17/04/2020

Fuori Cinema | Film in TV (ma da vedere) _ sabato 18 aprile

Dalla tentacolare Teheran di Mattone e Specchio del regista iraniano Ebrahim Golestan, agli orizzonti tra Iowa e Wisconsin di un’America “diversamente lynchana” in Una storia vera; dalla Roma del dopoguerra di Il sole negli occhi di Pietrangeli alla Berlino Est della DDR nel film Premio Oscar come miglior film straniero in Le vite degli altri. La selezione di sabato 18 aprile non ha mezze misure. Per i più romantici una nave diretta a Macao, compagni di viaggio Robert Mitchum e Jane Russell in L’avventuriero di Macao di Josef von Sternberg.

p

IL SOLE NEGLI OCCHI (1953, 98 min) di Antonio Pietrangeli
[Rai Storia (canale 54), ore 21.00]

Il sole negli occhi è uno degli esordi più convincenti del cinema italiano del dopoguerra. Antonio Pietrangeli ci racconta le vicende di Celestina, una ragazza che lascia il paesello per fare la domestica a Roma. Si trova implicata in una serie di esperienze che la segnano profondamente, insegnandole infine ad affermare la propria indipendenza. È un film di ammirevole intensità, capace di tenere assieme un originale tono meditativo, abili tocchi da commedia, a tratti una capacità di dettaglio quasi documentaristica. Senza costruire sermoni, mette in scena un quadro di grande precisione sociale, sfibrato da un inurbamento coatto, dallo sfruttamento del lavoro e dalla solitudine. Ci dimostra già appieno la sensibilità unica di Pietrangeli nel tratteggio di ritratti femminili indelebili (da Io la conoscevo bene ad Adua e le compagne).
(A.M.)

Approfondimenti

Una recensione del film e i volti delle donne di Pietrangeli.

p

LE VITE DEGLI ALTRI (Das Leben der Anderen, 2016, 137 min) di Florian Henckel von Donnersmarck
[Rai Movie (canale 24), ore 23.45 e in streaming su Rai Play]

Siamo nella DDR del 1984, il muro di Berlino sembra ancora inscalfibile e l’ombra della Stasi, il più efficiente e capillare sistema di controllo politico e sociale della storia, incombe sinistra con i suoi duecentomila effettivi, tra dipendenti e collaboratori dediti alla delazione occasionale. Di questa poderosa macchina il valoroso e implacabile capitano Wiesler (magnifico Ulrich Mühe, scomparso a pochi mesi dall’uscita del film) è uno degli ingranaggi più solerti ed efficaci: per questo gli viene affidato il compito di pedinare e intercettare il popolare drammaturgo Dreyman, uno dei fiori all’occhiello del regime. Le loro vite scorreranno parallele per mesi, collegate da un sofisticato apparato di microspie, in un processo di speculare e progressiva presa di coscienza umana e politica. Fino all’epilogo, amaro e inevitabile. L’esordiente Florian Henckel von Donnersmarck imbastisce un sofisticato thriller metafisico sul potere e le sue distorsioni, che mette insieme il ritmo incalzante e la suspense di una spy-story perfettamente congegnata e la precisione documentaria della ricostruzione degli spazi fisici ed emotivi dell’epoca. Più che meritato Oscar per il miglior film straniero.
P.S. Ogni lettura attualizzata intorno al tema della sorveglianza delle ‘vite degli altri’ in nome di una causa superiore è da considerarsi pienamente legittima.
(A.C.)

Approfondimenti

Antologia della critica italiana; pressbook con un’intervista al regista; la cerimonia dell’Oscar; due documentari Rai sulla Stasi, dalle serie Passato e presente e Il tempo e la storia.

p

UNA STORIA VERA (1999, 111 min) di David Lynch
[Italia 1, ore 2.25]

La storia accadde veramente nel 1994 e aveva quale protagonista un settantenne, Alvin Straight, che, seminvalido, percorse centinaia di chilometri, dallo Iowa al Wisconsin, su un tosaerba con rimorchio per ritrovare il fratello malato con cui non si parlava da dieci anni. Lynch cambia felicemente registro e adotta un linguaggio classico ed essenziale per aderire al punto di vista di un vecchio alla ricerca di un’estrema pacificazione familiare e intima. Durante il lento andamento di un trasognato road-movie, scorrono i paesaggi di un’America immersa in una natura atemporale e il fantastico si insinua stavolta con tonalità discrete e sfumate. Straight è l’ex stuntman Richard Farnsworth e il fratello è Harry Dean Stanton, due volti indimenticabili.
(R.C.)

