28/05/2020

Il Cinema Ritrovato | Fuori Sala #12

Ma per quale società dovrebbe essere riadattato Fabio Spada? Né la scuola né la psicologa
offrono una risposta.
 Del resto con i compagni di strada e di scuola Fabio un rapporto ce l’ha,
fatto di zuffe e di giochi, di parolacce e di amicizia.

E allora: perché gioca al cattivo? Perché non vuole tornare nel gregge?“.

 

Dodicesima puntata della rubrica online “Il Cinema Ritrovato | Fuori Sala”, alla scoperta di piccole perle di cinema conservate nei nostri archivi (guarda gli episodi precedenti).

In questo episodio presentiamo un documentario breve firmato da una regista donna, Cecilia Mangini: fotografa, saggista, sceneggiatrice e regista, Cecilia Mangini ha dedicato la sua vita al cinema militante, un aggettivo che oggi (sono parole sue) “sembra quasi una parolaccia”. Il suo è lo sguardo giovane di una regista, oggi novantaduenne, che ha osato – per prima in Italia – mettersi dietro la macchina da presa per documentare la storia del nostro Paese, uno sguardo sempre attento e premuroso nei confronti degli ultimi.
Alla fine degli anni ’50, anche grazie all’incontro con Pier Paolo Pasolini, Mangini rivolge la sua attenzione a uno spazio urbano nuovo, quello delle borgate nel periodo del boom economico.  
Il film che stiamo per vedere è invece del 1974, protagonisti un bimbo del quartiere romano di San Basilio, Fabio Spada, e il mondo che lo circonda: “Fabio è stato definito dalla scuola, dunque, un disadattato. […] Di lui ci parlano il padre, la madre, il direttore didattico e la psicologa della scuola statale della borgata”.
Ecco dunque La briglia sul collo.

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Guarda l’introduzione e il corto cliccando sull’immagine:


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Al Cinema Ritrovato dello scorso anno, abbiamo voluto restaurare e presentare Essere donne di Cecilia Mangini, l’inchiesta più acuta che il cinema italiano degli anni ‘60 ci abbia lasciato sulla condizione femminile. Il motivo della nostra scelta era francamente ovvio: Cecilia Mangini è una regista di forza, intelligenza e personalità uniche, e riproporre Essere donne altro non era che un gesto necessario. La Cineteca di Bologna è legata a Cecilia Mangini da una lunga storia di affetto e ammirazione, che tra le altre cose è sfociata nella raccolta di una ricca documentazione, conservata presso la nostra biblioteca, che ci permette di scandagliare nel profondo il suo cinema mai riconciliato (e quello di Lino Del Fra, suo compagno di una vita, una figura che meriterebbe il prima possibile una seria riscoperta). 

Cecilia Mangini entra nel mondo del documentario nel 1958, con Ignoti alla città (la prima di una serie di collaborazioni con Pier Paolo Pasolini che darà poi altri grandi frutti). Da allora, non ha mai smesso di lavorare a un progetto costantemente in divenire: mostrarci ciò che altrove non aveva modo di risalire in superficie, colmare i vuoti enormi che il cinema e la televisione non potevano volevano sapevano affrontare. Sono film ostinatamente abbarbicati al loro presente, non perché seguono l’onda del momento, ma perché nascono dall’urgenza di interrogarlo e comprenderlo. Eppure, nulla mi toglie l’impressione che il loro vero obiettivo, in fondo, sia un altro: lasciarci intravedere un futuro improbabile ma non impossibile, dove ci siamo finalmente sbarazzati delle storture, le ipocrisie, gli sfruttamenti, le brutture del mondo in cui viviamo. O nel quale, perlomeno, la vita sia un poco migliore. 

Che questo non debba essere scambiato per facile ottimismo ce lo dimostra La briglia sul collo, uno dei titoli di Cecilia Mangini spesso relegati in seconda fila. Anche se è un “piccolo” capolavoro di concisione ed esattezza. Cerca senza grande successo di stabilire un contatto proficuo con Fabio, bambino di 7 anni che vive in una borgata romana e promette malissimo. Ne esce un film scostante, nervoso, forse intimamente insoddisfatto: sa bene che il disadattato e il ribelle sono le facce di una stessa medaglia, ma sembra ammettere la propria incapacità a tracciare il confine tra potenzialità propulsiva e condanna all’emargizione. Quel che sappiamo di certo è che Fabio disturba ed è completamente inaffidabile. In sostanza, è come dovrebbe essere il cinema che non si accontenta. 

Andrea Meneghelli

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Rubrica a cura del direttore della Cineteca Gian Luca Farinelli e del responsabile dell’Archivio Pellicole Andrea Meneghelli.