SIGN OF THE PAGAN

Douglas Sirk

T.it.: Il Re dei barbari; Sog.: Oscar Brodney; Scen.: Oscar Brodney, Barré Lyndon; F.: Russell Metty; Mo.: Milton Carruth, Al Clark; Scgf.: Alexander Golitzen, Emrich Nicholson; Cost.: Bill Thomas; Mu.: Hans J. Salter, Frank Skinner, Joseph Gershenson; Su.: Leslie I. Carey, Corson Jowett; Int.: Jeff Chandler (Marcianus), Jack Palance (Attila), Ludmilla Tche- rina (Principessa Pulcheria), Rita Gam (Kubra), Jeff Morrow (Paulinus), George Dolenz (Theodosius), Eduard Franz (astrologo), Allison Hayes (Ildico), Alexander Scourby (Chry- saphius), Michael Ansara (Edecon), Leo Gordon (Bleda), Moroni Olsen (papa Leone I); Prod.: Albert J. Cohen per Universal International 35mm. L.: 2459 m. D.: 92’. Col.

 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

L’epica dell’unno Attila mostrata dal punto di vista di Bisanzio/Costantinopoli. Per il suo secondo film in CinemaScope, la Universal assegnò a Sirk un budget di 1.300.000 dollari, prese in prestito le armature romane dalle versioni mute di Ben-Hur e Quo Vadis, e trasformò in spade le baionette di Niente di nuovo sul fronte occidentale (1930). Dando libero sfogo alla fantasia, questo peplum californiano in Technicolor affiancò un indimenticabile Attila, interpretato con una brutalità quasi animale da Jack Palance (Sirk si ispirò a Tamburlaine di Marlowe, conferendogli la dignità e la solennità di un eroe elisabettiano), e la stella del balletto di Serge Lifar, Ludmilla Tcherina, nel suo unico film hollywoodiano. C’è troppa trama e troppo poco combattimento vero e proprio in quest’affresco atipico, a parte la battaglia finale, assolutamente forzata. Sempre sensibile al canto funebre delle civiltà in agonia, l’autore di Come le foglie al vento e Tempo di vivere è più interessato alla personalità carismatica del “Flagello di Dio” e della figlia tormentata Kubra, che egli colloca in un universo magico popolato da teschi, sogni premonitori, oracoli funesti e superstizioni. Questo Attila, che gira attorno a Roma come una belva selvatica, si inserisce nella galleria di antieroi tipicamente Sirkiani che “si misurano con se stessi e con i loro sogni irrealizzabili”, ma in questo caso l’unno rappresenta “una variante violenta rispetto al personaggio solitamente calmo e introverso di Amleto” (Sirk). È allo stesso tempo brutale, vulnerabile e psicologicamente complesso (…). Jeff Chandler, la stella ufficiale del film, aveva rifiutato il ruolo di Attila, non volendo macchiare la sua immagine “positiva” e Palance gli ruba la scena. Particolarmente memorabile è una sequenza che sfiora il fantastico, quando papa Leone I, che si leva dalla nebbia mattutina del Tevere, semina il terrore nell’accampamento barbaro. Il film è stato girato negli studi Universal City, con esterni nella Valle della Morte e al Ranch Iverson di Chatsworth, in California.

Hervé Dumont, Sign of the Pagan, in Encyclopédie du Film Historique, Tome I: Antiquité

 

Copia proveniente da

Copia originale Technicolor con suono magnetico e formato 1:2,55