Il centenario di Vittorio De Seta: Banditi a Orgosolo
Ha saputo raccontare il nostro Sud come pochi altri: i suoi documentari sul Mondo perduto, quel mondo in cui la pesca del tonno era una lotta corpo a corpo tra uomini e abitanti del mare, quel mondo in cui quegli stessi uomini scendevano agli inferi della Terra per estrarre lo zolfo, quei documentari, dicevamo, sono una delle testimonianze visive più preziose di un’Italia arcaica. Vittorio De Seta avrebbe compiuto 100 anni il prossimo 15 ottobre, e la Cineteca di Bologna lo ricorda presentando alla 37ª edizione del festival Il Cinema Ritrovato (24 giugno – 2 luglio) il restauro di uno dei suoi film più significativi, l’esordio al lungometraggio nel 1961: Banditi a Orgosolo.
Il restauro di Banditi a Orgosolo, voluto da Martin Scorsese con la sua Film Foundation e realizzato assieme alla Cineteca di Bologna al laboratorio L’Immagine Ritrovata, in associazione con Titanus e con il sostegno di Hobson/Lucas Family Foundation, è in programma venerdì 23 giugno, alle ore 16 al Cinema Lumière (replica venerdì 30 giugno, ore 21.30, Cinema Lumière), in una giornata di pre-apertura del festival dedicata al cinema che ha raccontato il Meridione d’Italia: alle ore 18.30, infatti, sempre al Cinema Lumière, Michelangelo Frammartino presenterà il restauro (realizzato da Coproduction Office e Cineteca di Bologna) del suo film del 2003, Il dono (replica giovedì 29 giugno, ore 20.15, Cinema Europa), squarcio sullo spopolamento di Caulonia in Calabria, paese d’origine dei genitori del regista.
Martin Scorsese è da sempre innamorato del cinema di Vittorio De Seta: “Ricordo distintamente di aver visto Banditi al New York Film Festival all’inizio degli anni Sessanta. Uno dei film più insoliti e straordinari che avessi mai visto. La storia è semplice: un pastore, accusato di un crimine che non ha commesso, è braccato in un paesaggio arido e silenzioso. Il suo gregge muore di fame e lui, ormai ridotto alla miseria, è costretto a diventare un bandito. Ma il film è anche la storia di un’isola e della sua gente. Ambientato sulle montagne della Barbagia, in Sardegna, il film rivela un mondo arcaico, incontaminato, dove la gente si esprime in un dialetto antico e vive secondo leggi preistoriche, considerando il mondo moderno estraneo e ostile. In loro, De Seta riscopre le vestigia di una società antica attraverso la quale risplende una nobiltà perduta. Lo stile del film mi colpì profondamente. Il Neorealismo era stato portato a un livello superiore, nel quale il regista partecipava a tal punto alla narrazione che la linea di demarcazione tra forma e contenuto era stata annullata ed erano gli eventi stessi a definire la forma. Il senso del ritmo di De Seta, il suo uso della macchina da presa, la sua straordinaria abilità nel fondere i personaggi con l’ambiente circostante, furono per me una completa rivelazione. Era un antropologo che si esprimeva con la voce di un poeta”.