TERESA VENERDÌ
Sog.: Gherardo Gherardi, Franco Riganti, dal romanzo Péntek Rézi (1937) di Rezsö Török. Scen.: Gherardo Gherardi, Vittorio De Sica, Margherita Maglione, Aldo De Benedetti. F.: Vincenzo Seratrice. M.: Mario Bonotti. Mus.: Renzo Rossellini. Scgf.: Mario Rappini. Int.: Adriana Benetti (Teresa Venerdì), Anna Magnani (Maddalena ‘Loletta’ Prima), Vittorio De Sica (dottor Pietro Vignali), Irasema Dilian (Lilli Passalacqua), Clara Auteri Pepe (Giuseppina), Zaira La Fratta (Alice), Olga Vittoria Gentili (Lola Passalacqua), Giuditta Rissone (l’istitutrice Anna). Prod.: Alleanza Cinematografica Italiana, Europa Film. DCP. D.: 92’. Bn.
Scheda Film
Vittorio De Sica, all’epoca il più noto attore di commedie in Italia, al terzo film dopo il successo di Maddalena… zero in condotta continua a forzare i limiti del genere come una specie di via d’uscita dal cinema di regime. Lo fa con la storia di un giovane scavezzacollo spedito a fare l’ispettore sanitario in un orfanotrofio femminile. Intorno a lui bambine che increspano la superficie della commedia dei telefoni bianchi, e una girandola di donne che compongono un campionario dei caratteri possibili nel cinema dell’epoca: la sognatrice Irasema Dilian, l’ingenua Adriana Benetti (ossia Teresa Venerdì) innamorata del dottore, l’istitutrice Giuditta Rissone. E ovviamente Anna Magnani nel ruolo dell’amante soubrette Maddalena alias Loletta, il suo primo ruolo notevole nel cinema. Non in termini di quantità (la si vede in scena pochi minuti), ma per la precisione con cui De Sica intuisce il suo talento comico ponendolo in un personaggio a metà tra pretese di eleganza e vena popolaresca, come più volte sarà nel dopoguerra (immortale la sua uscita di scena: “Fine lei, fine io… ci siamo capite benissimo”). È una prova generale della Magnani comica, che entra ed esce dal ruolo come se giocasse già con una star persona definita, alle prese con un personaggio che si mette in scena e recita, commentando ironicamente la propria interpretazione, fin dai primi irresistibili momenti in cui prova annoiata la canzone: “Qui nel cor, qui nel cor/ c’è un amor/ c’è un dolor”.
Emiliano Morreale