30/06/2016

Cinefilia Ritrovata, ancora su ‘Un tram chiamato desiderio’

Pellicola radicale nel suo sfidare i moralismi dell’epoca, apripista per la recitazione del decennio successivo, Un tram chiamato Desiderio ferma al Cinema Ritrovato. Chi sale a bordo si trova nuovamente davanti una fetta di storia. La vita di Stella viene sconvolta dall’arrivo della sorella Blanche, professoressa di liceo senza più lavoro. Nevrotica e fragile, la donna resterà a vivere a casa della sorella, dove ha modo di conoscere suo marito Stanley, ex sergente dell’esercito ora impiegato come commesso viaggiatore. Le differenze nei caratteri dei due, i modi prosaici di Balche contro la fisicità animale di Stanley, prefigurano già dai primi momenti un tragico epilogo. Il tentativo di seduzione di un amico di Stanley da parte di Blache è il primo tassello di un domino di violenza fisica e psicologica.

Kazan, all’epoca già vincitore di un Oscar e un Leone d’Oro, sceglie di scommettere questa volta su un testo di Tennessee Williams, che aveva portato come regista nei teatri di tutto il mondo. Se nel ruolo del burbero Stanley viene mantenuto uno sconosciuto Marlon Brando, recentemente debuttato al cinema con Il mio corpo ti appartiene, le nevrosi di Blanche vengono affidate a Vivien Leigh, già famosissima. Gli interni di casa Kowalski diventano così il campo di battaglia tra due diversi stili di recitazione: la scuola inglese, di cui è impregnato l’acting della Leigh, contro la dirompenza del Metodo. Il raddoppiamento degli attori nei personaggi è qui perfetto, con i manierismi di Blanche impreziositi da un’impronta teatrale e l’irruenza di Stanley efficacemente incarnata da Brando, grande tiranno-bambino capace di picchiare la moglie e, subito dopo, implorare perdono in lacrime.

I personaggi si muovono in un mondo claustrofobico, costruito con un’estrema economia di movimenti di macchina e un prevalere di inquadrature fisse. Catturati dalle performances attoriali piuttosto che da complesse carrellate, si ha spesso l’impressione di essere davanti ad un vero e proprio palcoscenico decolorato, colmo di oggetti di scena pronti a cadere preda della rabbia di Brando. La luce viene gestita con sapiente maestria, a scavare e scolpire i volti ed sottolineare la profondità dei frame; delizioso il lampo meta-cinematografico in cui Mitch, amico di Kowalski, trascina il viso di Blanche alla luce per scoprirne l’età, denunciando come fosse sempre apparsa in ambienti dall’illuminazione contrastata.

Per nulla invecchiato, Un tram chiamato Desiderio riesce ancora a rapire il pubblico, trasportandolo in un bianco e nero pastoso dove si agita, senza tempo, la lotta tra gli spettri della Leigh e Brando.

Gregorio Zanacchi Nuti