‘A Santanotte: musica e tradizione nel cinema di Elvira Notari
Il crepitio della lanterna a carbone e le note di E Zézi Gruppo Operaio hanno reso indimenticabile la proiezione di ‘A Santanotte (ITA/1922) di Elvira Notari, venerdì 29 giugno in piazzetta Pasolini.
Parte della sezione Napoli che canta del Cinema Ritrovato, la pellicola è forse la più rappresentativa della filmografia di Elvira Notari, prolifica regista partenopea, pioniera della macchina da presa in Italia e figura emblematica della produzione locale dell’epoca. Il film è la trasposizione cinematografica di una sceneggiata di Enzo Lucio Murolo, a sua volta ispirata a una famosissima canzone drammatica della tradizione napoletana che racconta la storia di Nanninella, ragazza maltrattata, sfruttata dal padre e destinata a una tragica fine. Ma soprattutto il film dice molto sullo stretto legame tra musica tradizionale napoletana e il cinema della Notari.
“La canzone drammatica è un elemento fondamentale nella cultura musicale napoletana”, racconta l’etnomusicologa Simona Frasca. Una cultura musicale fortemente radicata e identitaria: “A Napoli la musica è rappresentazione di un luogo geografico ed emotivo fortissimo, è da sempre un elemento fondamentale nella creazione del senso di comunità”. La musica non escludeva nessuno, neppure gli strati sociali meno abbienti: basti pensare agli storici quattro conservatori di Napoli (di cui oggi ne rimane solo uno, il San Pietro a Majella), culla della musica tradizionale, luoghi che per tradizione accoglievano gli orfani della città, con una funzione sociale di contenimento e di professionalizzazione.
“La canzone è l’espressione più celebre della tradizione musicale napoletana. La sua caratteristica principale è la forte valenza narrativa: ti racconta delle storie, ti consente di entrare in contatto con il cantante, con gli attori che mettono in scena, creando un contesto di grande intimità”, continua Frasca. Nel tempo, la canzone trova una sua trasposizione teatrale: nasce la sceneggiata, genere popolare basato sull’alternanza tra recitazione e canto.
Il filo rosso tra narrativa, identità, musica e teatro è subito compreso dalla Notari, che avrà l’intuizione fondamentale di riprodurlo anche al cinema: Notari è infatti la prima a trasporre una sceneggiata sul grande schermo. Nelle parole di Frasca, “l’intuizione della Notari è stato capire che il cinema, il mezzo tecnologico, permette di raccontare e condividere un territorio che non è più unicamente fisico, ma anche simbolico.”
‘A Santanotte è un film che attraversa l’oceano, raggiunge le comunità all’estero, racconta e fa rivivere un’identità molto forte, per la prima volta slegata dalla dimensione territoriale napoletana. Un altro merito del film, secondo Frasca, sta anche nel mostrare la grande libertà della Notari: “Come notato da altri miei colleghi, una delle letture più significative della Notari è la trasgressione. Nella versione di Murolo, il modello femminile è un modello negativo: Nanninella è un’infame che sparge veleno e si approfitta di due fratelli mettendoli uno contro l’altro. Tutta la comunità del vicolo partecipa contro questa donna tremenda. Questa cosa viene completamente trasformata dalla Notari. Si rifà chiaramente alla canzone e alla sceneggiata – mantenendo infatti lo stesso titolo – ma decide di ritrarre un personaggio femminile positivo, una brava ragazza che si trova invischiata in una situazione terribile. Notari, quindi, non solo trasgredisce, ma è anche molto libera nell’utilizzare i moduli performativi e narrativi tradizionali della canzone e della sceneggiata”. In questo sta l’elemento più contemporaneo della Notari: intelligenza, libertà e sperimentazione.
Simona Frasca è intervenuta mercoledì 26 giugno in occasione dell’incontro “Sceneggiate e tammurriate tra musica e cinema”, insieme a Giuliana Muscio dell’Università di Padova, per la sezione Napoli che canta.
Laura Girasole