28/08/2020

Quinto giorno di festival: sabato 29 agosto

Gli appuntamenti principali di sabato 29 agosto

  • In Piazza MaggioreGeppi Cucciari legge L’invenzione dell’amore, da un’idea di Alice Rohrwacher
  • Alice Rohwacher e Francesco Munzi si ispirano ai Comizi d’amore di Pasolini
  • Sylvester: in Piazza Maggiore il cine-concerto con l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
  • Sergio Leone produttore: il nuovo restauro di Il mio nome è Nessuno con Terence Hill e Henry Fonda presentato dai Manetti Bros.
  • L’omaggio al direttore della fotografia Tonino Delli Colli
Per non accreditati al Festival: sono aperte le vendite biglietti (a 5 euro) per tutti gli appuntamenti di sabato 29 agosto.


È diventato uno dei canti simbolo della Rivoluzione dei Garofani, che il 25 aprile 1974 ha liberato il Portogallo dalla dittatura: L’invenzione dell’amore, scritto nel 1960 dal poeta militante Daniel Felipe, che non fece in tempo a vedere la Rivoluzione.
La regista Alice Rohrwacher, folgorata dal poema all’epoca della sua esperienza a Lisbona, ha tradotto, a quattro mani con Luciana Fina, durante il lockdown, L’invenzione dell’amore e consegnato i versi all’illustratrice Mara Cerri, che ha disegnato alcune tavole traendone ispirazione, e che saranno pubblicate in una cartella serigrafica da Else edizioni e Orecchio Acerbo.
Tutto questo diventerà una serata speciale nell’ambito della 34ª edizione del festival Il Cinema Ritrovato: sabato 29 luglio, alle ore 22.30, in Piazza Maggiore a Bologna, Geppi Cucciari leggerà L’invenzione dell’amore, accompagnata dalle tavole di Mara Cerri e dalle immagini documentarie di Angelo Loy. In apertura di serata, il cortometraggio girato nel 1965 da António Campos, tratto dal poema di Daniel Felipe (in caso di pioggia lo spettacolo si terrà al Teatro Manzoni).

“Mi sono imbattuta nell’Invenzione dell’amore in un giorno d’autunno, a Lisbona, nel 2002”, racconta Alice Rohrwacher. “Vivevo in quella città già da qualche mese, avevo studiato portoghese, ma era la prima volta che la parola scritta e straniera diventava improvvisamente viva, guizzante, come qualcosa che premeva per uscire fuori dalla pagina. Uscire, correre, cantare: sentii un’insolita urgenza di declamare a tutti quella poesia, di liberarla dalla mia stanza e portarla in giro per le strade, tra gli sconosciuti. E così mi trovai a scrivere dei manifesti con degli estratti del poema, per qualche mese ne feci trentacinque a settimana, che attaccavo di notte per le strade. Al fondo del manifesto, al posto dei numeri di telefono che in genere negli annunci si strappano via, i passanti trovavano delle parole della poesia ritagliate in piccole strisce, da staccare e portare con sé. Mi sembrava importante che quelle parole si disperdessero tra la gente, come semi. Che non fossero più ‘parole di pagina’, ma messaggi da strappare via, scambiare, accartocciare, appiccicare. Adesso è il 2020, e questo poema è ancora ardente. Daniel Filipe, poeta capoverdiano perseguitato dalla dittatura di Salazar, non riuscì neanche a sapere che le sue parole divennero nel 1974 uno dei canti della rivoluzione. Morì infatti prematuramente, a soli trentotto anni, senza poter assistere al rovesciamento e alla liberazione del 25 aprile portoghese. Nei giorni della quarantena le sue parole mi sono tornate alla mente, le ho cercate e infine ritrovate: ho subito chiamato Mara Cerri, Fausta Orecchio, Luciana Fina e gli amici di Else edizioni: traduciamolo, disegniamolo, stampiamolo, facciamo un libro-manifesto, diffondiamo l’amore imperativo di Daniel Filipe! E così abbiamo scoperto che queste parole riescono ancora oggi a raccontare vivamente un’epidemia inversa a quella in cui ci troviamo, un’epidemia di speranza come un fiore che sboccia dentro la nostra memoria. Per il tempo a venire”.

Ed è sempre un’idea di Alice Rohwacher, questa volta assieme a Francesco Munzi, quella di ispirarsi ai Comizi d’amore di Pier Paolo Pasolini del 1964, film appena restaurato dalla Cineteca di Bologna, in collaborazione con Compass Film e con il sostegno di MiBACT, e presentato proprio quest’anno al Cinema Ritrovato, assieme ad alcuni outtakes inediti, senza sonoro.
Sempre domani, sabato 29 agosto, alle ore 12 al Cinema Lumière, Alice Rohwacher e Francesco Munzi racconteranno al pubblico il loro progetto Comizi d’amore vecchi e nuovi.

La serata di sabato 29 agosto in Piazza Maggiore si aprirà già alle ore 21, con un cine-concerto con l’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, diretta da Timothy Brock, che accompagnerà un capolavoro del muto tedesco, Sylvester, diretto nel 1924 da Lupu Pick, la cui partitura musicale è scritta dal compositore Klaus Pringsheim, cognato dello scrittore (e grande appassionato di musica) Thomas Mann. Il restauro è stato realizzato da Deutsche Kinemathek in collaborazione con National Film Archive of Japan e Cinémathèque française presso i laboratori ARRI e Imagica Lab, con il sostegno del Commissario federale tedesco per la Cultura e i Media (in caso di pioggia lo spettacolo verrà annullato).

