Lun
27/06
Cinema Lumière - Sala Officinema/Mastroianni > 11:30
KINO-PRAVDA/RÊVE D’OPIUM/LAOGONG ZHI AIQUING/PAY DAY
Kate Guyonvarch (Roy Export/Association Chaplin) e Cecilia Cenciarelli
Stephen Horne e alla batteria di Frank Bockius
Info sullaProiezione
Sottotitoli
Versione originale con sottotitoli
Modalità di ingresso
KINO-PRAVDA, NO. 7
Scheda Film
Tra il 1922 e il 1925 Dziga Vertov realizzò il cinegiornale Kino-Pravda, che letteralmente significa “cinema-verità” ma è soprattutto un riferimento alla “Pravda”, il quotidiano di Lenin. Ciò che Vertov aveva in mente era esattamente un giornale su schermo o un quotidiano filmato. Uscirono in tutto ventitré numeri, ma con cadenza irregolare e senza un’ampia distribuzione. Tuttavia Vertov prese seriamente la produzione di Kino-Pravda e la usò per elaborare le proprie idee sul cinema e sul linguaggio cinematografico. Nella struttura e nello stile i primi numeri erano ancora simili ai cinegiornali che li avevano preceduti, ma nei numeri successivi Kino-Pravda iniziò a mostrare la sperimentazione e lo sviluppo di un nuovo linguaggio attraverso l’uso di filmati preesistenti, la composizione, il ritmo e la grafica costruttivista delle didascalie. Nel numero 7, del quale si è conservato solo un frammento, queste tendenze non sono ancora molto presenti. Esso abbraccia un’ampia varietà di argomenti, dai temi politici come il processo di un socialista rivoluzionario agli sforzi collettivi per ricostruire il villaggio siberiano di Taseevo, distrutto da un incendio, e livellare il campo di volo di Chodynka, ma anche scene di svago nella località balneare di Tuapse e vedute di luoghi e monumenti stranieri come il mercato e la moschea di Kabul. Ventidue dei ventitré numeri di Kino-Pravda si sono conservati – alcuni solo in forma di frammenti – e sono accessibili online all’indirizzo vertov. filmmuseum.at.
Janneke van Dalen
Cast and Credits
F. : Vasilij Bystrov. M.: Elizaveta Svilova. Prod.: VFKO. 35mm. L.: 236 m. 18 f/s. Bn
RÊVE D’OPIUM
Scheda Film
Questo balletto-divertissement incorniciato da cineserie è forse l’unica traccia rimasta di una produzione di film en rélief annunciata con tanto clamore e orgoglio nazionale (francese). Il procedimento Parolini non produceva un film 3D, ma era – se si legge bene la descrizione su “Cinémiroir” del 28 luglio 1922 – un dispositivo teatrale di luci e schermi semitrasparenti. Stéphane Passet (1875-1941), regista di Rêve d’opium, lavora dal 1912 per gli Archives de la Planète di Albert Kahn e si reca in missione in tutto il mondo; da due viaggi in Cina riporta più di settecento autochrome. Le cineserie non sono quindi casuali. Dopo la guerra lascia gli Archives de la Planète per dieci anni. Durante questo periodo gira almeno due film di finzione in tre dimensioni – La Belle au bois dormant (procedimento Parolini) e La Damnation de Faust (procedimento di sua invenzione) – ma resta in contatto con Jean Brunhes, direttore scientifico degli Archives de la Planète.
Mariann Lewinsky
Cast and Credits
Coreografia: Jeanne Chasles. Int.: Mlle. Roselly, M. Tien-Tchong. Prod.: Société des Cinématographes Azur (“Film en couleur et en rélief, procédé stéréo Parolini”). 35mm. L.: 298 m. 18 f/s. Col. (da una copia nitrato imbibita / from a tinted nitrate print).
LAOGONG ZHI AIQING
Scheda Film
Laogong zhi aiqing è in buona sostanza frutto della cultura urbana e della confluenza di pratiche e convenzioni narrative del teatro d’ombre di Shanghai. Otto anni prima di fondare la Mingxing Company nel 1921, i creatori del film Shichuan Zhang e Zhengqiu Zheng avevano girato insieme alcuni film cinesi per la Asia Company. Nei primi anni Venti la Cina fu travolta da una mania per il cinema che non aveva precedenti. Dopo un crollo della borsa molti speculatori investirono nella nascente industria cinematografica. […] Fu in questo clima effervescente che Zhang e Zheng intrapresero la loro seconda collaborazione e fin da subito fondarono anche la scuola di cinema della Mingxing per formare attori e attrici professionisti.