Approfondimenti

La critica di Roger Ebert (in inglese); un’analisi del film di Fabrizio Tassi e un’ intervista video a David Lynch sul film.

p

L’AVVENTURIERO DI MACAO (1952, 80 min) di Josef von Sternberg
[Rai Movie (canale 24), ore 5.15. Disponibile anche su RaiPlay]

Ultima fantasia esotica di Josef von Sternberg, il grande expat viennese che, in senso opposto al percorso solito, da Hollywood volò a Berlino, diresse L’angelo azzurro, e tornò in America per fare di Marlene Dietrich una dea e un’imperatrice. Inattivo da dieci anni, Sternberg nel 1951 venne richiamato da Howard Hughes, allora boss della RKO, e dal delirio di onnipotenza di Hughes si lasciò spezzare ma non piegare: alla fine se ne andò, e le ultime, secche, violente sequenze vennero affidate a Nicholas Ray. È la storia di un giocatore d’azzardo e di una femmina ribelle che s’incontrano su una nave diretta a Macao, e la tensione erotica s’insinua dovunque nelle pieghe d’una trama di gangster e casinò. Dovunque troviamo, anche, le tracce d’autore: un’idea enigmatica dell’Oriente, l’ossessione per un corpo di donna vestito e svestito di seta, un “futile soggetto” (parole sue) che sorregge “il gioco delle luci e delle ombre”. Robert Mitchum e Jane Russell sono magnifiche prede hollywoodiane che sembrano voler sfuggire alla visione di Sternberg, ma anche da queste dissonanze nasce il fascino d’un film dimenticato. O relegato alle prime luci dell’alba. Mettiamola così: sarà un bel modo di sfruttare l’insonnia.
(P.C.)

Approfondimenti

La storia del film sul catalogo AFI; la recensione d’epoca, non proprio benevola, di Bosley Crowther sul “New York Times”; l’introduzione del volume Les visions d’Orient de Josef von Sternberg; un articolo di Alessandro Bertani su “Cineforum” (a pagamento); l’omaggio a Robert Mitchum al Cinema Ritrovato 2017; dall’Enciclopedia del cinema Treccani, profili di Mitchum, Jane Russell e von Sternberg.

p

Dai cataloghi delle piattaforme online:

MATTONE E SPECCHIO (Khesht o Ayeneh, 1963, 130 min) di Ebrahim Golestan
[RaiPlay]

Nella tentacolare Teheran di metà anni Sessanta il tassista Hashem trova nella sua vettura un bambino in fasce, abbandonato da una donna velata. Trascorrerà la giornata alla ricerca vana della madre. “Primo vero capolavoro moderno del cinema iraniano, esplora i temi della paura e della responsabilità all’indomani del colpo di stato. Primo film di finzione di Golestan, il cui titolo allude a una poesia di Farid al-Din Attar (‘Ciò che i vecchi vedono in un mattone/ i giovani vedono in uno specchio’), mescola sogno e realtà reagendo al nuovo clima sociale, al fallimento degli intellettuali e all’onnipresente corruzione. Il 5 giugno 1963 scoppiò una protesta contro l’arresto dell’Ayatollah Khomeini che acuì l’atmosfera di tensione e paura descritta nel film. Jonathan Rosenbaum ha definito lo spirito del film ‘un misto di Dostoevskij ed espressionismo’. La forma del soliloquio riflette sia l’ammirazione di Golestan per Orson Welles, sia la tradizione orale e il frequente uso della metafora nella cultura persiana”. Copia restaurato da Écran Noir in collaborazione con Cineteca di Bologna.
(Ehsan Khoshbakht, dal catalogo del Cinema Ritrovato 2018)

Approfondimenti

Cinema Ritrovato 2016: scheda del film, omaggio al Golestan Film Studio e lezione di cinema del regista; Golestan parla del film a Venezia in occasione della presentazione del restauro; una nota di Jonathan Ronsenbaum; un incontro sul cinema iraniano alla UCLA in occasione della presentazione del film.

p

Selezione titoli, commenti e approfondimenti a cura di Alessandro Cavazza, Roberto Chiesi, Paola Cristalli, Ehsan Khoshbakht e Andrea Meneghelli.