07/05/2020

Fuori Cinema | Film in TV (ma da vedere) _ venerdì 8 maggio

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Grande cinema americano in serata, da un classico Stanley Donen (e la coppia Sophia Loren Gregory Peck) a un Woody Allen più recente, e a un film, Juno, che fece discutere alla sua uscita nel 2007. I nottambuli scopriranno invece il Marco Bellocchio psicoanalitico e un raro Vittorio Cottafavi fantascientifico.

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LA RUOTA DELLE MERAVIGLIE (Wonder Wheel, 2017, 110 min) di Woody Allen
[Rai 3 (canale 3), ore 21.20]

L’eventuale ottimismo suggerito dal titolo è sarcastico: il film appartiene all’ispirazione più amara e disillusa di Allen, alle sue storie di fallimenti coniugali ed esistenziali che si saldano nel tradimento e nel crimine, con echi di Tennessee Williams e Eugene O’Neill. Ma oltre all’attrice mancata Ginny (la magnifica Kate Winslet), al marito brutale e abbruttito Humpty (Jim Belushi), a sua figlia ritrovata Carolina, in fuga dai gangster, e al seduttore e aspirante drammaturgo Mickey, protagonista assoluta del film è Coney Island e la sua dimensione ingannevolmente rassicurante, iridescente, onirica e circense che Allen aveva già lasciato intravedere in Io e Annie perché lo affascina fin dall’infanzia. Qui ha voluto evocarla nel cuore degli anni ’50 (ricostruiti con effetti di infografica dallo studio Brainstorm Digital) e, per ottenere un contrasto più stridente, ha collocato dentro le sue arterie l’abitazione di Ginny e Humpty, concepita dallo scenografo Santo Loquasto come uno spazio pieno di finestre, vulnerabile, insicuro e provvisorio (ricostruita nei Silvercup Studios di Long Island). Alla sua seconda collaborazione con il grande attore-regista, il direttore della fotografia Vittorio Storaro ha associato tutte le tonalità calde dei cromatismi (rosso, giallo, arancione) al personaggio di Ginny mentre ha identificato a Carolina una gamma di blu chiaro, ma spesso ha modificato le luci e i colori anche nel corso dei piano-sequenza per suggerire l’aleatorietà delle situazioni.
(R.C.)

Approfondimenti

Analisi del film di Yves Alion (in francese); critica di Danièle Heymann (in francese) e un’intervista a Woody Allen sul film (in inglese con sottotitoli in francese).

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ARABESQUE (1966, 105 min) di Stanley Donen
[Iris (canale 22), ore 22.55]

Spy-story con geroglifici, microfilm, doppi giochi, malefiche potenze arabe e tutto l’armamentario che Stanley Donen chiama in causa nella prima sequenza, trascurando poi rapidamente e allegramente (sempre stato cineasta svelto e allegro, Donen) di fornirgli struttura logica. Siamo a Londra e fuori premono gli anni Sessanta, con il loro impatto op, pop, mod, fotografico, ironico: una coreografia di immagini deformate e riflesse in vetrate, pupille, specchi, retrovisori e cerchioni d’auto. Nel turbine visivo inseguono, si inseguono, sono inseguiti Gregory Peck e Sophia Loren. La chimica tra loro è più disegnata che palpabile (dunque il film non ha l’aura magica e ancora classica di Sciarada, Cary Grant e Audrey Hepburn nel 1963), cosa che accentua l’intenzione fumettistica. In omaggio a Man Ray, un close-up incornicia la bocca bellissima e truccatissima di Sophia. Per il resto Loren indossa spettacolari Dior, alcuni perfetti per il suo phisique altri meno: nella scena più divertente però è nuda, in una doccia arabescata di toile de Jouy dove si nasconde anche il professor Peck che, vestito di tutto punto e sopraffatto dalla situazione, non stacca mai lo sguardo dal suo imponente turbante di spugna rosa.
(P.C.)

Approfondimenti

I bozzetti di Yves Saint-Laurent per il film; una recensione d’epoca (non lusinghiera) su “Film Quarterly”; un profilo di Stanley Donen.

