J’ACCUSE

Abel Gance

T.it.: Per la patria; Scen.: Abel Gance; F.: Marc Bujard, Léonce-Henri Burel, Maurice Forster; M.: Andrée Danis, Abel Gance; Scgf.: Henry Mahé; Ass. R.: Blaise Cendrars; Int.: Romuald Joubé (Jean Diaz), Séverin-Mars (François Laurin), Maryse Dauvray (Edith Laurin), Maxime Desjardins (Maria Lazare), Mme Mancini (la madre di Jean), Angèle Guys (Angele), Elizabeth Nizan, Pierre Danis; Prod.: Pathé 35mm. L.: 2989 m. D.: 131’ a 20 f/s. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

 

Ciò che colpisce nei film di Abel Gance è l’abbondanza: un’abbondanza di nuove ricchezze, povertà banali, cattivo gusto. Adoro questo magnifico disordine ordinato, e ammiro Abel Gance quando si libera e si abbandona totalmente, torcia proiettata che brucia, fiamma che distrugge ma anche illumina, e lontano. Ogni volta che ha tentato di disciplinarsi, che si è posto dei limiti, che ha ascoltato la voce della saggezza, Gance si è impoverito. La seconda versione di J’accuse è perentoria. Rivisto e corretto, il film viene privato di quell’impeto caloroso derivante dalla sua esuberanza, dalla sua magniloquenza visiva, che ci attiravano e appassionavano anche nella rivolta e nella nostra reazione contro di esse. Gance va accettato o rifiutato in blocco.

Non mi seduce mai tanto come nel caso in cui riesce a smuovere il suo dramma e a creare l’emozione, senza separare l’oro dalla ganga, agendo come se gli si strappasse il cuore dal petto o come se gettasse la propria testa nel mezzo di una folla. L’ingenuità, qui, ha il suo prezzo.

Léon Moussinac, Naissance du cinéma, Editions d’aujourd’hui, 1983

Copia proveniente da

con il permesso di Nelly Kaplan