28/06/2018

Positif, gli amori italiani e l’importanza del passato: incontro con Michel Ciment

Sorry, this entry is only available in Italian.

Mercoledì 27 giugno, alle ore 12, all’Auditorium DamsLAB è avvenuto l’incontro con Michel Ciment, caporedattore della storica rivista francese PositifUno sguardo appassionato rivolto al cinema italiano e alla critica cinematografica, specchio della storia culturale di ogni paese.

Fondata a Lione nel 1952 e trasferitasi a Parigi, la rivista Positif è riuscita a distinguersi e mantenere una propria linea editoriale riconoscibile nel panorama della critica cinematografica francese, in anni in cui imperava la voce di altre testate di pregio, su tutte i Cahiers du cinéma. La sua forza è dovuta alla capacità di fondere lo sguardo prospettico, attento alle nuove produzioni cinematografiche internazionali, e la fedeltà alla tradizione e agli autori della propria nazione.

L’incontro tra il direttore della Cineteca di Bologna, Gian Luca Farinelli e Michel Ciment, ha messo in risalto questo aspetto, prestando attenzione particolare al rapporto tra la rivista e il cinema italiano, un sodalizio lungo 56 anni.

Molti grandi cineasti italiani sono stati scoperti e consacrati dalla rivista, merito anche della capacità di  seguire l’evoluzione degli artisti e delle correnti: “la commedia all’italiana” e gli “Spaghetti Western” i generi più seguiti e approfonditi. Il rapporto con la “commedia all’italiana” è fortemente sentito, grazie anche alla presenza costante di importanti giornalisti italiani che hanno collaborato con Positif: al discorso hanno contribuito critici del calibro di Goffredo Fofi, Gianni Volpi, Paolo Meneghetti e Paolo Gobetti

Ulteriore elemento posto in risalto è la capacità della rivista di mettere assieme il cinema d’autore e quello popolare in modo esemplare. A cominciare da Pietro Germi e Dino Risi, fortementi connessi alla Francia, sino a parlare di Sergio Leone nonostante, come ha ironicamente esclamato Chiment, la questione sul regista “c’est compliqué!”:

Chiment racconta un anedotto eloquente che ben descrive i pregiudizi e i clichè sulle opere dei cineasti italiani che oggi sono considerati i grandi della storia:  un pranzo in compagnia di Sergio Leone a Cinecittà, assieme ad altri critici cinematografici americani e una battuta fatta da uno di loro al regista: “Messieur, voi siete il migliore autore di ‘Spaghetti Western'”. La risposta del regista, chiaramente allergico alle etichette: “Non chiamatemi così, odio questa espressione. Quando incontrate Kubrick gli chiedete se ama gli hamburger?”.

Oggi, dice Chiment, Sergio Leone è considerato la punta di diamante del Western, tanto da superare il celebre John Ford.

A ulteriore conferma del prestigio del cinema italiano, l’ospite racconta che nel 2002, in occasione del cinquantesimo anniversario della rivista, 50  collaboratori si sono occupati di redigere una lista dei film considerati i migliori, ogni anno, da Positif. Nel 1963, anno con una ricca proposta di titoli francesci,  i film ritenuti più importanti non sono Ophélia di Claude Chabrol, non Le Carabiniers di Jean-Luc Godard, ma Il Gattopardo di Luchino Visconti, Cronaca familiare di Valerio Zurlini (Mastroianni tra gli interpreti) e anche film minori come Senilità di Mario Bolognini. Tutti autori appartenenti alla corrente neorealista italiana del decennio precedente.

Questione non meno importante è il rapporto spesso conflittuale tra critica e opere cinematografiche. Francesco Rosi fu duramente attaccato da Goffredo Fofi su Positif, ed Ermanno Olmi spesso incompreso e sottovalutato in Italia e soprattutto in Francia. Nei confronti di Francesco Rosi, Chiment ammette una forte stima: racconta dello shock procuratogli dal film Salvatore Giuliano (1962); nonostante il regista non sia stato considerato come meritava, Michent lo considera un autore di grande levatura, un cineasta che fonde mirabilmente cinema e politica.

Sul finire, uno spazio dedicato a Marco Bellocchio e Pier Paolo Pasolini. Il primo è definito dall’ospite “uno dei più grandi cineasti di sempre”: I pugni in tasca (1975), il primo film curato da Positif, è un film di rivolta, appartiene a un’altra dimensione,  non risente, a parere di Chiment,  dell’influenza del neoralismo. Pasolini, invece, è come Cocteau in Francia, non un cineasta puro ma un autore controverso, senza dubbio molto importante.

E sugli autori di oggi? Garrone e Sorrentino, per citarne due, fanno ottimi film.

L’ultima domanda posta a Michel Chiment non può che vertere sulla direzione futura di Positif e sui rischi che la critica cinematografica corre oggi. Il caporedattore non ha dubbi: la qualità, il rigore, la fidelizzazione derivata dal prestigio sono stati e continueranno ad essere il loro punto di forza nonostante la parziale erosione che la critica sembra subire negli ultimi anni.

Quanto ai rischi, il pregiudizio intellettuale è un errore nel quale spesso incorrono i critici: ricorda che, nel 1968, all’uscita nelle sale di 2001: A Space Odissey (2001: Odissea nello spazio), di Stanley Kubrick,  le grandi critiche americane lo stroncarono ritendolo “un film privo di immaginazione”.

E come proteggersi dai rischi?

“Vous devez venir à la Cineteca di Bologna et aussi à la Cinémathèque française!”

Perchè, per Michel Chiment, l’unica via è la cultura. Ma non c’è cultura senza passato.

 

Ylenia Caputo

 

 

I prossimi appuntamenti con le lezioni di cinema del Festival: