Il Cinema Ritrovato | Fuori Sala #6
“Ho conosciuto Osiride durante la lavorazione di uno dei miei film. Era uno degli acrobati − saltatori, schermidori e specialisti delle scene di lotta o di caduta da cavallo −
che noi utilizzavamo per le scene più pericolose.
Osiride mi colpì subito per la sua generosità nelle prestazioni, per il coraggio con cui si buttava negli esercizi più pericolosi, per la pazienza e la buona volontà che dimostrava nel sottomettersi a tutto pur di contribuire alla riuscita della scena. Divenimmo amici”.
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Sesta puntata della rubrica online “Il Cinema Ritrovato | Fuori Sala“, alla scoperta di piccole perle di cinema conservate nei nostri archivi (guarda gli episodi precedenti).
Protagonista di questo episodio uno stupefacente cortometraggio diretto nel 1966 da Marcello Baldi, Osiride. Il documentario si muove attorno alla figura mirabolante di Osiride Pevarello, circense con una lunghissima carriera nel cinema, da Lattuada a Germi, da Ben-Hur a Fellini, fino a Tinto Brass.
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Guarda l’introduzione e il film cliccando sull’immagine:
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Riallacciamoci in maniera inconsulta (anzi, acrobatica) ai documentari di Vittorio De Seta, protagonisti della nostra precedente rubrica, per presentare un mondo perduto di tutt’altra natura, che ci porta dritto nel cuore pulsante di un cinema italiano che non c’è più. Un cinema attorno a cui gravitava una galassia di professionisti senza il nome sui titoli di testa e di coda, avventurieri temerari dello spettacolo, figli di un proletariato e di un sottoproletariato che trovava nei film un modo per sbarcare il lunario. Senza di loro, il cinema italiano con tutta probabilità non sarebbe stato lo stesso.
Osiride Pevarello (il nome è vero, lo attesta la sua carta d’identità), nato nel 1920 e morto nel 2016, è un esponente di spicco di questo sottobosco brulicante, che in teoria dallo sfondo non avrebbe mai dovuto spiccare. Lo troviamo in un tempio di polistirolo ad azzuffarsi con gli antichi romani e a farsi travolgere dal capoccione di una scultura pagana. E poi dentro la sua carovana, in uno spiazzo sopra le catacombe di Commodilla, tra i palazzoni romani che premono tutt’attorno, col cappello e gli stivaloni da cowboy, una moglie, quattro figli. È uno spazio rubato alle promesse del boom economico, dove Osiride esercita la libertà di vivere secondo le proprie attitudini e le proprie possibilità. Dopo i piccoli circhi, i numeri da strada alla Zampanò mangiando lampadine e spezzando catene, entra nel cinema per le sue doti di acrobata e cascatore: tantissimi peplum e western, fitte scazzottate con Bud Spencer e Terence Hill, ma anche apparizioni nel cinema di Fellini (La strada, che abbiamo già evocato, I clowns), Lattuada, Brass…
In questo cortometraggio squisitamente vivace e inaspettatamente denso, Osiride affronta il mondo ostentando passo sicuro e vocione assertivo, come se avesse tutto sotto controllo e pretendere di più non fosse necessario. Fino al bellissimo finale, quando le voci dei ragazzi che dormono danno corpo a un desiderio: avere una casa. Osiride, steso sul letto a fumare l’ennesima sigaretta, come sempre non riesce a prender sonno prima del ritorno della figlia diciottenne, che lavora sotto padrona in un tirassegno. Scopriamo la malinconia di un uomo che vorrebbe andarsene da lì, trovare per la sua famiglia quattro mura vere. La macchina da presa si sposta per farci intravedere l’immagine del papa sul comò. Bisognerebbe aver fede nei miracoli. Ma di questo parleremo la settimana prossima.
(Andrea Meneghelli)
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