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JUNO (2007, 92 min) di Jason Reitman
[Italia 1, ore 23.30]

Sedici anni e incinta. Che fare? Non si tratta di un reality adolescenziale ma della materia viva e vivace di una delle migliori commedie della scena indie americana anni Duemila, che ribalta con leggerezza e ironia i ruoli tra le generazioni, smussando, senza appiattirle, le asperità di un tema potenzialmente spinoso. E che all’uscita ottenne ottimi riscontri di critica e al botteghino.

Elemento chiave la solida sceneggiatura e i dialoghi brillanti dell’esordiente Diablo Cody, premiata con l’Oscar. Ma anche l’interpretazione di Ellen Page, che dà tutto il suo carisma giovanile al personaggio irresistibile di Juno, che sceglie di dare il suo bambino in adozione, ma vuole conoscere e valutare i futuri genitori.

Regia minimalista di Jason Reitman, una delle firme emergenti del decennio (ha esordito due anni prima con Thank You for Smoking e si confermerà due anni dopo con Tra le nuvole).
(A.A.)

Approfondimenti

Il saggio American Indie: il caso Jason Reitman; dialogo con Jason Reitman e Diablo Cody.

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DIAVOLO IN CORPO (1986, 114 min) di Marco Bellocchio
[Cielo (canale 26), ore 1.00]

Cominciava qui una delle liaisons più chiacchierate e dangereuses del cinema italiano, quella tra Marco Bellocchio e lo psicanalista Massimo Fagioli, insieme al quale la sceneggiatura venne riscritta e cui il film è dedicato. L’impalcatura narrativa si rifà al Diavolo in corpo di Radiguet, trasportando tutto nell’Italia anni Ottanta che cerca di fare i conti con fantasmi e concrete ferite del terrorismo. Marutschka Detmers è la figlia di una vittima, s’è fidanzata con uno degli assassini del padre, pentito e fervente cattolico, ma l’incontro con un liceale (cui pratica subito la lunga fellatio che fu motivo di scandalo e successo) le deraglia la vita. Le ragioni della politica collassano sconfitte dalla propria cinica follia, le forze dell’inconscio e dell’eros divampano incontrollate. Dalla fusionale collaborazione con Fagioli, mai sconfessata dal regista, sarebbero nate altre tre opere.
(P.C.)

Approfondimenti

Un’intervista di Chiara Ugolini a Marco Bellocchio, che ricorda Massimo Fagioli, scomparso nel 2017.

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OPERAZIONE VEGA (1962, 74 min) di Vittorio Cottafavi
[Rai 3 (canale 3), ore 2.50]

Un film per la tv (andato in onda sulla Rai il 2 luglio 1962) che sembra provenire da una galassia remota. Non siamo più abituati a nulla del genere. È un fascino straniante, scientemente raffreddato all’estremo, stilizzato nelle sue linee scenografiche e luminose di nettezza implacabile, letterario (dove possiamo sentire oggi in tv una parola come “stillante”?), senza un briciolo di sentimentalismo.

Insomma, Bertolt Brecht sul piccolo schermo. Il testo è tratto da un originale radiofonico di Friedrich Dürenmatt.

Anno 2255: una delegazione dei Liberi Stati Confederati della Terra va in missione su Venere, che ora è un carcere riservato alla feccia umana. Occorre convincere gli occupanti ad allearsi col pianeta madre in una guerra contro una forza aliena distruttiva. Per essere più persuasivi, i terrestri si portano appresso qualche testata nucleare. L’avventura diventa un gioco tragico, squisitamente mentale.
(A.M.)

Approfondimenti

Una carrellata sugli sceneggiati di fantascienza italiani storici e ancora “Altra fantascienza in tv“; Enrico Ghezzi sul cinema televisivo di Cottafavi.

 

Selezione titoli, commenti e approfondimenti a cura di Alice Autelitano, Alessandro Cavazza, Roberto Chiesi, Paola Cristalli e Andrea Meneghelli.