PAY DAY
Scen.: Charles Chaplin. F.: Roland Totheroh. Scgf.: Charles D. Hall. Int.: Charles Chaplin (operaio), Phyllis Allen (sua moglie), Mack Swain (sovrintendente), Edna Purviance (la figlia del sovrintendente), Sydney Chaplin (compagno di Charlot / proprietario rivendita dei panini), Albert Austin, John Rand, Loyal Underwood (operai). Prod.: Charles Chaplin per First National. DCP. Bn
Scheda Film
Questo affresco di un cantiere edile riceve fin dal titolo la sua precisa definizione: è di scena il giorno di paga dei manovali. Con i noti rituali. Ma il focus è su quel che si fa per scolarsi fino all’ultimo dollaro.
Pay Day è l’ultima pellicola a due rulli di Chaplin ed è un’epitome satirica di due fenomeni, il lavoro e il tempo libero. Con evidente simmetria ciascun ambito si prende metà del film, e ogni ambito è sottoposto a equivalente analisi. Sul lavoro comanda il capomastro, a casa comanda la moglie, Phyllis Allen che, nella sua incarnazione di una virago, rende la casa il peggiore dei mondi possibili. Il lavoro è, quando più quando meno, una giostra di violenze, cialtroneria, imbrogli, nonché di varie altre forme di ‘coesione’ sociale. I rapporti di forza risultano distorti tanto nel momento della paga quanto in quello della pausa pranzo.
Il passaggio dal lavoro alla libertà è delimitato da un taglio secco, con il contrassegno del dollaro come didascalia – una cinica esplicitazione. E la direzione da prendere è ovviamente quella dell’unica autentica oasi in quel deserto di tedio, ovvero la bettola.
Le gag sono tutte geniali: per esempio quando, per sfuggire alla rabbia della moglie, Chaplin si getta tutto vestito nella vasca da bagno, sperando di dormire, ma poi, al sopraggiungere della donna, comincia a insaponarsi come nulla fosse. I manovali del cantiere si danno ai bagordi e non fanno che produrre pasticci – esattamente come sul posto di lavoro. Il ritorno a casa avviene dando l’assalto all’ultimo tram già stracarico di ubriachi, sulla cui predella Chaplin si aggrappa al fondo dei pantaloni di un compagno di sventura, che naturalmente finiscono per strapparsi. […]
Alla fine del film ci ritroviamo al mattino seguente, quando Charlot torna alla mercé della virago che l’aspetta a casa. Il primo piano della sequenza finale ha l’efficacia comica delle farse inglesi dei primi del Novecento. Rispetto a queste, e alle comiche Keystone, la grande differenza è che ora le gag vengono innescate da diverse direzioni, ragion per cui acquistano una dimensione di misteriosa profondità. Lo stesso dicasi dell’essenza e della presenza di Chaplin: il film, al di là di tutto il cancan che lo anima, e di sicuro anche per questo, è una potente immagine di solitudine.
Peter von Bagh, Chaplin, Edizioni Cineteca di Bologna, Bologna 2021