I FIORI AVVELENATI DI VICTORIN-HIPPOLYTE JASSET

A cura di Émilie Cauquy, Hiroshi Komatsu e Mariann Lewinsky

“Anche quando ha voluto imitare il vecchio mondo, la natura (o il teatro), il cinema ha prodotto dei fantasmi. Copiando la terra mostrava il sole”

Paul Éluard, prefazione in Nicole Vedrès, Images du cinéma français, 1945

“Più che conoscerlo lo indoviniamo”, dice Henri Langlois, mentre per Francis Lacassin è “il genio della lampada” e per Georges Sadoul “una traccia semicancellata”. Una buona parte dell’opera di Jasset resta invisibile, destino fatale legato alla disastrosa conservazione dei film prodotti da Éclair nella sua prima fase di attività (1908-1918). Nel 1937 Langlois, a nome della Cinémathèque française, fondata un anno prima, acquisisce un lotto di materiali della società fallita nell’aprile 1920: quasi 1000 copie positive e 1700 negativi destinati al macero sono così salvati in extremis, ma vengono consegnati in modo discontinuo e alla rinfusa, ponendo un enorme problema di identificazione e acquisizione in un momento in cui bisogna scegliere rapidamente. Per mancanza di mezzi (30.000 franchi), è impossibile acquisire tutto il lotto. Langlois tornerà spesso su questo tragico episodio per descrivere l’archivista impegnato nella perpetua missione di salvare un’arte in pericolo.
Per Langlois Éclair significa Victorin Jasset, mitico cineasta prematuramente scomparso nel 1913. La sua carriera folgorante svela molteplici talenti ed è la rappresentazione per eccellenza della labile e affascinante linea di confine tra le arti sceniche e il cinema degli albori. Jasset fu pittore, disegnatore, litografo cartellonista, creatore di costumi e di scenografie (primo disegnatore della maison Landolf), regista di pantomime, capo comparse, sceneggiatore, regista cinematografico (per Gaumont con Alice Guy nel 1905-1906, poi per Pathé, Eclipse, Lux) e infine direttore artistico di produzione per Éclair. Fu quindi un pioniere, un abile autore di opere insolite, eterodosse, un inventore dell’avventura al femminile con la trionfante Josette Andriot e più in generale del film d’azione urbano codificato, del genere poliziesco e del serial che con lui passò dalla carta stampata alla pellicola assicurandosi la fedeltà di un pubblico ancora volubile. I lettori divennero spettatori. Come scrive Nicole Vedrès, che nel 1945 inserisce Balaoo tra le sue Images du cinéma français e così facendo scolpisce il nome di Jasset sul muro degli Indimenticabili: “Tutto ciò che il teatro – o almeno un teatro autentico –, il romanzo e perfino la pittura gli negavano, il pubblico è venuto a chiederlo al cinema. Gli avevano offerto l’assurdo e il burlesco. Quasi subito ha avuto bisogno di sangue, orrore e vera morte. […] Era un genere di crimine poco spettacolare e quasi quotidiano, erano cadaveri credibili, disgrazie possibilissime, condanne a morte, esecuzioni capitali. Saziavano l’uomo che si ferma per strada quando scorge un incidente”.

Émilie Cauquy

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