26/06/2019

Kim Soo-yong presenta ‘Hyeolmaek’

Secondo appuntamento della rassegna “Sotto i cieli di Seul” dedicata all’epoca d’oro del cinema sudcoreano. Il Cinema Ritrovato ospita Kim Soo-yong che precede il film con una presentazione sul suo cinema in rapporto con tempo e spazio.

La pellicola proiettata è Hyeolmaek (Generazioni, 1963), la sala Scorsese è piena e il pubblico accoglie con un sentito applauso Kim Soo-yong, ottantanovenne regista autore di più di 100 pellicole (109 per l’esattezza), al Cinema Ritrovato per presentare quello che viene definito il suo primo film realista (nonostante sia il suo ventesimo dall’esordio, avvenuto 5 anni prima come regista commerciale). Ad anticipare la proiezione un dialogo tra Mark Morris e Kim Soo-yong sulla vita del regista e sul rapporto del suo cinema con tempo e spazio.

La prima delle questioni trattate è la vita privata e il passaggio da militare a regista. L’autore, durante la guerra negli anni 50, è stato militare. “Ho visto le persone uccidere e morire, ho visto la crudeltà e l’assenza di speranza”, continua Kim Soo-yong, “la gente spesso glorifica e giustifica la guerra, ma per me non è così. Dopo otto anni di militare volevo fare il regista. Siccome credo sia un mestiere che consenta di gestire il tempo e lo spazio, volevo creare un tempo e uno spazio molto lontano da quella crudeltà”. 

Continuando sullo “spazio”, i due iniziano a dialogare sulla location di questo film: il distretto di Haebangchon di Seul, dove vivevano gli sfollati provenienti dalla Corea del Nord. “La storia si svolge vicino alla stazione, ora c’è un albergo di lusso, neanche la mia fantasia di regista sarebbe riuscita a pensarlo” racconta il regista, ribadendo anche il valore simbolico della location: “Tutti i personaggi del film sono cristiani e credono in Dio. Seul è piena di chiese e dalla collina in cui vivono i protagonisti riescono a vedere tutte le croci, che non sono in cielo ‘sopra di te’ ma ‘sotto di te’. Con questo volevo raccontare, ironicamente, che spesso Dio non sta in cielo, ma in terra e quando si crede che ci possa salvare, in verità tra di noi. Ho chiesto al mio direttore della fotografia di catturare la città da questo angolo strategico. Era profondamente credente, disse che l’avrebbe fatto, ma alla fine non lo fece”.

Prima dell’inizio della proiezione, Kim Soo-yong chiude il dialogo con Morris affermando ironicamente che “la cosa più importante del cinema è quella di zittirsi e guardare”. Conclude lasciando un ultimo e sentito commento alla sala: “Ho fatto 109 film ma posso dire che i due registi che più ho studiato sono due registi italiani: Roberto Rossellini e Vittorio De Sica. Se fossero vivi vorrei poterli incontrare e discutere con loro dei miei film. Ho un grande rispetto nei loro confronti. Sono molto grato di essere in Italia e spero che il cinema italiano possa vivere ancora le glorie che ha vissuto con quei due registi.”

Report di Alberto Savi
Nell’ambito del corso di Alta Formazione per redattore multimediale e crossmediale, nel progetto di formazione della Cineteca di Bologna.