16/05/2022

Gli antieroi di Hugo Fregonese

Hugo Fregonese (1908-87), regista argentino (ma di origini trevigiane!) a cui quest’anno sarà dedicata la sezione Hugo Fregonese, il Vagabondo, passò da un paese all’altro con la stessa facilità con cui alcuni registi cambiavano studio cinematografico. La sua mancanza di radici e la sua irrequietezza si rispecchiarono spesso in protagonisti solitari ed errabondi, per scelta o perché costretti all’esilio e all’eterno vagare.

Fregonese ha saputo intuire le possibilità drammatiche di personaggi maschili deboli o imperfetti, specie in contrasto con donne dolci, pazienti e amorevoli che offrono all’eroe l’opportunità di sistemarsi abbandonando i suoi inquieti vagabondaggi. Il più delle volte l’interludio romantico si rivela solo una breve tregua, o una possibilità destinata a restare dolorosamente inappagata. Per Fregonese, come attestano la sua vita e i suoi film, l’unico vero imperativo era continuare a muoversi, fino alla fine.

Tra questi affascinanti antieroi possiamo citare ad esempio Frank Matson, interpretato da James Mason, protagonista di One Way Street (USA/1950), un losco dottore che scappa con una borsa piena di soldi rubati e la ragazza di un capobanda, nascondendosi con lei in Messico. Matson porta con sé due borse di cuoio identiche, una contenente gli strumenti medici e l’altra il denaro rubato, a rappresentare la sua scelta esistenziale tra due stili di vita. Cinico e violento, nasconde in sé la potenzialità per una redenzione, ma il destino avrà la meglio su di lui. “For no matter the tears that may be wept, the appointment will be kept” (Poco importano le lacrime versate, l’appuntamento verrà mantenuto), sentenzia senza mezzi termini l’esergo del film.

In Saddle Tramp (USA/1950) invece Joel McCrea interpreta Chuck Conner, bonario cowboy vagabondo, che si trova a dove badare a quattro bambini. Il film appartiene a un breve ciclo di western in cui l’incantevole presenza dei bambini nella quotidianità del cowboy incrocia la fine del mito della frontiera e la volontà di mettere radici (In nome di Dio, Bascomb il mancino). Ma Fregonese conferisce al tema familiare una profondità ulteriore e anche un elemento di sorpresa: i bambini sono infatuati quanto il cowboy del mito del vagabondo. Sta a lui sacrificarsi e farli rinsavire rinunciando alla sola vita che conosce.

In Apache Drums (USA/1951), Sam Leeds (Stephen McNally), pistolero e giocatore d’azzardo dalla parlantina sciolta viene cacciato da una cittadina mineraria nel deserto del Nuovo Messico ormai in procinto di diventare rispettabile. Nelle vicinanze Sam s’imbatte nei corpi delle ragazze del saloon cittadino, massacrate da una banda di guerrieri apache, e torna suo malgrado in città per dare l’allarme. Anche quando le convenzioni imporrebbero a Sam di diventare un eroe e di portare in salvo gli abitanti, Fregonese continua a sottolineare la debolezza e la vanità del suo protagonista: è molto più interessato a sembrare un eroe che a diventarlo, e la sua esuberanza impulsiva conduce al disastro.

In Man in the Attic (USA/1953) Fregonese adatta il romanzo The Lodger (1913) di Marie Belloc Lowndes, che aveva già ispirato il film omonimo del 1926 che consacrò Alfred Hitchcock. La lettura che il regista dà del personaggio di Slade, il patologo divenuto omicida che Jack Palance interpreta con pathos tormentato, è decisamente freudiana, fatalista e consapevole. Criminale garbato ed eloquente, è ben conscio del complesso di Edipo che si cela dietro la sua pulsione a uccidere donne che somigliano a sua madre. “In realtà non ci sono criminali” proclama Slade, “ci sono solo persone che fanno ciò che devono fare perché sono ciò che sono”.

The Raid (USA/1954) vede come protagonista il pensoso maggiore confederato Neal Benton (Van Heflin), infiltratosi con i suoi uomini in una sonnolenta cittadina del Vermont per preparare un audace assalto alla banca locale. Heflin, la cui natura scontrosa sembrava spesso una precoce manifestazione del Metodo di Hollywood, offre un’interpretazione studiatamente ambigua: la sete di vendetta del suo personaggio si scontra con l’affetto per la vedova, suo figlio e l’esistenza tranquilla che essi rappresentano. La tentazione della vita domestica forse non è mai stata così forte in un film di Fregonese.

 
Programma e note della sezione Hugo Fragonese, il vagabondo a cura di Dave Kehr e Ehsan Khoshbakht
In foto: Blowing Wild (Ballata selvaggia, 1953), One Way Street (Appuntamento con la morte, 1950) e Man in the Attic (Una mano nell’ombra, 1953)

La XXXVI edizione del festival Il Cinema Ritrovato si svolgerà a Bologna
dal 25 giugno al 3 luglio 2022
Acquista il tuo accredito ora!