Lezione di cinema: ‘I 1000 occhi del dr. von Bagh’
Si è tenuto ieri, alle 16.15, il primo di una lunga serie di incontri che questa XXIX edizione del festival dedicherà al maestro Peter von Bagh. La Lezione di Cinema, “I 1000 occhi del dr. Von Bagh”, ha raccontato la sfaccettata e carismatica personalità dell’artista che per 14 anni ha diretto il Cinema Ritrovato, attraverso i ricordi e le voci di chi ha avuto la fortuna di conoscerlo.
«Per ognuno di noi Peter rappresentava qualcosa» – racconta Gian Luca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna –. «Io e Peter parlavamo poco, eppure avevo sempre l’impressione che lui sapesse esattamente quello che stavo per dirgli». Era un uomo estremamente sintetico, di grande intelligenza, in virtù della quale era entrato in contatto con personalità provenienti da ogni parte del mondo. Uno scrittore, ma anche un regista, con un dono straordinario: quello di rendere ogni cosa profonda e allo stesso tempo leggera. «Il più marginale dei marginali», così definito da Farinelli stesso.
Si è deciso, per quest’anno, di non nominare un nuovo direttore, ma piuttosto di istituire un board di persone che potessero adempiere alla gestione organizzativa. Questo perché Peter non si può sostituire; si può solo continuare a tener viva la sua memoria attraverso le parole di chi, anche solo per una breve occasione, ha incrociato il proprio percorso con il suo. A portare sul palco «il proprio Peter von Bagh» sono stati undici, tra conoscenti, amici e parenti. Cecilia Cenciarelli lo ricorda attraverso un sentimento: «Coloro che cercano rifugio nel cinema, sentono di non appartenere a nessun luogo. Lui lo ha reso meraviglioso». Qui si intende il “paradiso cinefilo”, quella passione forte che riempiva la vita di Peter, e che tanto ha fatto per trasmettere in vita, come docente universitario, scrittore e regista. Kevin Brownlow, regista e storico del cinema, rammenta infatti i tentativi di von Bagh di far appassionare il pubblico al tipo di cinema da lui amato; mentre prima di lui, Peter Bagrov, lo descrive come «l’uomo del paradosso».
Una collega dell’Università di Aalto, presso la quale Peter von Bagh insegnava, legge al pubblico una lettera da lui scritta nel Natale del 2013, sei mesi prima di andare in pensione. Questo suo scritto risulta un vero e proprio testamento artistico, nel quale fissò ben chiari i suoi canoni di insegnamento: «Il cinema è l’esperanto di tutte le arti», scriveva, quella disciplina che, se insegnata, è necessario saper intrecciare a tutte le altre. «Se perdiamo l’entusiasmo sacro, se non riscattiamo il cinema dall’essere un sottoprodotto economico, allora abbiamo perso la nostra sfida».
Petteri Evilampi ha montato film con lui per quindici anni: la difficoltà di lavorare con Peter stava nel fatto che egli non scrisse mai una sceneggiatura, tutto era nella sua mente, «dove c’era anche un gran caos», aggiunge Evilampi con un sorriso. Nei momenti di difficoltà «aveva questa grande capacità di addormentarsi all’improvviso. Ogni settimana lui risolveva un problema in sala di montaggio, schiacciando un pisolino. E se un problema era molto grosso, andava a casa e ci dormiva su». Alle memorie private si aggiunge quella di Anna von Bagh, figlia minore. Anna descrive il papà come una «persona che sapeva ispirare», con il quale condivideva l’abitudine di scriversi reciprocamente storie, sulla carta, ma anche via sms. Questo suo scrivere compulsivo gli consentì di completare, in sole sei ore di treno, la sua penultima opera, Junassa.
La parola passa poi a Mariann Lewinsky, unita a Peter dal fatto che «tutti e due parliamo lingue che nessuno si dà la briga di imparare. Veniamo da luoghi marginali ma ci siamo ritrovati nelle più grandi capitali culturali d’Europa». Il giovane Boris Nelepo prende poi parola, rammaricato per le poche occasioni condivise con Peter, riflettendo però su un aspetto fondamentale della sua produzione: «Ci sono molti suoi film e libri che non sono ancora stati tradotti, quindi so che la nostra amicizia proseguirà nonostante tutto».
Agli aggettivi elencati fin’ora, Alexander Horwath ne aggiunge uno nuovo: «autocritico»; questo era, tra le altre cose, Peter. «Lui era pienamente consapevole di quello che aveva fatto per tanti decenni, ma non era presuntuoso. Ho sempre apprezzato molto la sua capacità di non incensarsi».
Chiude infine il ritratto Antti Alanen, il quale sottolinea come egli non fosse solo un cineasta, ma anche un grande lettore. Di lui possediamo moltissimi libri, provenienti dalle sue diverse biblioteche, ora donati alla Biblioteca Nazionale Finlandese, e un immenso lascito di opere scritte. Il suo progetto era infatti di realizzare una storia del cinema in 12 volumi, uno per decennio: attualmente ce ne rimangono 5000 pagine, un patrimonio importante, da conservare, tradurre e diffondere.
Roberta Cristofori
Foto di Daniele Barresi
Qui sotto la cartolina con tutte le Lezioni di cinema:
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