Sempre in serata, ma alla BarcArena, alle ore 21.15, il nuovo restauro di Il mio nome è Nessuno, western di Tonino Valerii, prodotto da Sergio Leone e interpretato da Terence Hill e Henry Fonda. Il restauro è stato realizzato da Cineteca di Bologna, in collaborazione con Francesca Leone e con il sostegno di MiBACT presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata. A presentare il film ci saranno i Manetti Bros. (in caso di pioggia lo spettacolo verrà annullato).
Così racconta il film uno dei grandi esperti del cinema di Sergio Leone, Christopher Frayling: “Colmo di riferimenti ai precedenti film di Leone (la scena d’apertura e la scena del duello di C’era una volta il West, il personaggio del vecchio profeta da Per qualche dollaro in più), ai giochi infantili, ai luna park e alle filastrocche, oltre che all’opera di Sam Peckinpah (Il mucchio selvaggio; il pistolero anziano con problemi agli occhi di Sfida nell’Alta Sierra), Il mio nome è Nessuno nasce come un tentativo di trasformare l’Odissea di Omero in un western. Il titolo echeggia infatti la frase detta da Ulisse al Ciclope. Si è trasformato in una riflessione sui western comici straordinariamente popolari della serie Trinità interpretati da Terence Hill, e inoltre in un arrivederci al western italiano. Terence Hill interpreta l’eroe italiano iperattivo, e Henry Fonda, nel suo addio al western, offre una prestazione dignitosa come un monumento nazionale in via di estinzione. Ennio Morricone utilizza toni elegiaci e crepuscolari. La musica s’intona perfettamente al film: in parte lamento lirico sulla fine del West, in parte ritmo demenziale nello stile dei fumetti italiani. La regia di Il mio nome è Nessuno è di Tonino Valerii, assistente di Leone fin dall’epoca della Trilogia del dollaro, che nel frattempo aveva diretto quattro film western e un paio di thriller. Valerii era consapevole del fatto che, per il suo primo film da produttore, Leone avrebbe favorito “un giovane addestrato alla sua scuola registica”; e che inoltre pensava di “potermi influenzare in una certa direzione”. Il mio nome è Nessuno viene girato on location in America, in seguito nei pressi di Guadix. I ritardi delle riprese in Spagna danno modo a Sergio Leone di dirigere la seconda unità. Gira tra l’altro le sequenze del saloon e del luna park interpretate da Terence Hill, il quale è entusiasta di essere diretto dal maestro. Quando esce il film, il nome di Sergio Leone compare tre volte sui titoli di testa: “Sergio Leone presenta”, “Da un’idea di Sergio Leone”, “Prodotto da Sergio Leone”. Mentre il nome del regista compare solo una volta. Il pubblico è desideroso di vedere un nuovo film di Leone”.

Sempre nella giornata di sabato 29 agosto, c’è poi l’omaggio a un grande direttore della fotografia: Tonino Delli Colli. Alle ore 18 al Cinema Odeon è in programma Once Upon a Time… Tonino Delli Colli Cinematographer, opera  voluta dal figlio Stefano, per ricordare affettuosamente la figura del padre. Il film, realizzato da Claver Salizzato e Paolo Mancini (produzione Manafilm) si avvale di numerose testimonianze e di alcuni materiali inediti tratti dall’archivio personale di Tonino, ed è ispirato al libro Tonino Delli Colli, mio padre. Tra cinema e ricordi, pubblicato da Artdigiland nel 2017. A introdurre la proiezione saranno i registi insieme al figlio Stefano. Sarà inoltre presente la nipote, giornalista e critica cinematografica Laura Delli Colli.
Così racconta il film Claver Salizzato: “Tonino Delli Colli, uomo di cinema e di cinematografia, è stato sicuramente uno dei più alti interpreti dell’arte della Luce e della fotografia in movimento che il Novecento italiano sia riuscito a esprimere sugli schermi nazionali e internazionali. Attraverso il suo occhio, meccanico ma soprattutto umano, ci sono arrivate le immagini dei più valenti maestri del panorama cinematografico: da Pier Paolo Pasolini a Federico Fellini, passando per Sergio Leone, Jean-Jacques Annaud, Roman Polanski, Louis Malle. Un film su Tonino Delli Colli, protagonista come pochi dello spirito e della grandezza del cinema, era, oltre che doveroso, necessario, non solo per celebrare una professionalità e un percorso artistico, ma anche una vita e una carriera che hanno segnato la storia degli schermi italiani. Come pensiamo sarebbe piaciuto allo stesso protagonista, il film vuole raccontare unicamente attraverso la suggestione delle immagini – molte inedite e mai viste nemmeno dagli addetti ai lavori, provenienti da archivi stranieri e privati – il cammino, esistenziale e professionale, privato e pubblico, di un uomo e di un personaggio che ha trasformato un mestiere e un sapiente artigianato in un’inimitabile forma di espressione artistica. Dagli anni dell’apprendistato a Cinecittà all’ascesa ai vertici della settima arte, fino al prestigioso Academy Award arrivato al culmine della carriera, il film si muove davanti e dietro la magica macchina da presa di Delli Colli, alternando i brani più significativi dei suoi film ai backstage più importanti, alle interviste ai grandi che lo hanno conosciuto e affiancato, alle sue stesse parole. Un film che ha l’ambizione di narrare non solo con gli strumenti analitici e un po’ freddi del documentario, ma anche con quelli, avvincenti ed emozionali, del motion picture. Per rendere su quella pellicola da lui tanto amata e plasmata, come uno scultore col marmo o con la creta, un ritratto, il più veritiero e giusto, della figura e dell’opera di Tonino Delli Colli”.