RITROVATI E RESTAURATI

A cura di Gian Luca Farinelli

È la sezione più antica del nostro festival, quella che un a un tempo rappresenta il lavoro di conservazione e restauro e il desiderio cinefilo di vedere o rivedere i film amati e di scoprirne di nuovi. Presentiamo quindi restauri recenti, ma anche copie preziose, rare, vintage che raramente escono dagli archivi. La selezione di quest’anno è esagerata, quasi un festival nel festival. Le opere selezionate tra mute e sonore, lunghe e corte, sono 122 e coprono un arco temporale che va dal 1905 al 2009, da Albert Samama Chickli ai primi film di Guadagnino, Lanthimos, Del Toro.
Il restauro dell’anno, per ambizione e dimensioni (sette ore, di cui mostriamo a Bologna la prima parte, di ‘sole’ tre ore e quaranta), è IL Napoléon, che anche prima di questa nuova edizione, grazie a Brownlow e Coppola, era già il più famoso, prestigioso, impossibile restauro di sempre. La Cinémathèque française ha lavorato quattordici anni, raccogliendo tutti gli elementi filmici e non filmici per restituire a Gance l’opera che aveva concepito, ovvero una prova delle possibilità del cinema a venire. Ci commuove oggi quanto il suo autore, costantemente proteso a sfidare il futuro, fosse immerso nella cultura del Diciannovesimo secolo, di cui il film è una sintesi prodigiosa.
Grazie alla Film Foundation portiamo a Bologna, sullo schermo di Piazza Maggiore, due capisaldi del cinema classico, mai visti così, nel loro formato originale Vistavision, in pellicola 70mm: The Searchers e North by Northwest. Sarà come entrare per la prima volta all’interno di monumenti che conosciamo intimamente. A proposito di monumenti, segnalo i nuovi restauri digitali di Shichinin no samurai, Amadeus, The Conversation, Paris, Texas, opere che hanno plasmato lo sguardo dei cinefili nel Novecento e si apprestano ad avere una nuova vita nelle sale del presente. Festeggiamo inoltre il centenario di Sony Columbia, che da trent’anni porta a Bologna opere che hanno segnato la storia del restauro cinematografico.
Nella selezione non troverete solo capolavori consacrati, ma anche film d’esordio. Come quello folgorante di Carlos Saura, che in Los golfos, un anno prima di Pasolini, raccontò la gioventù smarrita delle periferie, o quello del grande regista teatrale Peter Zadek, che in Ich bin ein Elefant, Madame ritrasse con geniale ironia il ‘68; o, ancora, quello dalla costumista e sceneggiatrice ungherese Ester Krumbachová, Vražda ing. čerta, così nuovo, bello, sorprendente che per la sua autrice sarà impossibile fare un secondo film. Stesso destino toccato al georgiano Kote Mikaberidze, che a causa della travolgente libertà che scorre nel suo Chemi bebia, non potè più tornare dietro la macchina da presa.
Impossibile citare tutte le opere. Mi limito a segnalare i corti muti, finalmente restaurati, della coppia maschile più amata della storia del cinema (Laurel&Hardy) e quattro film leggendari che, grazie all’archivio dell’Academy, potremo mostrare in copie Technicolor d’epoca.

Gian Luca Farinelli

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