Un’arte al femminile. Le grandi donne del Cinema Ritrovato
Il cinema è una straordinaria arte profetica, così bella perché è stata ed è un’arte al femminile.
Registe, attrici, sceneggiatrici, costumiste, attiviste politiche, dive: donne. Edizione dopo edizione, Il Cinema Ritrovato celebra un’arte, il cinema, che è anche potente e magnifica arte al femminile. Jane Fonda, Isabelle Huppert, Jane Birkin, Marilyn Monroe, Jean Seberg. Alcuni dei nomi delle donne che hanno segnato profondamente l’immaginario cinematografico e che incontrerete nel corso di questa trentaquattresima edizione. Non solo, quest’anno una sezione è interamente dedicata alle pioniere del cinema sovietico. Un gruppo di donne registe che con grande fatica affermarono che il cinema è e deve essere al femminile. Non è forse una semplice nota in calce alla storia il fatto che fino agli anni Sessanta l’Unione Sovietica abbia contato il maggior numero di registe in attività. L’accesso ai mezzi di produzione e il ripensamento della divisione del lavoro in base al genere non furono processi naturalmente ‘progressivi’, ma decisamente rivoluzionari, e conobbero forti resistenze e battute d’arresto. Le donne venivano indirizzate verso professioni ‘tipicamente femminili’ (attrice, montatrice, sceneggiatrice) e dovettero lottare per essere riconosciute; si specializzarono spesso in film per ragazzi, documentari o cortometraggi; oppure furono relegate al ruolo di ‘mogli di grandi uomini’ e perciò private di un’esistenza autonoma nelle storie del cinema scritte a posteriori (e molto tempo dopo gli anni rivoluzionari, dunque più reazionarie), che tendevano ad attribuire a un ‘lui’ film realizzati in collaborazione o perfino diretti esclusivamente da una ‘lei’… Questo numero così alto di presenze femminili ci ha portati purtroppo a dover escludere dalla sezione Elizaveta Svilova e Julija Solnceva, che scelsero di essere le principali collaboratrici di Dziga Vertov e Aleksandr Dovženko; d’altro canto potremo rivalutare appieno Vera Stroeva, moglie di Grigorij Rošal’, e confermare il talento versatile di Aleksandra Chochlova, indipendentemente dal suo lavoro con Lev Kulešov. Confinare le donne nel perimetro del cinema per ragazzi e del documentario fu deplorevole, ma l’importanza assunta dai due generi nel cinema sovietico può tutto sommato ribaltare la prospettiva.
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