra disegnata da un grafico che ha voluto nascondere sotto i panni di una elegante borghese di Città del Messico, l’animo di una grande combattente, pronta a respingere il brutto e a difendere il bello. Daniela, così messicana è però, prima di tutto, una cittadina del cinema.
Vittorio Boarini non ha fatto in tempo a conoscere Daniela e il Festival di Morelia, ma non ci sono dubbi, se ci fosse andato una volta, non ne avrebbe più perso nemmeno un’edizione.
Il Premio va a Bryony Dixon, storica del cinema, scrittrice, archivista, ricercatrice, profonda conoscitrice della cultura del music-hall, restauratrice cinematografica, organizzatrice di eventi e festival e Curatrice di cinema muto all’Archivio nazionale del BFI dal 2004:
– per gli straordinari risultati ottenuti nel riportare alla luce i film del passato, sottraendoli all’oblio e all’invisibilità per dar loro nuova vita e un rinnovato riconoscimento
– per il suo instancabile lavoro trentennale a beneficio del pubblico, con l’organizzazione di proiezioni e di eventi speciali che regalano agli spettatori il piacere unico di vivere l’esperienza del cinema muto
– per il costante impegno con cui si è battuta affinché ambiti sconosciuti e sottovalutati come il cinema delle origini, la non-fiction, le donne del cinema muto e il cinema britannico in generale ricevessero lo spazio e l’importanza che meritano nella storia del cinema
– per la sua generosa e incondizionata collaborazione a progetti di altri archivi, università, studiosi e festival di tutto il mondo. È stata per il Cinema Ritrovato una preziosa alleata, proponendo e curando intere sezioni e contribuendo con film, programmi e splendidi testi alle rassegne “Cento anni fa” e “Ritrovati e restaurati”, compresa la valorizzazione delle opere di Alma Reville e di tutti i film muti del marito di Reville, Alfred Hitchcock, da lei stessa restaurati.
In tutti questi anni Bryony Dixon è stata amica della Cineteca di Bologna e fondamentale per la realizzazione di progetti come il Progetto Chaplin, il rimpatrio dei film italiani della collezione Joye e il programma e il dvd sulle attrici comiche e le suffragette.
Il suo lavoro abbraccia una straordinaria gamma di campi e tematiche, tra cui Banditi, Suffragette, Moda, Spedizioni in Antartide, Colore nel cinema muto, Hitchcock e Chaplin. La sua profonda conoscenza del music-hall e della pantomima d’epoca vittoriana la rende una delle principali curatrici a livello mondiale di programmi dedicati a quell’affascinante, strana e complessa fase della storia del cinema che è il Cinema delle origini. Ha avviato un progetto di restauro della vasta collezione di film britannici delle origini conservata al BFI, che ha portato alla pubblicazione del suo ultimo libro, The Story of Victorian Cinema, uscito nel 2023 e ultimo di una lunga serie di opere.
In qualità di curatrice principale, negli ultimi vent’anni ha portato a termine decine di progetti di restauro, dal 1998 co-dirige un festival itinerante di cinema muto in Gran Bretagna e cura i programmi mensili “Archive specials” del National Film Theater.
Da ultimo, ma non meno importante, è famosa per la calma imperturbabile e l’umorismo all’inglese di cui dà prova nei momenti di avversità e disastro che si verificano con regolarità quando si lavora con il cinema muto.
Grover Crisp ha dedicato la sua intera carriera alla conservazione e al restauro del patrimonio cinematografico. La sua incrollabile dedizione alla Sony Colunbia e il suo ruolo di primo piano nel mondo del restauro cinematografico, lo hanno reso un vero pioniere, in un’epoca in cui il concetto di restauro era ancora agli stadi embrionali.
Grover è stato infatti il primo, all’interno degli studi americani, a riconoscere l’importanza di preservare e restaurare il patrimonio cinematografico. Ha visto in questo patrimonio non solo una reliquia del passato, ma una realtà vibrante, capace di vivere molteplici vite, suscitando un rinnovato interesse e – non da meno – un significativo potenziale economico. La sua lungimiranza ha aperto nuove strade sia nell’ambito fotochimico e analogico, sia successivamente nel regno digitale, affrontando le nuove tecnologie con intelligenza metodica e perspicacia.
È stato il primo a intraprendere l’impresa, allora audace, di un restauro 4K in bianco e nero con Il dottor Stranamore, dimostrando che anche le tecnologie più moderne, come più tardi per l’HDR, potevano essere applicate in modi innovativi e non solo sui più recenti film a colori.
Trai tanti suoi restauri leggendari Lady from Shanghai, Easy Rider, Lawrence d’Arabia in 70mm, presentato proprio qui al Cinema Ritrovato nel 2012, che segna l’apice di un’era costellata da grandi restauri emulati da tutto il settore.
Il lavoro di Grover Crisp ha avuto, inoltre, il grande merito di aprire un dialogo tra le major americane e gli archivi e cineteche pubbliche, un’impresa che molti avevano tentato senza successo. Insieme a Michael Friend, ha curato e organizzato per anni una conferenza tecnica fondamentale, The Reel Thing, mettendo in dialogo tra loro tecnici di laboratorio, archivisti e conservatori. E mentre altre organizzazioni di questo campo faticavano a promuovere questo genere di dialogo, Grover Crisp è riuscito a stabilire un modello virtuoso per il futuro. Un dialogo imprescindibile, continuo e aperto tra pubblico e privato.
Con il suo lavoro Grover Crisp ha aperto una nuova era e stabilito standard che oggi guidano il nostro lavoro. Ha non solo onorato il passato, ma ne ha garantito la vitalità per le generazioni future, con passione, visione e incrollabile dedizione.