La traiettoria narrativa di Laogong zhi aiqing è chiara, ma il film non è interessato tanto alla psicologia dei personaggi quanto alle loro azioni, e questo spesso porta a uno spettacolo che blocca sul nascere ogni coinvolgimento narrativo… La storia è in realtà una frivola critica che ha come tema la mobilità sociale, e si fa implicitamente beffe dei codici patriarcali e feudali che regolano il matrimonio e la famiglia.
Zhang Zhen, An Amorous History of the Silver Screen, Shanghai Cinema 1896-1937, University of Chicago Press, Chicago 2005
Cast and Credits
Scen.: Shichuan Zhang. F.: Weitao Zhang. Int.: Zhegu Zheng (Cheng), Ying Yu (miss Zhu), Zhengqiu Zheng (dottor Zhu). Prod.: Mingxing Film Company. DCP. Bn
PAY DAY
Scheda Film
Questo affresco di un cantiere edile riceve fin dal titolo la sua precisa definizione: è di scena il giorno di paga dei manovali. Con i noti rituali. Ma il focus è su quel che si fa per scolarsi fino all’ultimo dollaro.
Pay Day è l’ultima pellicola a due rulli di Chaplin ed è un’epitome satirica di due fenomeni, il lavoro e il tempo libero. Con evidente simmetria ciascun ambito si prende metà del film, e ogni ambito è sottoposto a equivalente analisi. Sul lavoro comanda il capomastro, a casa comanda la moglie, Phyllis Allen che, nella sua incarnazione di una virago, rende la casa il peggiore dei mondi possibili. Il lavoro è, quando più quando meno, una giostra di violenze, cialtroneria, imbrogli, nonché di varie altre forme di ‘coesione’ sociale. I rapporti di forza risultano distorti tanto nel momento della paga quanto in quello della pausa pranzo.
Il passaggio dal lavoro alla libertà è delimitato da un taglio secco, con il contrassegno del dollaro come didascalia – una cinica esplicitazione. E la direzione da prendere è ovviamente quella dell’unica autentica oasi in quel deserto di tedio, ovvero la bettola.
Le gag sono tutte geniali: per esempio quando, per sfuggire alla rabbia della moglie, Chaplin si getta tutto vestito nella vasca da bagno, sperando di dormire, ma poi, al sopraggiungere della donna, comincia a insaponarsi come nulla fosse. I manovali del cantiere si danno ai bagordi e non fanno che produrre pasticci – esattamente come sul posto di lavoro. Il ritorno a casa avviene dando l’assalto all’ultimo tram già stracarico di ubriachi, sulla cui predella Chaplin si aggrappa al fondo dei pantaloni di un compagno di sventura, che naturalmente finiscono per strapparsi. […]
Alla fine del film ci ritroviamo al mattino seguente, quando Charlot torna alla mercé della virago che l’aspetta a casa. Il primo piano della sequenza finale ha l’efficacia comica delle farse inglesi dei primi del Novecento. Rispetto a queste, e alle comiche Keystone, la grande differenza è che ora le gag vengono innescate da diverse direzioni, ragion per cui acquistano una dimensione di misteriosa profondità. Lo stesso dicasi dell’essenza e della presenza di Chaplin: il film, al di là di tutto il cancan che lo anima, e di sicuro anche per questo, è una potente immagine di solitudine.
Peter von Bagh, Chaplin, Edizioni Cineteca di Bologna, Bologna 2021
Cast and Credits
Scen.: Charles Chaplin. F.: Roland Totheroh. Scgf.: Charles D. Hall. Int.: Charles Chaplin (operaio), Phyllis Allen (sua moglie), Mack Swain (sovrintendente), Edna Purviance (la figlia del sovrintendente), Sydney Chaplin (compagno di Charlot / proprietario rivendita dei panini), Albert Austin, John Rand, Loyal Underwood (operai). Prod.: Charles Chaplin per First National. DCP. Bn
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