Il Cinema Ritrovato | Fuori Sala #14
“28 agosto 1963, marcia su Washington
La grande marcia per chiedere l’approvazione della legge sui diritti civili.
Sono molte migliaia di persone, bianchi e negri, che marciano verso il sacrario di Lincoln. Sono intellettuali, studenti, cantanti, ballerini, gente del clan di Frank Sinatra, grossi uomini politici, i nomi più prestigiosi del giornalismo, pastori protestanti, rabbini, preti cattolici.
[…]
Molti di questi uomini e donne presenti potrebbero eliminare la disoccupazione, abolire l’inferno dei ghetti, dare una vita umana ai braccianti negri del Sud, ai raccoglitori di frutta messicani della California, alle migliaia di indiani chiusi ancora nelle riserve, ai portoricani di New York, ai milioni di bianchi affamati, disoccupati, dementizzati del Kentucky, dei bassifondi di New York, Chicago, Boston, Philadelphia.
Sono i figli del potere bianco, dello stesso potere che mantiene in vita i ghetti e fa le leggi contro i ghetti. Che lascia impuniti tutti gli assassini dei negri e promulga sentenze sul diritto all’eguaglianza dei diritti. Il potere bianco marcia dietro ai cartelli portati dai negri, ma chi ha scritto questi slogan?”
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Diciassettesima puntata della rubrica online “Il Cinema Ritrovato | Fuori Sala”, alla scoperta di piccole perle di cinema conservate nei nostri archivi (guarda gli episodi precedenti). Anche questa volta, a introdurre il film è l’altro curatore della rubrica insieme a Gian Luca Farinelli, Andrea Meneghelli, responsabile dell’Archivio Pellicole della Cineteca di Bologna.
Protagonista di questo episodio il documentario breve Noi prevarremo (We Shall Overcome) di Romano Scavolini (1968), film dedicato alla lotta per i diritti civili.
Del regista sottolineiamo la forza dirompente e il tocco imprevedibile, già evidenti dai primi lavori, uno tra tutti il suo esordio A mosca cieca (1966 ), la storia di un uomo che trova casualmente una pistola e che si mette alla ricerca altrettanto casuale di una vittima. “L’imprevedibilità è uno dei tratti che meglio definiscono il cinema di Scavolini, uno dei cineasti più inclassificabili del nostro panorama: un cinema di contaminazioni, sperimentalismo anarchico, belle incursioni all’interno del cinema di genere”.
Del documentario che vi proponiamo evidenziamo invece la non convenzionalità formale, l’impegno politico, la sostanza storica. “Negro vuol dire uomo” è una delle frasi che chiude il documentario.
Come avranno notato i più giovani, il documentario ripropone a ripetizione il termine “negro”, rendendo la narrazione – agli orecchi contemporanei – a tratti incoerente rispetto al contenuto e fastidiosamente sospesa da una parola oggi inutilizzabile. Incoerenza solo apparente, in realtà, e derivata dal gap storico tra noi e il film: in linea con la lingua italiana dell’epoca, l’epiteto è infatti utilizzato qui in maniera neutra, didascalica, totalmente priva dell’accezione dispregiativa attuale. Vi invitiamo a questo proposito a leggere l’evoluzione del termine nella lingua italiana sul sito dell’Accademia della Crusca.
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Guarda l’introduzione e il film cliccando sull’immagine:
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