11/05/2020

Fuori Cinema | Film in TV (ma da vedere) _ martedì 12 maggio

Le prime visioni iniziano a uscire sulle piattaforme, come Favolacce di Damiano e Fabio D’Innocenzo, mentre continua l’omaggio di Cine34 a Pupi Avati, questa volta con quello che forse è il suo titolo più amato, La casa dalle finestre che ridono.

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LA CASA DALLE FINESTRE CHE RIDONO (1976, 106 min) di Pupi Avati
[Cine34 (canale 34), ore 22.50]

Dopo alcuni tentativi sfortunati di sperimentare il grottesco-fantastico e la commedia, con il suo quinto film Pupi Avati inventa un nuovo genere, il gotico padano, ossia scopre la dimensione inedita (per il cinema) che si occulta negli spazi solari, paciosi e rassicuranti delle campagne, dei casolari e dei paesi della Bassa Padana e nei suggestivi dedali dei canali di Comacchio. Ispirandosi ad una storia ascoltata e tesaurizzata da ragazzo, il regista adotta il punto di vista di un Candido (un restauratore di affreschi, impersonato da Lino Capolicchio, al suo debutto nel cinema di Avati, con cui nascerà un sodalizio tuttora attivo) che scivola progressivamente in una storia di segreti e crudeltà inimmaginabili, dove si celano torture, feroci follie, incesti e doppie identità. Contrariamente a quanto è stato scritto da alcuni frettolosi critici nostrani, Avati non trapianta affatto i codici del cinema horror nel mondo padano ma riesuma e valorizza i connotati gotici presenti nella cultura emiliana (le leggende e le fiabe nere della tradizione contadina, ricche di situazioni e personaggi terrificanti). Accostando questo film al suo più recente Il Signor Diavolo, è interessante rilevare, nel caso di un cattolico come Avati, la funzione narrativa che vengono ad assumere le chiese e i preti che le abitano… Prodotto a basso costo, ebbe un discreto successo nelle sale ma nel corso dei decenni la sua fama è cresciuta al punto da essere diventato un “film di culto”. Sorprendente e originale la scelta dell’attore e scrittore statunitense Eugene Walter (già interprete dei felliniani 8 ½ e Giulietta degli spiriti).
(R.C.)

Approfondimenti

Antologia della critica; Pupi Avati racconta il film (2009); i luoghi delle riprese del film.

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TUTTO PUÒ ACCADERE A BROADWAY (Shes Funny That Way, 2014, 93 min) di Peter Bogdanovich
[Rai Movie (canale 24), ore 1]

Nel tempo, erano gli anni Settanta, in cui Peter Bogdanovich fondava con una manciata di film il proprio mito personale, un po’ tutti nel mondo, Hollywood, l’internazionale cinefila, la cultura diffusa, vennero presi da una vampata d’amore per il cinema americano di trenta e quarant’anni prima. Dovunque citazione, evocazione, nostalgia, e a lavorare questo spirito del tempo con la miglior intenzione critica e sentimentale fu proprio lui, Bogdanovich (L’ultimo spettacolo, Ma papà ti manda sola, Paper moon). Quando nel 2014, dopo un lunghissimo silenzio, è uscita questa commedia, abbiamo palpitato. Sarebbe stato solo un malinconico omaggio a se stesso e a un’epoca perduta? La sorpresa è che la risposta è sì; e nonostante ciò, Tutto può accadere a Broadway è un film orgoglioso e vivo, diretto con mano di velluto, una favola screwball orchestrata in modo da esporne molle e meccanismi (Bogdanovich touch), un omaggio alle funny girls d’ogni tempo. Certo, a tratti somiglia un po’ a uno qualsiasi degli ultimi film di Woody Allen. Certo, il successo vero non c’è stato. Ma il Lubitsch di Cluny Brown diventa guida infallibile per trovare il proprio posto nel mondo e sul palcoscenico, mentre una biondina se ne va a vedere Il fiume rosso in compagnia di Tarantino: tutto è una nota in calce alla parola felicità.
(P.C.)

Approfondimenti

Antologia della critica italiana; il pressbook con la storia del film e dichiarazioni del regista e dei protagonisti; un’intervista e una video-intervista al regista; Bogdanovich sul processo di scrittura; dietro le quinte.

 

Dalla mattina di mercoledì 13 maggio:

QUESTA È LA VITA (1954, 96 min) di Aldo Fabrizi, Giorgio Pàstina, Mario Soldati, Luigi Zampa
[Rai Movie (canale 24), ore 6.30]

Le trasposizioni cinematografiche dell’opera pirandelliana non sono poi tante quante ci si sarebbe potuto aspettare da una fonte così inesauribile (ma forse anche così complessa da adattare) e non si contano nemmeno troppi capolavori tra i vari tentativi, pur annoverando tra queste file un film magnifico come quello di Marcel L’Herbier dal Fu Mattia Pascal. Questa è la vita affida invece a quattro registi altrettante novelle di Luigi Pirandello: La giara, Il ventaglino, La patente e Marsina stretta. Nel binario di una trasposizione tra le più classiche, il film è forte di grandi sceneggiatori e grandi interpreti, che in alcuni momenti riescono persino ad aggiungere del loro al genio pirandelliano, come il Totò della Patente, rimasto nella memoria di tutti come il volto per eccellenza di uno dei più potenti personaggi creati da Pirandello, o il Fabrizi di Marsina stretta, capace di dar corpo (è proprio il caso di dirlo!) a uno dei rari personaggi eroici – seppur senza avere tale ambizione – dell’universo pirandelliano.
(A.R.)

Approfondimenti

Le novelle di Pirandello trasposte nel film: La giara; Il ventaglino; La patente; Marsina stretta. Per chi volesse “vedere” altre novelle pirandelliane: una delle più belle, La morte addosso, che nella sua trasposizione teatrale prende il titolo più noto di L’uomo dal fiore in bocca, è disponibile su YouTube, nell’interpretazione superlativa di Vittorio Gassman.

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DIVORZIO ALL’ITALIANA (1961, 105 min) di Pietro Germi
[Rai Movie (canale 24), ore 8.20]

Primo capitolo di un’ideale trilogia sui vizi nostrani, completata da Sedotta e abbandonata e Signore & signori, Divorzio all’italiana rimane quello più legato all’immaginario collettivo: vuoi per un Mastroianni magnificamente in parte – così come gli altri interpreti, dalla meravigliosa Stefania Sandrelli, a Daniela Rocca, Leopoldo Trieste, Lando Buzzanca, Piero Tordi straordinario nei panni dell’avvocato -, vuoi per la sceneggiatura perfetta… ma vuoi soprattutto per un soggetto deflagrante, in un’epoca ancora ben lontana dall’immaginare una legge sul divorzio!
(A.R.)

Approfondimenti

Dicevamo della sceneggiatura, tanto bella da vincere l’Oscar; un approfondimento dagli archivi della Cineteca di Bologna; uno speciale di Rai Storia sul referendum sul divorzio.

 

Dai cataloghi delle piattaforme online:

FAVOLACCE (2020, 98 min) di Damiano e Fabio D’Innocenzo
[Disponibile on demand su Sky, Chili, Google Play, Rakuten Tv, TimVision, Infinity, CG Digital]

Un film di dissonanze e ossimori l’opera seconda dei fratelli D’Innocenzo, promessa mantenuta del nuovo cinema italiano dopo il solido esordio con La terra dell’abbastanza. Premiato con l’Orso d’argento per la migliore sceneggiatura a Berlino, è tra i primi italiani a scegliere la strada della distribuzione in streaming. Un ritratto della periferia romana che potrebbe ricordare certo cinema indipendente americano, ma più disturbante, o la provincia austriaca di Ulrich Seidl, ma meno sadica. Una favola nera attraversata da una disperazione cupa ma capace d’ironia nel racconto e nella messinscena. Siamo a Spinaceto, tra villette monofamiliari, campi incolti, la scuola, la piscina gonfiabile in giardino, mercatini improvvisati sulla strada. Una piccola comunità attanagliata dal caldo torrido, vissuti familiari di disagio quotidiano, esasperazione rasente la follia. Nemmeno i bambini si sottraggono al clima d’instabilità, forse sono vittime, ma talvolta paiono la nidiata del Villaggio dei dannati. A un tratto tutto precipita, eppure il cerchio non si chiude. Una poetica dell’assurdo realista che s’impone per originalità di sguardo.
(A.A.)

Approfondimenti

Intervista ai fratelli D’Innocenzo; podcast dei fratelli D’Innocenzo, con Max Tortora e Elio Germano.

Selezione titoli, commenti e approfondimenti a cura di Alice Autelitano, Alessandro Cavazza, Roberto Chiesi, Paola Cristalli e Andrea Ravagnan.