LA FEMME ET LE PANTIN

Jacques de Baroncelli

Sog.: dal romanzo omonimo (1898) di Pierre Louÿs e dall’adattamento teatrale (1910) di Pierre Louÿs e Pierre Frondaie. Scen.: Jacques de Baroncelli. F.: Louis Chaix. Scgf.: Robert Gys. Mus.: Edmond Lavagne, Georges Van Parys, Philippe Pares Int.: Conchita Montenegro (Concha Perez), Raymond Destac (Don Mateo Diaz), Andrée Canti (la madre di Conchita), Henri Lévêque (André Stévenol), Jean Dalbe (Morenito), Raoul Lagneau. Prod.: Les Films de France, Societe des Cineromans. DCP.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Quando inizia a girare La Femme et le pantin, nel dicembre del 1928, Jacques de Baroncelli ha già al suo attivo una ricca carriera: 53 film dal 1915. Colui che già fu direttore artistico della Film d’Art si distingue per le sue trasposizioni di opere letterarie: Le Père Goriot, Le Rêve, Pêcheur d’Island. La Femme et le pantin è l’adattamento della pièce che Pierre Louÿs e Pierre Frondaie avevano tratto dal romanzo di Louÿs (1898) e della quale la Société des Cinéromans ha acquistato i diritti nel 1927. Già nella messa in scena di Firmin Gémier per il Théâtre Antoine nel 1910 Régina Badet aveva dato scandalo con una danza che ne suggeriva le nudità. Jacques de Baroncelli inizia in Andalusia una lavorazione molto pubblicizzata e poi filma gli interni nei teatri di posa dei Cinéromans a Joinville. Le riprese si concludono a febbraio, il montaggio termina ai primi di marzo e la partitura musicale è subito affidata a Edmond Lavagne, Georges Van Parys e Philippe Parès. La Femme et le pantin è il primo lavoro per il cinema di Van Parys, che ha da poco interpretato per Columbia la versione francese della canzone Ramona, già resa celebre dall’argentino Carlos Gardel. Il 1° giugno 1929 il film esce in esclusiva al Paramount, prestigiosa sala dei Grands Boulevards parigini. Resta in cartellone solo una settimana prima di tornare sugli schermi in autunno, in una versione che comprende la scena di nudo precedentemente tagliata. Sarà però penalizzato dall’avvento del sonoro. Baroncelli si avvale di una fotografia sontuosa creando tableaux vivants (l’inizio ispirato a Goya, una festa scintillante), plasmando le ombre con le luci grazie alla pellicola pancromatica, contrapponendo il brio popolare al ritegno di Don Mateo per dare risalto alla sensualità candida e tentatrice di Conchita, della quale Louÿs sottolineava l’ambiguità. Il film poggia sul talento della sua interprete, Conchita Montenegro, ballerina spagnola divenuta attrice: ha diciassette anni quando interpreta per Baroncelli il suo unico film francese prima di una brillante carriera americana. Nel 2020 la Fondation Jérôme Seydoux-Pathé restaura il negativo originale del film che comprende le didascalie flash dei cartelli originali. Il negativo corrisponde al montaggio destinato al territorio francese. I provini girati con il procedimento KellerDorian, citati dalla stampa all’epoca delle riprese, non sono mai stati ritrovati.

Stéphanie Salmon 

Come conduce Conchita il suo flamenco di seduzione? Nel più vecchio, nel più vieto dei modi: attraverso la fuga e il ritorno inatteso, la sottrazione, la dilazione del desiderio. A strategia tanto anonima, a tanta ovvietà romanzesca, si cerca di far corrispondere l’eccezionalità di momenti che appaiono come piccoli smottamenti, o come catastrofi visive. C’è sempre qualcosa che si frappone tra lo sguardo di Don Mateo e il suo oggetto; prima, il vetro divisorio all’interno del treno; quindi, nel primo incontro a casa di Conchita, una porta chiusa dalla quale emerge e si allunga un braccio candido, una tenda oltre cui si intravvede il profilo di un corpo nudo. ‘Voglio stare qui, riposarmi un poco…’: Baroncelli non manca di recuperare anche il dato erotico della stuoia fresca, per i privati languori di un corpo intoccabile. Più tardi, sarà il ferro battuto di grate impenetrabili e di un cancello chiuso a segnare la definitiva sconfitta, la fin troppo metaforica esclusione di Don Mateo (anche questo lo ritroveremo in Buñuel). Dentro questa strategia, il corpo nudo non è un’occorrenza marginale o sfumata: Conchita sarà insolentemente e “artisticamente” nuda nella scena più complicata, più costruita e più sorprendente del film, il flamenco proibito ad uso del pubblico inglés: dove il composto e letterario Baroncelli, per restituire una visione davvero catastrofica, arriva persino ad interrompere i codici del linguaggio ordinario per sfiorare quelli di una (non più nuova) avanguardia.

Paola Cristalli

 

La recensione su Cinefilia Ritrovata

Copia proveniente da

Restaurato nel 2020 da Fondation Jérôme Seydoux-Pathé in collaborazione con Cinematheque francaise presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata