Anima e mestiere: un ritratto di Henry King

Il mondo di Henry King può essere decisamente paragonato agli scantinati del Paradiso. I suoi film, spesso idilliaci, sono sovente ambientati in un angolo del Paradiso meno confortevole, che non riesce a raggiungere la perfezione e può perfino accogliere l’oscurità. Gli aspetti più bassi dei piani più alti affascinano King, ed è lì che si dipanano le vere storie. Il suo tratto distintivo è la delicata narrazione di vicende tipicamente americane in uno stile quasi cechoviano. Se la provincia americana viene scambiata per il Paradiso, lo sguardo di King è rivolto alla caduta di quel mondo idealizzato e a ciò che accade quando il sogno finisce. I sognatori a quel punto vanno alla deriva, e King rimane fedele agli attori che li incarnano. Tyrone Power, una sua scoperta, figura in undici film del regista; Gregory Peck in sei.
King è religioso, o almeno lo diventa quando si converte al Cattolicesimo durante le riprese di Romola (1924) in Italia. I suoi film mostrano però disprezzo per il moralismo ipocrita e per la religione istituzionalizzata, anche se molti dei suoi personaggi ricordano figure bibliche nel loro essere archetipici, determinati, fuori del comune. Il mondo spirituale e quello materiale coesistono e il rapporto dialettico che si instaura fra essi – che spesso si manifesta sotto forma di conflitto tra mente e cuore, o dovere e umanità – manterrà un ruolo centrale fino all’ultimo film, realizzato nel 1962.
King visse a lungo (morì a novantasei anni) e bene. Girò quasi centoventi film, il primo nel 1915. In alcuni di essi fu anche attore, tra il 1913 e il 1917. Divenne un regista celebre negli anni del muto e fondò una propria compagnia cinematografica, la Inspiration Pictures. Con l’avvento del sonoro rimase fedele alla Fox, per la quale girò la maggior parte dei suoi film, compresi molti titoli che figurano in questa retrospettiva. King attinse allo studio system e contribuì a standardizzarlo, definendo una nuova grammatica. Conservò sempre il controllo sul montaggio, garantendosi una perfetta corrispondenza tra l’esito finale e l’idea iniziale. (In un rapporto di collaborazione senza precedenti, Barbara McLean montò ventinove dei suoi film). Non a caso la fine della sua carriera coincise con il tramonto dello studio system.
Quest’omaggio a King è un omaggio al cinema in tutte le sue forme e declinazioni e al modo in cui la sfera collettiva e quella personale s’incontrano per dar vita a qualcosa che conserva le caratteristiche di entrambe. A fronte dei tanti film realizzati, alcuni dei quali di difficile reperibilità, vi invitiamo a vedere questa rassegna come una prima ricognizione di un mondo ricco e profondo. Come ebbe a dire King, “il regista riversa tutta la sua anima nella macchina da presa, e in quell’anima deve esserci un po’ di poesia per permettergli di esprimersi”. Speriamo che questi undici titoli possano svelare la poesia dell’anima di King ma anche il suo mestiere ricco di talento.

Ehsan Khoshbakht

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